Diciotto parroci “devono” dimettersi. Una piccola rivoluzione per la Diocesi e per le parrocchie

Foto: mons. Francesco Beschi, vescovo di Bergamo

C’è una novità per quanto riguarda i parroci della diocesi di Bergamo. Riguarda le dimissioni, la rinuncia alla parrocchia. Finora l’obbligo o la prassi consolidata delle dimissioni era quella dei raggiunti limiti di età: quando il parroco raggiunge i 75 anni, è invitato a presentare le dimissioni. Dunque, per il 2017, dovrebbe dimettersi chi è nato nel 1942. Ma di parroci nati nel 1942 e ancora in attività c’è solo don Vittorio Ginami, parroco di Calepio. Altri sette preti sono nati nel 1942 ma non sono titolari di una parrocchia.

Nel 2017, però arriva al dunque un’altra novità che provocherà – o potrebbe provocare – un piccolo terremoto. È la conseguenza di quanto è stato stabilito nel sinodo, conclusosi nel 2007. Era il 37° della serie. Il sinodo è un piccolo “concilio” di una Chiesa locale, di una diocesi, che viene convocato per affrontare problemi dottrinali, pastorali e per emanare, eventualmente, delle leggi. È quello che è successo anche in quel sinodo e ciò che è successo riguarda anche la durata in carica dei parroci.

La legge della Chiesa e le disposizioni dei Vescovi italiani

Per capire dobbiamo fare qualche passo indietro. Il tema della durata in carico di un parroco viene delineato nel Codice di diritto canonico, che è la raccolta di leggi valida per tutta la Chiesa d’Occidente, quella di rito “latino” (altre Chiese, quelle di Oriente unite al Papa, in particolare, hanno un loro codice speciale). Il Codice di diritto canonico, dunque, al canone 522, afferma: “È opportuno che il parroco goda di stabilità, perciò venga nominato a tempo indeterminato; il Vescovo diocesano può nominarlo a tempo determinato solamente se ciò fu ammesso per decreto dalla conferenza dei Vescovi”.

Dunque il Codice di diritto canonico non fissa un limite di tempo. Dice che può essere fissato dalla conferenza dei Vescovi, cioè dalla assemblea dei vescovi di un paese particolare, nel nostro caso, la CEI, o Conferenza Episcopale Italiana. La quale ha deciso con due diverse “delibere”. Una, esattamente la numero 5 del 23 dicembre 1983, afferma semplicemente: “I Vescovi hanno la facoltà di nominare i parroci ‘ad certum tempus’”. L’altra, la n. 17 del 6 settembre 1984, stabilisce che: “Le nomine dei parroci ad certum tempus hanno la durata di nove anni”.

In sintesi: il codice dice che una conferenza episcopale può limitare il tempo in carica di un parroco. La CEI prima permette che un vescovo limiti la durata in carica di un parroco, poi stabilisce che tale durata deve essere di nove anni.

Il sinodo della diocesi di Bergamo

Il sinodo della diocesi di Bergamo del 2007, è partito dalle disposizioni CEI e ha preso, a sua volta, una decisione, fissata nel n. 73 dei documenti ufficiali. Il quale numero 73 dice alla lettera: “La nomina dei parroci nella diocesi di Bergamo avvenga di norma per un tempo determinato di nove anni, trascorsi i quali ci si atterrà alle indicazioni dell’Ordinario”.

Dunque si stabilisce che i parroci durano in carica nove anni, dopo i quali il vescovo decide e, ovviamente, può decidere di confermare, di confermare per un tempo indeterminato o determinato, a seconda delle situazioni. Pare di capire dunque che la norma sono le dimissioni, con possibilità di eccezioni. Se non fosse così infatti non avrebbe senso la norma.

Ora, come detto, il sinodo finisce nel 2007. Le “ordinanze” vengono pubblicate il 30 settembre e, a partire da quella data, diventano operative.

Chi sono i parroci in scadenza

Tra la fine di settembre e la fine di dicembre del 2007 viene nominato un parroco che, nel frattempo, ha già cambiato parrocchia. Quindi i parroci che, nel 2017 dovrebbero rinunciare alla loro parrocchia sono quelli nominati nel 2008. Quanti sono e chi sono questi parroci “in scadenza”? Sono diciotto.

Sono esattamente: don Mauro Arizzi, parroco di Stezzano e vicario del vicariato di Dalmine-Stezzano; don Elio Artifoni, parroco di Prezzate; don Mauro Bassanelli, parroco di Fino del Monte e vicario del vicariato di Clusone-Ponte Nossa; don Augusto Benigni, parroco di Oltre il colle, Zambla e Zorzone e  vicario del vicariato di Selvino-Serina; don Federico Gallizioli, parroco di Orezzo; don Massimo Maffioletti, parroco di Longuelo, città; don Danilo Mazzola, parroco di Zandobbio; don Roberto Mocchi, parroco di Vigolo e Parzanica; don Mario Moré, parroco di Botta di Sedrina; don Giuseppe Navoni, parroco di Palazzago e vicario locale di del vicariato di Mapello-Ponte s. Pietro; don Santo Nicoli, parroco di Nembro e e vicario del vicariato di Nembro-Albino; don Luigi Paris, parroco di Ponte s. Pietro; don Cristiano Pedrini, parroco di Brembo di Dalmine; don Angelo Riva, parroco di Carenno e Lorentino e delegato diocesano per il rito ambrosiano; don Paolo Rossi, parroco di Martinengo e vicario locale del vicariato di Ghisalba; don Guido Rottigni, parroco di s. Lorenzo di Rovetta; don Sergio Scotti, parroco di Ponteranica e, dal 2009, di Rosciano; don Giuseppe Turani, parroco di Monte Marenzo.

Le possibili conseguenze

Una bella pattuglia, come si vede. Alcune parrocchie interessate sono rilevanti per numero di abitanti. Stezzano ha oltre 13.000 abitanti; Martinengo e Nembro hanno circa 10.000 abitanti. Tra i diciotto parroci interessati ci sono cinque “vicari locali”. Una piccola rivoluzione, dunque, soprattutto se si assommano ai 18 che “devono” dimettersi, gli altri che vogliono dimettersi, per i più vari motivi. La diocesi si trova quindi ad affrontare una mobilità del “personale ecclesiastico”, in buona parte inedita. La fisionomia delle parrocchie cambia, anche perché cambia il rapporto con i preti che la devono governare. Il come resta da scoprire. Come resta da scoprire che cosa questo comporterà, nel medio e nel lungo termine.

  1. Se i parroci devono rimane 9 anni perché domani Luca Casali deve lasciare Sala? Tutti i preti che ci sono in curia a cosa servono?Decisione molto grave nei confronti dei parrocchiani di Sala.Ci sentiamo presi in giro.

    1. Gentile Angelo, comprendiamo il suo dispiacere: è sempre doloroso dover salutare una persona che ha avuto un ruolo prezioso nella comunità. Tuttavia non è detto che parroci restino in una sede per 9 anni, diciamo che è stato di recente individuato come termine “massimo” (ma non sempre tassativo) per garantire un’alternanza (rispetto al passato quando magari qualcuno restava nello stesso posto per tutta la vita). Gli spostamenti dei sacerdoti sono sempre a discrezione del vescovo.

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *