Una forma “alta” di preghiera: il silenzio

Mi hanno detto che un’ottima forma di preghiera è il silenzio. Mi sono sempre fatto l’idea che pregare è parlare con Dio. Non riesco molto a capire che per parlare bene bisogna non dire niente. Giuseppe

Caro Giuseppe forse la tua affermazione necessita di un chiarimento. Entrambe le modalità di preghiera, quella che tu affermi e quella che ti è stata detta, sono vere. Non sono una migliore dell’altra, o una da preferirsi all’altra.

Pregare è vivere una relazione

Il punto di partenza è chiarire cosa sia la preghiera. Essa è principalmente una relazione con Dio Padre, attraverso Gesù Cristo, nello Spirito santo. Come ogni relazione, anche questa così importante e delicata, è fatta di parole e di silenzi, di sguardi, di presenza e di assenza dell’Altro. Se rivedi la relazione con una persona a te cara, potrai cogliere alcuni momenti di intenso dialogo dove le parole sembrano fluire ininterrottamente e altri nei quali il dialogo si fa più difficile e sembra che non ci sia comunicazione; altre volte può accadere che non si trovino le parole sufficienti per esprimere un sentimento e il silenzio sembra essere la parola più eloquente e significativa che apre allo stupore e all’ammirazione.

Davanti a Dio “come un bimbo svezzato”

Quando parliamo di silenzio, nella preghiera, non intendiamo il “dire niente”, come tu pensi, ma l’inesprimibilità di quanto si sta vivendo, poiché le parole non sono sempre in grado di spiegare. Il silenzio di cui ti hanno parlato, non è assenza di parole, ma ricchezza di una “presenza” che dà pienezza alla vita, un sentimento  che coinvolge tutta la persona e sintetizza ogni umana parola.

Se prendiamo come guida il più antico libro di preghiera, il libro dei Salmi, notiamo due principali forme di preghiera: una è il ringraziamento e la lode a Dio, l’altro è il lamento e il grido di aiuto. A un livello più nascosto c’è il terzo tipo di preghiera, senza domande esplicite o espressioni di lode quali ad esempio nel salmo 31: “Io sono tranquillo e sereno, come un bimbo svezzato in braccio a sua madre”. Come un bimbo svezzato può stare l’anima dell’orante in presenza di Dio, cioè, non ha bisogno di parole e neppure di pensieri, ma sa rimanere fiduciosa in silenzio.

Forse la domanda da porsi è se riusciamo ancora a stare in silenzio, e quale posto occupa il silenzio nella nostra vita. Qualche volta, quando siamo apparentemente in silenzio, abbiamo un vociare interiore di pensieri, immagini, che creano un gran rumore. Rientrare nel silenzio della nostra interiorità è un lavorio che richiede tempo e conversione, educazione al silenzio interiore che è semplificazione della vita.

È riconoscere e dare un nome a ciò che ci abita e muove, pensieri e sentimenti, lasciare che Dio abbia cura di noi, affidare a Lui quanto ci occupa e ci preoccupa, consegnare a Lui ciò che è oltre le nostre  capacità. Ritrovare un momento di silenzio nel quale ci affidiamo come bambini al Signore è sperimentare una “sosta riposante”, è entrare nel riposo di Dio. Anche questo è preghiera.

Il mormorio del vento leggero

Il silenzio ci rende pronti a un nuovo incontro con Lui. Dio, ci dice la scrittura, parla “attraverso il mormorio di un vento leggero” che, come tale, richiede attenzione, capacità di cogliere il sussurro di colui che ci parla. La sua parola raggiunge gli angoli più nascosti del nostro cuore smascherando la verità di ciò che siamo: smettiamo così di nasconderci di fronte a Dio, ma permettiamo alla luce di Cristo di raggiungerci per guarire e trasformare anche quello di cui ci vergogniamo.

Abbiamo bisogno di silenzio per accogliere la parola del Signore, per restituirla nella preghiera, per viverla. Forse dobbiamo riconquistare la dimensione del silenzio nella preghiera, vincendo la tentazione di riempirlo di parole, poiché Dio sa di cosa abbiamo bisogno. Egli vuole dei cuori purificati dalla sua parola, capaci di fargli spazio. Forse rifuggiamo il silenzio preferendolo a parole perché la pace interiore è una cosa rischiosa: ci rende poveri e nudi di noi stessi e ci conduce al dono autentico.

Solo così, silenziosi e poveri, i nostri cuori sono ricolmati di Spirito santo, riempiti di un amore incondizionato che fa di noi veri figli e autentici oranti, testimoni di Gesù tra i fratelli.

 

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