Che cosa significa Pasqua per me. Due preti offrono la loro testimonianza

Pasqua è un mistero enorme, vastissimo.
Il cristiano cerca di partire da lì per dare senso a tutto il resto.
Anche per questo lo si può considerare da molti, diversissimi punti di vista.
Abbiamo chiesto a due che, nei prossimi giorni, dovranno parlarne per esigenze, diciamo così, professionali, perché chiamati ad essere animatori delle celebrazioni pasquali.
Sono due preti, diversi per età e esperienza e che vivono in due comunità molto diverse fra di loro.
Notevole in tutte e due le diverse testimonianze,
l’uguale preoccupazione di sentirsi “dentro” la propria comunità cristiana.
Sono don Alberto Varinelli, curato di Telgate e Grumello del Monte
e don Eliseo Pasinetti, parroco di sant’Anna in città.

Don Alberto Varinelli: Riscoprire la fiducia

È Pasqua. A Grumello del Monte, a Telgate, in queste comunità che sono la mia famiglia, è Pasqua. Cosa significa questo per la mia gente, per i miei ragazzi? In questo tempo, assocerei l’evento pasquale ai miei fedeli con il termine “fiducia”. Colgo la necessità, per la mia gente, di riscoprire la bellezza di questo sentimento fondativo del legame sociale e mi sembra di scorgere il desiderio, fortissimo, di trovarne in Dio la fonte. La frammentarietà che abita il vivere quotidiano delle mamme, dei papà, degli adolescenti, dei bambini con cui condivido questo pezzo di strada mi restituisce l’urgenza di confermare, o ritrovare, la fiducia nell’altro. Emerge forte il grido, talvolta silenzioso, di chi fatica a vedere l’altro, il collega, il vicino, l’insegnante dei figli, il profugo come un Altro che interessa la mia esistenza, perché nel mio essere per lui ne va di me. La gente mi regala il suo sentirsi come i discepoli di Emmaus del giorno d’oggi: combattuta tra uno “speravamo fosse lui..” e una percezione del cuore di essere alla presenza del suo Signore. Di questo dico grazie: la fede delle mie comunità edifica la mia, perché mi riporta all’origine, a quel giorno in cui quel sepolcro è rimasto vuoto e a chi cercava il Signore morto è stato detto: “non è qui, è Risorto”. Quel giorno, sono rinate speranza e fiducia.

Don Eliseo Pasinelli: “Il cuore della Pasqua per l’uomo di oggi, per i tuoi fedeli di oggi”

“Natale con i tuoi, Pasqua con chi vuoi”. Questo antico proverbio mostra la nostra mentalità di vecchio stampo, già non convinta che la Pasqua sia più importante del Natale. Non si tratta di fare concorrenza, ma di vedere che Mistero è più importante. Se Gesù non fosse nato, non sarebbe neanche morto e risorto, dirà qualcuno. Ma solo nella morte-risurrezione Gesù ci ha donato la misura “giusta” di quell’amore che sulla croce “si è compiuto, completato”. Solo lì Gesù ha detto che non si può amare di più.

Il guaio è che oggi siamo distratti – per primi noi preti (io) – dai tanti “balocchi” che brillano e attirano la nostra attenzione e il nostro tempo. Se lo siamo noi preti, immaginiamo i nostri fratelli fedeli laici. Se poi pensiamo ai laici non fedeli ci accorgiamo che la distanza forse si allunga.

Come parroco di S. Anna riconosco che i sacerdoti del passato hanno gettato basi solide di vita cristiana impegnata. Molte le iniziative e i gruppi, ma soprattutto molti i gruppi di famiglie che hanno camminato insieme: gruppi parrocchiali, gruppi di Equipe Notre Dame, ora anche si è avviato un gruppo di Comunità Familiari Evangelizzatrici.

Questi uomini e donne che hanno fatto un percorso spirituale più profondo sono ora un po’ perni della pastorale e dell’animazione, dando esempio di buona vita cristiana.

Gli ostacoli sono molti, ma non penso che vincano contro la Parola, la Preghiera, l’Amore vissuto concretamente. Purtroppo oggi sembra che tutto vada a rotoli. Ma si sa che nel torbido si pesca meglio, e questo il maligno ce lo insegna. Si tratta di credere e di scegliere.