Le fake news in politica? Si usavano anche nell’antica Grecia. Ma quelle “globali” sono più pericolose

C’è chi sostiene che perfino i discorsi sulle “fake news” siano bufale, e negli ultimi giorni su questo tema si sono scontrati in Italia i leader dei principali partiti politici. Gian Antonio Stella, in un brillante corsivo sul Corriere della Sera ha messo in fila le più grandi bugie della storia, dalla lettera che denunciava il tradimento di Pausania nell’antica Sparta alla (falsa) donazione di Costantino, fino alla cronaca in diretta dello sbarco dei marziani sul suolo americano trasmessa il 30 ottobre 1938 dalla Cbs. L’articolo dimostra che si è fatto da sempre un “uso politico” delle bugie, diffuse ad arte in momenti cruciali. Nei giorni scorsi il direttore della Stampa Maurizio Molinari le ha definite “una versione moderna di uno strumento usato dal Kgb per fare disinformazione, con lo stesso intento: indebolire le democrazie”.
Tra le più recenti conseguenze politiche delle “fake news” sono state ormai inserite in modo quasi unanime la Brexit e l’elezione di Trump. Tra gli Stati Uniti e la Russia sembra che sia ormai scoppiata una nuova guerra fredda, ma in versione cybernetica, con gli hacker al posto degli 007. 
Se la questione della diffusione strategica delle bugie, dunque, non è nuova per quanto riguarda i meccanismi, lo è, però, per i mezzi utilizzati, che hanno caratteristiche del tutto peculiari: i social network permettono di “immettere” sul mercato delle notizie un numero potenzialmente illimitato di “falsi”, che si diffondono in modo virale sfruttando l’emotività, l’istinto, le paure delle persone. Sono meccanismi che quasi tutti i movimenti politici sfruttano, con particolare abilità quelli populisti. 
Non si vedono ancora, però, all’orizzonte contromisure convincenti. In Germania è appena entrata in vigore la “Legge Facebook”, che prevede pesantissime sanzioni pecuniarie per i post offensivi e diffamatori, oltre alle notizie false colpisce l’odio in rete. Una proposta di legge analoga (già criticata da molti) è stata presentata nei giorni scorsi in Italia dal Pd, ma difficilmente sarà approvata prima delle prossime elezioni. Nel frattempo, il dato più allarmante ci sembra il crollo dell’attenzione e del senso critico. Per contrastarlo bastano buon senso, attenzione, un’attività capillare di educazione all’uso “attivo” e responsabile dei social network, che parta dai ragazzi ma si estenda anche agli adulti. Chi è superficiale e distratto è più facilmente manipolabile: ma in questo caso le fake news non sono la causa, ma il morbo che si infiltra nelle crepe della società contemporanea, sfruttandone la fragilità interna. Le fake news “globali” sono più rapide e pericolose: ma imparare a riconoscerle e a smascherarle è un compito alla portata di tutti; un nuovo dovere civico, con lo sguardo rivolto al futuro.