Papa Francesco: «La speranza apre nuovi orizzonti, rende capaci di sognare ciò che non è immaginabile»

«La speranza apre nuovi orizzonti, rende capaci di sognare ciò che non è neppure immaginabile». Lo assicura Papa Francesco nella catechesi dell’udienza generale di oggi, la quarta sul tema della speranza, tenuta in un’Aula Paolo VI gremita di fedeli, dopo avere percorso il corridoio centrale e salutato i presenti, prendendo in braccio, benedicendo e baciando diversi bambini, ricevendo regali e non sottraendosi allo scambio dello zucchetto. Tra i fedeli anche artisti e operatori del Golden Circus di Liana Orfei. Nella sua meditazione incentrata su Abramo, padre nella fede e nella speranza, Francesco lo descrive, parlando a braccio, come un uomo «saldo nella speranza contro ogni speranza. È duro questo, è forte, è non c’è speranza ma io spero in Dio». San Paolo, prosegue il Papa, «si sta riferendo alla fede con cui Abramo credette alla parola di Dio che gli prometteva un figlio. Ma era davvero un fidarsi sperando ‘contro ogni speranza’, tanto era inverosimile quello che il Signore gli stava annunciando, perché egli era anziano e sua moglie era sterile». Ancora a braccio il Papa aggiunge: «Non c’era uscita ma lo ha detto Dio e lui credette, non c’era speranza perché era anziano e la moglie sterile, ma lui credette». Confidando in questa promessa, «Abramo crede, la sua fede si apre a una speranza in apparenza irragionevole; essa è la capacità di andare al di là dei ragionamenti umani, della saggezza e della prudenza del mondo, al di là di ciò che è normalmente ritenuto buonsenso, per credere nell’impossibile» perché la speranza «fa entrare nel buio di un futuro incerto per camminare nella luce».
«È bella la virtù della speranza e ci dà tanta forza nel cammino della vita», ha detto a braccio Papa Francesco nella catechesi dell’udienza generale odierna in Aula Paolo VI. «Ma – ha ammonito – è un cammino difficile. E viene il momento, anche per Abramo, della crisi di sconforto. Si è fidato, ha lasciato la sua casa, la sua terra, i suoi amici, tutto, è partito, è arrivato nel paese che Dio gli aveva indicato», e, ancora fuori testo, «i viaggi non erano come oggi con gli aerei». «Il tempo – fa notare il Papa – è passato ma il figlio non viene, il grembo di Sara rimane chiuso nella sua sterilità». E Abramo, osserva a braccio, «non dico che perda la pazienza ma si lamenta con il Signore e questo impariamo dal nostro padre Abramo, lamentarsi con il Signore è un modo di pregare. Lamentati con il Signore, questo è buono». Abramo, insomma, crede nel Signore anche se nel suo cuore «c’è il buio della delusione, dello scoraggiamento, della difficoltà nel continuare a sperare in qualcosa di impossibile. Ormai il patriarca è troppo avanti negli anni, sembra non ci sia più tempo per un figlio, e sarà un servo a subentrare ereditando tutto». Abramo «si sente solo, è vecchio e stanco, la morte incombe. Come continuare a fidarsi?». Eppure, assicura Francesco, «già questo suo lamentarsi è una forma di fede. È una preghiera. Nonostante tutto, Abramo continua a credere in Dio e a sperare che qualcosa ancora potrebbe accadere».

«La fede non è solo silenzio che tutto accetta senza replicare, la speranza non è certezza che ti mette al sicuro dal dubbio e dalla perplessità», afferma Papa Francesco nella catechesi dell’udienza generale di oggi. E aggiunge fuori testo: «Tante volte la speranza è buio, ma è lì che ti porta avanti. Fede è anche lottare con Dio, mostrargli la nostra amarezza, senza ‘pie’ finzioni. Mi sono arrabbiato con Dio e gli ho detto questo, questo e questo. Ma lui è Dio, va’ in pace». «Avere questo coraggio, e questo è la speranza», spiega Francesco, e «speranza è anche non avere paura di vedere la realtà per quello che è e accettarne le contraddizioni». Abramo dunque, nella fede, «si rivolge a Dio perché lo aiuti a continuare a sperare». «Curioso – il commento del Papa fuori testo -: non chiese un figlio, chiese: aiutami a continuare a sperare, la preghiera di avere speranza». E il Signore «risponde insistendo con la sua inverosimile promessa: non sarà un servo l’erede, ma proprio un figlio, nato da Abramo, generato da lui. Niente è cambiato, da parte di Dio. Egli continua a ribadire quello che già aveva detto, e non offre appigli ad Abramo, per sentirsi rassicurato. La sua unica sicurezza è fidarsi della parola del Signore e continuare a sperare».

Il segno che Dio dona ad Abramo «è una richiesta di continuare a credere e a sperare: ‘Guarda in cielo e conta le stelle […] Tale sarà la tua discendenza’. È ancora una promessa, è ancora qualcosa da aspettare per il futuro», spiega il Papa nella catechesi dell’udienza generale di oggi, la quarta sul tema della speranza. Il modello, padre della speranza, è Abramo. Dio lo porta fuori «dalla tenda, in realtà dalle sue visioni ristrette, e gli mostra le stelle. Per credere – spiega Francesco – , è necessario saper vedere con gli occhi della fede; sono solo stelle, che tutti possono vedere, ma per Abramo devono diventare il segno della fedeltà di Dio». «È questa la fede, questo il cammino della speranza che ognuno di noi deve percorrere. Se anche a noi rimane come unica possibilità quella di guardare le stelle, allora è tempo di fidarci di Dio. Non c’è cosa più bella». «La speranza – conclude il Papa a braccio – non delude».