Dostoevskij una volta scrisse “Le piccole cose hanno la loro importanza: è sempre per le piccole cose che ci si perde”. Come dargli torto… Sono proprio i piccoli gesti che rimangono impressi nella memoria, ci cambiano, ci fanno maturare e ci fanno innamorare. Nell’immensità di un incontro da due milioni di persone o forse più, oltre ai momenti comuni che attirano folle oceaniche, ci sono anche dei momenti intimi ed esclusivamente nostri che nessuna televisione e nessun giornale potranno mai raccontare. Un abbraccio durante un momento di stanchezza, gli immancabili imprevisti, le persone incontrate sul tram, i cori intonati con i giovani di tutto il mondo, l’attesa sotto la pioggia per poter salutare il Papa: sono tutti istanti di cui non ci dimenticheremo mai e ne parleremo sorridendo in futuro. Uno degli attimi che più mi sta a cuore della GMG è sicuramente l’incontro con i giovani delle altre nazioni. Quando ci si incontra è sempre una festa e si segue quasi un rituale. Prima di tutto ci si saluta, solitamente con un “Hola” che per ora si aggiudica il titolo di saluto più internazionale, dopo di che arriva il momento della fatidica domanda “Where are you from?”. Da lì iniziano discorsi senza una lingua materna, ma con un linguaggio particolare che va dai gesti a un misto delle lingue dei giovani interessati. Molto probabilmente se qualcuno passasse e ci sentisse, non capirebbe nulla e potrebbero anche prenderci per pazzi eppure noi giovani ci capiamo. In un modo o nell’altro si trova sempre il metodo per poter comunicare. In questi pochi minuti di dialogo non ci si può sicuramente dir molto, però ci si ricorda sempre di tutti, dal ragazzo del Pakistan che ti regala un portachiavi tipico pakistano alla suora di Treviso che balla con i giovani durante la festa degli italiani. Spesso, prima di salutarci, ci diciamo una parola “Change”: questa affermazione a molti non dirà nulla, ma a un qualunque giovane della GMG aprirà un mare di ricordi. In quell’istante l’altro ti sta dando la possibilità di lasciare un segno che porterà sempre con lui e questa traccia la si può lasciare scambiando un braccialetto, una collana, un cappello, una bandana, una sciarpa, una spilla o una bandiera. Non importa cosa si scambia, ogni volta che in futuro andremo ad aprire la nostra scatola dei ricordi guardando quel semplice oggetto riaffioreranno momenti di un’intensità e di una bellezza che appartengono solo a noi e all’altro giovane proveniente da chissà quali angoli della Terra. Può sembrare un momento banale, ma non lo è per noi giovani che ci sentiamo un po’ più cittadini del mondo con il capello del Portogallo, il braccialetto dell’Argentina, la spilla della Korea, la banda degli USA, la bandiera del Costa Rica e arriviamo da Bergamo. È sempre per le piccole cose che ci si perde, sono sempre le piccole cose a farci sentire fratelli, a dimostrare il vero amore.