Cresime, i ragazzi e la Chiesa “popolo di Dio”

“Mi dispiace che il mio amico Luigi non faccia la cresima”. La dice lunga, quella frase ingenua e, a modo suo, commovente (vedi l’articolo nel nostro dossier).

Primo. Dice che la cresima è ancora un evento (quasi) di massa. Di massa nel senso che chi ha fatto il battesimo e la prima comunione di solito fa anche la cresima. Ma stanno aumentando quelli che non fanno il battesimo e aumento bambini e ragazzi di altre religioni. Ci stiamo abituando a essere piccolo gregge.

Secondo. Dice che siamo, sì, piccolo gregge. Ma gregge dove, oltre al pastore, ci sono agnellini, pecore più grandi, pecore madri… È divertente giocare sull’immagine evangelica del pastore, anche se, per noi, un po’ datata. In un recente articolo della “Rivista del clero italiano” – rivista della Università Cattolica – Paolo Carrara, prete della diocesi di Bergamo e esperto di pastorale, sosteneva l’aspetto positivo del battesimo dei bambini. Per una ragione interessante. Questa: se la Chiesa è popolo di Dio, non è una “comunità” elitaria e di adulti che decidono, ma anche popolo variegato, con bambini, adulti, nonni… Per cui è giusto che anche bambini che non decidono facciano parte a pieno titolo di quel popolo, proprio perché popolo. La considerazione, ovviamente, vale anche per i ragazzi che ricevono la cresima. Semmai i ragazzi che ricevono la cresima decidono, certamente, ma decidono anche perché altri – i familiari, gli amici, i compagni di scuola… – hanno deciso come loro. È sempre così, ma lo è soprattutto quando si hanno dodici o tredici anni.

Terzo. Se tutto questo è vero, le cresime sono un incontro. La Chiesa offre ai ragazzi quel segno, quella inaudita ricchezza: lo Spirito Santo. Ma i ragazzi portano nella Chiesa le incertezze e le inesauste domande che girano nelle loro famiglie, nella scuola, dappertutto. Nei cresimandi – anche nei cresimandi – Chiesa e mondo si incontrano, o meglio: si accorgono allora di quello che è vero sempre: la Chiesa è nel mondo e il mondo è nella Chiesa.