Il difficile incontro con il Risorto. Qualcuno deve vederlo e bisogna fare un tratta a nuoto per raggiungerlo

Foto: veduta del lago di Tiberiade

In quel tempo, Gesù si manifestò di nuovo ai discepoli sul mare di Tiberìade. E si manifestò così: si trovavano insieme Simon Pietro, Tommaso detto Dìdimo, Natanaèle di Cana di Galilea, i figli di Zebedèo e altri due discepoli. Disse loro Simon Pietro: «Io vado a pescare». Gli dissero: «Veniamo anche noi con te». Allora uscirono e salirono sulla barca; ma quella notte non presero nulla (Vedi Vangelo di Giovanni 21, 1-19)

È un’altra apparizione di Gesù risorto, l’ultima nel vangelo di Giovanni. Il lungo brano ha però uno schema narrativo abbastanza semplice.

IL LABORIOSO, GIOIOSO INCONTRO CON IL RISORTO

Prima parte. Il lavoro di notte. I discepoli ritornano al lavoro. Forse è lo smarrimento dopo la morte di Gesù. È come se egli, il Signore, fosse uscito dalla loro vita. E la vita diventa più vuota: non prendono nulla. Anche il lavoro non va bene. E il lavoro è di notte, tempo del vuoto e dell’assenza, nel vangelo di Giovanni.

Seconda parte. Il mattino: presenza di Gesù e pesca abbondante. La notte passa, arriva il mattino e arriva il sole. Quale sole? Quello che si alza all’orizzonte ma anche quest’altro sole, Gesù. È un sole che dà una luce nuova a tutta la vita dei discepoli. Questi, però, in un primo momento, non lo riconoscono, come la Maddalena, come i due di Emmaus. Anche questa volta, l’incontro di Gesù inizia con la richiesta di qualche cosa da parte di Gesù stesso. Così era avvenuto con l’acqua alla Samaritana (Gv 4, 7), o il pane a Filippo (Gv 6, 5). Ma i discepoli non hanno nulla perché, appunto, tutta la notte è passata inutilmente. È allora che Gesù ordina di gettare la rete ed è la pesca miracolosa. Il segno che la vita sta prendendo una svolta assolutamente nuova è il lavoro che “funziona” bene.

Terza parte. Riconoscimento di Gesù, incontro e pasto. A questo punto il discepolo prediletto, che ha gli occhi giusti per vedere, riconosce il Signore. All’acutezza del discepolo prediletto fa seguito l’entusiasmo di Pietro che si butta a nuoto e corre verso la riva. L’incontro sbocca nella fraternità del pasto con il Risorto.

Quarta parte: la sequela di Pietro e la missione di pastore. Alla fine del pasto, e “dentro” la fraternità ritrovata dei discepoli, Pietro affronta l’”esame”. Tre volte ha rinnegato il Signore, tre volte il Risorto gli chiede se lo ama. Pietro capisce e diventa triste, ma risponde di sì: il Signore sa tutto, il Signore sa che egli, Pietro, lo ama. Gesù allora gli ripete il comando di sempre: “Seguimi”.

L’ARTE DI ELABORARE IL LUTTO

La fede nel Signore nasce dalle difficoltà della vita (quella notte non presero nulla), perfino dalla difficoltà di riconoscere il Signore nella nostra vita (non si erano accorti che era Gesù). Succede spesso, invece, che chi ha un’idea di Dio come il grande padrone del mondo si scandalizzi che il mondo non funzioni bene, che ci sia gente che soffre e disgrazie che non si spiegano. Il cristiano dovrebbe essere un maestro di quell’arte difficile che consiste nell’”elaborare il lutto”. È quello che cercano di fare i discepoli, all’inizio, quando vanno a pescare.

Una volta “elaborato il lutto”, si arriva a Gesù perché un discepolo lo vede e offre agli altri l’aiuto della sua acutezza e perché si è disposti a fare “un tratto a nuoto”, a spendersi per trovare il Signore, come fa Pietro. In fondo, la fede è sempre frutto di una certa fraternità, grazie alla quale le piccole ricchezze di ognuno diventano le grandi ricchezze di tutti.

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