Costa d’Avorio: “Lungo le strade polverose di Bondoukou cammino accanto ai più poveri”

Ambra Terzi, una dei giovani bergamaschi che hanno seguito il percorso di formazione per le esperienze di missione del Cmd, racconta la sua esperienza in Costa d’Avorio.

Queste letture mi rendono capace di aprirmi nei momenti di silenzio. Un silenzio necessario che mi permette di pormi tante domande, di sognare e di meditare sulla mia vita e sulla vita delle persone che incontro qui in Costa d’Avorio.

Davanti al silenzio mi sento innocente e impotente nello stesso tempo. Nel silenzio penso e non posso far altro che guardare, guardare e rimanere in silenzio perché non trovo le parole per dire qualche cosa. Di fronte ad alcune persone il silenzio è necessario ed è l’unica cosa che si possa fare. Sabato scorso sono andata a Boundokou la villa, qui la chiamano, perché effettivamente rispetto a Tanda è molto grande, di fatto Bondoukou è provincia. Per raggiungere la villa ho preso un dina (un mezzo pubblico dal costo di 1’000 fr, una sorta di pulmino che porta circa 20 persone) insieme al mio compagno di viaggio George. Fiera di prendere un mezzo pubblico di qua, mi sono seduta su uno degli ultimi posti e dal finestrino ammiravo tutto il verde che circonda questa terra. Nel frattempo le persone salivano e scendevano a tempo record, mentre ancora si era in viaggio l’addetto all’apertura delle porte apriva lo sportello per far scendere le persone e insieme alle persone i bagagli e i grandi pacchi che viaggiavano insieme a loro. Non so se era per la paura o perché qua è un rituale che mi ha spiegato il Giando probabilmente nel mio primo viaggio in route dalla capitale Abidjan a Tanda, quando si parte per un viaggio si prega affinché si arrivi alla meta sani e salvi. Sono molti gli incidenti e sono molte le persone che ci lasciano la pelle sulla strada. La velocità poi del conducente ha aumentato il bisogno di estrarre dalla mia sacca il libro di preghiere (prie africane) e con il mio francese imperfetto in silenzio ho iniziato a leggere. Devo dire che seppur ho fatto progressi eccezionali nella lingua, per comprendere bene devo leggere due volte, la prima lettura serve per orientarmi nel testo e la seconda per meditare e collocarmi all’interno della situazione. È strano dirlo ma credo di aver imparato il francese proprio dalle preghiere. Arriviamo a Bondoukou, il motivo del nostro viaggio era di fatto per partecipare ad una riunione scout, questo era il motivo di George essendo lui capo regionale della braca dei lupetti, non che non mi interessasse partecipare alla riunione, ma principalmente il mio accompagnamento era per visitare, guardare e vivere anche solo una giornate con altri poveri che non conosco, in nuovi posti, per poter viverli insieme a queste persone. Non vorrei passare per la turista di turno, ma l’idea di stare in mezzo alle persone, di camminare insieme a loro mi rende felice. In questi giorni leggo un libro che mi ha donato il Giando proprio dopo il mio ritorno sabato sera. Il libro s’intitola” Korokocho, alla scuola dei poveri”, qui Alex Zanotelli nel capitoletto intitolato “Uscire dal bozzolo” dice: “Sentivo il bisogno di fare un’esperienza di immersione in una situazione che mi riportasse alla realtà e mi facesse vivere come vivono i poveri”. Qui io di poveri ne vedo molti, non ho mai visto una città così sporca come Bondoukou, e in mezzo a questa sporcizia e in mezzo alle strade vedo i volti dei poveri. Abbiamo camminato molto in mezzo a queste strade, e io con il mio secondo sguardo ho cercato di intrappolare alcuni momenti di vita quotidiana di queste persone. Nella giornata poi ho avuto un’incontro che mi ha fatto riflettere molto e che non posso dimenticare. Una ragazza di 16 anni seduta su un marciapiede nascondeva le lacrime e metà volto sotto un leggero velo, singhiozzava, era inevitabile concepire il dolore che provava, io e George le poniamo delle domande per capire cosa le sia successo, lei inizia a raccontare la sua storia, non ha né madre né padre (qui i ragazzi vivono così, vivono spesso affidati a dei tutori che per motivi scolastici li ospitano nella città della scuola, anche a Tanda ci sono molti ragazzi che fondamentalmente provengono dai villaggi, è per questo motivo che durante il congedo scolastico non si vedono ragazzi in giro, tutti ritornano nel proprio villaggio), a quanto ho capito la madre deve essere morta da pochi anni e il padre non si sa, vive con lo zio che giusto quella mattina ha deciso di lanciarle una mattonella di pietra in testa solo per aver bevuto dell’acqua dal frigor. Assurdo. Resto in silenzio mentre racconta e piange per il dolore che prova, George le chiede di levare il velo, i segni sono visibili agli occhi e io mentre la guardo in quegli occhi bagnati mi chiedo solo, perché, perché qui accadono queste cose e da noi sono inconcepibili, perché qui che pregano più di noi conducono una vita di questo tipo. Rimane tutto un dubbio e come al solito risposte non ci sono. Seppur io non ho fatto altro che ascoltarla e prima di andarmene le ho dato una bottiglia d’acqua che avevo, mi saluta con un merci tanti. Ed ancora una volta ognuno parte per la sua strada ma di fatto dopo giorni quel volto e quelle lacrime non se ne sono andate seppur in quel silenzio non le ho nemmeno chiesto il suo nome. Proseguiamo il nostro cammino tra la sporcizia di Bondoukou e ritorniamo a prendere il nostro dina, per ritornare a Tanda. Il viaggio di ritorno probabilmente anche per il sole che picchiava forte sulla strada e per le innumerevoli fermate che abbiamo fatto mi è sembrato infinito. Il nostro mezzo di trasporto, come tutti i trasporti di qua aveva problemi, e di fatto ha rallentato la nostra corsa. Nel volto delle persone sedute sul sedile di fronte a me ho letto una sorta di rassegnazione, loro sono nati qui e sono abituati a questi ritmi lenti o come dicono loro a questi ritmi africani, per me tutto questo invece è una novità e seppur questo ritmo lento delle volte mi assale inaspettato, come avevo scritto in una e.mail al Giando prima di partire: “dopo tutto sarò io ad adeguarmi e a farmi plasmare un po’ dall’Africa e dalle sue tempistiche”.