Preti che cambiano parrocchia, preti ordinati. Chiara, monaca, ha qualcosa da dire loro

Hai visto, sull’Eco di Bergamo di domenica scorsa, la “sfornata” di nuovi parroci? Tra qualche giorno ci sarà l’ordinazione di sette nuovi preti. Tu, monaca, quali messaggi – quelli che ti stanno più a cuore – vorresti mandare a questi confratelli chiamati a mettersi al servizio del popolo di Dio? Luciana.=

Cara Luciana anch’io ho letto con interesse e meraviglia le  nomine dei parroci:  tutta la fraternità li sta accompagnando e sostenendo con la preghiera e con l’offerta in questo nuovo passaggio.  Innanzitutto ringrazio il Signore per la presenza ancora numerosa di sacerdoti, dei diaconi,  a servizio della chiesa e del Regno di Dio. È cosa per nulla ovvia visto la penuria  vocazionale che coinvolge altre diocesi. Grazie a loro il Vangelo continua ad essere annunciato e tutti possano incontrare il volto misericordioso del nostro Dio.

Splendidamente preti e splendidamente uomini

Essere preti oggi non è facile: è dono e sfida grande, che interpella e chiede una seria riflessione. Mi piace pensare che, dentro la complessità del nostro tempo caratterizzato da un cambio di epoca, essi debbano essere uomini appassionati del Vangelo, innamorati di Cristo e umili servitori della sua Chiesa. Abbiamo bisogno di sacerdoti così, splendidamente uomini per essere splendidamente preti! Uomini stabili interiormente perché radicati nell’essenziale, il Cristo sacerdote, segnati  nella loro carne da un fuoco che li brucia e li spinge verso ogni periferia esistenziale  per portare l’annuncio evangelico.

La nostra umanità smarrita alla ricerca di un’eccedenza di amore

E le periferie di oggi sono la nostra umanità smarrita, cristiani indeboliti o poco credibili e poco significativi dentro un mondo altro e apparentemente non bisognoso di Dio. Anche le nostre parrocchie faticano a coinvolgere le persone e in particolare le nuove generazioni.

Vorrei che i preti, oggi, siano uomini che non temono la loro fragilità creaturale e la riconoscono come via di salvezza e spazio che apre a una profonda vita di preghiera e di relazione con il Signore. Prima di essere annunciatori, sono uditori di quella Parola che fa ardere il loro cuore, plasma il loro pensare, alimenta il loro agire, orienta il loro discernere.

Una Parola che si fa carne nell’Eucarestia a cui quotidianamente attingere la forza di una donazione senza riserve. Una donazione che è un’ eccedenza di amore e servizio che nulla trattiene per sé e tutto dona, rifuggendo ambizioni, bramosia di potere e prestigio, e ogni forma di compromesso e mondanità.

San Francesco esorta i preti

Francesco di Assisi così esorta i sacerdoti:

Guardate la vostra dignità, fratelli sacerdoti, e siate santi perché egli è santo. E come il Signore Iddio vi ha onorato sopra gli uomini, con l’affidarvi questo ministero, così anche voi più di tutti amatelo, riveritelo e onoratelo. È una grande miseria e una miseranda debolezza, che avendo lui così presente, voi vi prendiate cura di qualche altra cosa in tutto il mondo.

Una dignità che non è separazione dal mondo quasi a erigere steccati di apparente perfezione,  ma immersione nell’umano secondo un cuore che segue quello di Cristo, e non teme di sporcarsi le mani per il popolo che gli è stato affidato.

Mettersi in gioco

È sempre molto significativa l’immagine di papa Francesco che chiede ai suoi sacerdoti di  sentire dell’odore delle loro pecore. La gente, infatti, ha bisogno di vedere i suoi preti là dove vive, soffre, ama,  innalza le domande più esistenziali. Lì sente la necessità di incontrare una parola vera ed eterna che sappia ancora distinguere la verità dall’errore, il peccato dal peccatore, la miseria dalla misericordia. Grazie a quella parola può uscire dalla confusione che alberga ovunque. Uomini disponibili all’incontro, alla relazione, alla comunione. Preti che vivono la semplicità di una fraternità sacerdotale fatta di rispetto, stima, collaborazione. Una fraternità che crea ponti e non muri tra le comunità, perché il Regno è uno solo.

Uomini che si mettono in gioco senza timore, non perché si ritengono migliori, ma perché, per primi, si sentono graziati da un Amore che li ha sedotti, chiamati e inviati. E noi, singoli, comunità religiose e parrocchiali, continuiamo ad  accompagnarli con la preghiera, la vicinanza, il sostegno e l’amicizia. Anche così vogliamo coprire le loro debolezze e offrire uno spazio di umanità nelle loro fatiche. Vorremmo collaborare con loro, secondo le nostre possibilità, nella edificazione della Chiesa e nell’annuncio del Vangelo. Affidiamoli a Lui, e Lui porti a compimento ciò che in loro ha iniziato.