Osiamo dire. La preghiera i nostri rapporti con Dio

PROBLEMI LITURGICI DEL PARROCO DI BELSITO

Ogni tanto con l’amico parroco di Belsito ci troviamo per stare un po’ allegri insieme, ma poi quasi sempre finiamo anche per fare conversazioni serie.
Giorni fa mi ha presentato un problema di liturgia, che, a prima vista, è un problemino piccolo piccolo, ma poi, se ci si pensa, ci sta sotto qualcosa di teologicamente e spiritualmente importante.
Gli faceva problema il fatto che in una delle introduzioni alla recita del Padre nostro nella Messa il celebrante dica: “Obbedienti alla parola del Salvatore e formati al suo divino insegnamento, osiamo dire: Padre nostro…”. Quell'”Osiamo dire” gli pareva del tutto fuori luogo e perfino in contraddizione con la Parola di Dio. Nientemeno!
“Senti – mi dice – quello che scrive S.Paolo ai Galati e vedrai se non ho ragione”. E mi ha letto tutto il brano Gal 4,4-7.5,1: “Quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna, nato sotto la legge, per riscattare coloro che erano sotto la legge, perché ricevessimo l’adozione a figli. E che voi siete figli ne è prova il fatto che Dio ha mandato nei nostri cuori lo Spirito del suo Figlio che grida: Abbà, Padre! Quindi non sei più schiavo, ma figlio; e se figlio, sei anche erede per volontà di Dio“.
“Ti rendi conto? Lo Spirito Santo ci rende figli di Dio al punto che possiamo rivolgerci a lui chiamandolo nel modo più confidenziale di Abbà, che, come si sa, equivale al nostro Papi, e noi nella liturgia usciamo in un ‘Osiamo dire’? Ma siamo fuori nel modo più assoluto. Non sei d’accordo?”.

NON HA TUTTI I TORTI, MA NON SONO D’ACCORDO CON LUI

A dire il vero, per il passato anch’io ho avuto la stessa perplessità del mio amico. Poi l’ho superata e sono arrivato perfino a trovare oltremodo bello quel'”Osiamo dire”.
S. Giovanni, pieno di ammirazione e di stupore scrive: “Quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente!… Carissimi, noi fin d’ora siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato. Sappiamo però che quando egli si sarà manifestato, noi saremo simili a lui, perché lo vedremo così come egli è“. Questo dell’essere resi figli di Dio è innegabilmente un dono che lascia senza fiato per l’emozione, se si pensa che nessun uomo per le sue colpe potrebbe stare un solo momento davanti a Dio senza andare a nascondersi. Noi non siamo più schiavi, ma figli, e figli amatissimi, che possono permettersi (osare) di rivolgersi a Dio chiamandolo papi come fanno i bambini con il loro papà. Ma non ancora tutto, perché “Se siamo figli, siamo anche eredi: eredi di Dio, coeredi di Cristo” Ed è talmente grande questa eredità che, secondo S. Paolo, “le sofferenze del momento presente non sono paragonabili alla gloria futura che dovrà essere rivelata in noi“. (Rm 8,17s).

UN INCONTRO CON PAPA FRANCESCO

All’amico di Belsito, per fargli capire quell’ Osiamo, ho raccontato quello che ho provato un giorno in Santa Marta dopo aver concelebrato con il Papa insieme ad un gruppo di Vescovi e di sacerdoti.
All’uscita il Papa ha salutato i presenti uno per uno. Quando gli sono arrivato davanti, l’emozione era già forte, ma, quando lui ha preso le mie mani e le ha tenute strette tra le sue, ho osato dirgli tremando, ma di gioia: “Santità, se devo dare ascolto ai miei parenti ed amici che sapevano di questo nostro incontro, io dovrei coprirla di baci e di abbracci. Mi permetta di dargliene anche solo uno” e gliene ho dati due e lui me li ha ricambiati ridendo e poi mi ha salutato dicendomi: “Voi però pregate per me”.
Nell’Osiamo dire della liturgia c’è tutta la gioia e la trepidazione di chi si trova incredibilmente ammesso non dico nella familiarità del Papa, ma nientemeno che nell’intimità del Creatore del cielo e della terra.