Ricordo di don Gildo. Un prete

Don Gildo Rizzi (1924-2018)

Lo scorso 5 agosto, a 94 anni e dopo 70 anni di sacerdozio, è tornato alla casa del Padre don Gildo Rizzi. La vita della comunità di Telgate degli ultimi decenni è legata al nome e all’azione di questo sacerdote, giunto come arciprete nel 1971, successore di Mons. Biennati e rimasto nel nostro paese della Valcalepio fino alla morte, avvenuta nel suo paese nativo, Schilpario, dove, per sua volontà, è stato sepolto.

“E’ bello fare il prete”

Il mio intento è quello di ricordarlo da confratello. Ci lega il sacramento dell’ordine ricevuto e il ministero condiviso a Telgate in questi ultimi otto anni. Peraltro, lo ricordo volentieri, il 22 maggio eravamo soliti scambiarci gli auguri per il nostro anniversario di ordinazione presbiterale, avvenuta appunto in questa data per lui nel 1948, per me nel 2010. Quest’anno, alla festa per il suo settantesimo anniversario, gli avevo detto: “Auguri don Gildo, guardi che tra 62 anni la raggiungo!!”. Si era messo a ridere di gusto, insieme al suo caro amico e compagno di ordinazione, il Vescovo Gaetano Bonicelli e, prendendomi le mani, mi aveva risposto: “eh, caro mio, te lo auguro! Ma guarda che ne avrai di sofferenze da accettare… però guarda al bene mi raccomando.. è bello fare il prete, te lo dico io!!”.

Questo era don Gildo. Una persona schietta, dal carattere a volte molto severo, ma capace di pensiero e di ascolto. Più di una volta abbiamo parlato della situazione attuale: in un primo momento capitava si scaldasse quando gli illustravo alcune scelte e alcune modalità di azione pastorale in oratorio; poi però, con onestà esemplare, era capace, il giorno successivo, dandomi la mano, di affermare: “guarda che ci ho pensato. Un po’avevo ragione io, un po’avevi ragione tu. Cosa vuoi? Tu sei giovane e io vecchio… siamo di due mondi diversi. È proprio cambiato il mondo, a confronto dei miei tempi oggi non mi ritrovo più su tante cose…”.

Fedele alla sua missione, nonostante tutto

Cosa posso dire io di don Gildo? Di fare bilanci pastorali non mi va: non sono nessuno per giudicare e non spetta a me farlo; nemmeno mi va di lanciarmi in letture della sua figura azzardate che rischierebbero di tradirne e non tradurne la memoria: ciò che don Gildo pensava delle cose lo ha detto lui, non devo immaginarlo io. Sulla sua fede e la sua devozione si pronuncia il Signore: nessun uomo può permettersi di dire alcunchè su questo. Io dico solo che don Gildo è stato un prete. Ha amministrato i sacramenti, ha celebrato l’Eucarestia, finchè ha potuto ha regalato il perdono a piccoli e grandi nel sacramento della Penitenza, ha voluto bene alla sua gente. Non andava bene a tutti non Gildo, come del resto nessuno di noi preti: ha continuato a lavorare, prendendo le decisioni che doveva dopo il confronto con i suoi collaboratori e soprattutto con il Signore nella preghiera. Finchè la salute lo ha assistito, si inginocchiava all’altare del Santo Crocifisso, per offrire le sua domande e le sue fatiche e supplicare l’aiuto del Signore. Don Gildo, che era prete perché lo aveva desiderato e la Chiesa, con l’ordine sacro, ne aveva riconosciuto la vocazione, ha fatto il prete. Di questo lo ringrazio. Lo ricorderò nella preghiera, sicuro che lui farà lo stesso per me in Paradiso. Grazie, don Gildo.

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