Rosina: “Guardiamo al futuro senza paura, cercando di cogliere cambiamenti e opportunità”

I cambiamenti in atto a livello globale, le paure connesse e la costruzione di un nuovo modello sociale basato su un patto inter-generazionale. Questi i temi affrontati nel corso dell’incontro di presentazione del volume dal titolo “Il futuro non invecchia” (Vita&Pensiero) tenutosi nel tardo di pomeriggio di venerdì nell’ambito del ciclo di incontri “l’ora del Campari” organizzato dalla Fondazione “Adriano Bernareggi”. L’incontro è stato introdotto da don Giuliano Zanchi, segretario generale della Fondazione, che ha sottolineato: “I numeri, se ben articolati e spiegati, riescono a farci capire sfaccettature delle realtà da cui possiamo ricavare riflessioni interessanti. La condizione di cambiamento che stiamo vivendo è molto importante: invecchiamo più lentamente mentre il mondo viaggia velocemente e questo paradosso è emblematico della difficoltà di affrontare questi tempi. Non solo è cambiato il modo in cui si è giovani, adulti e vecchi, ma anche le proporzioni tra queste età della vita”. Rosina, che per l’Istituto Toniolo ha curato un’ampia ricerca sulle nuove generazioni, ha dunque illustrato al pubblico, anche con il supporto di slide e dati, i forti cambiamenti in atto nel mondo a livello demografico, tecnologico e migratorio. Evoluzioni che interessano direttamente anche il nostro paese e la nostra società, con ripercussioni sulla vita quotidiana di tutti noi. “Partiamo da un dato di fatto, ossia che viviamo istante per istante e ci sembra che la realtà rimanga statica, mentre non è così – ha spiegato lo stesso professore dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano – utilizzo la metafora del treno: quando facciamo un viaggio rimaniamo sempre gli stessi, ma fuori il paesaggio cambia velocemente. In questo contesto sentiamo spesso parlare di Neet e della scelta di rimanere a lungo a casa dei genitori da parte di un giovane. Non sono fenomeni astratti, ma legati alla difficoltà di costruire basi solide di un proprio progetto di vita: questo è dovuto alla mancanza di una visione del proprio futuro che consenta di fare scelte adeguate. Denatalità, prolungamento dell’età giovanile e del raggiungimento dell’autonomia sono dunque strettamente connessi”. Se l’Italia sta dunque vivendo una fase di diminuzione dei nuovi nati e di progressivo invecchiamento della popolazione, questo non avviene in altri paesi: non solo Cina e India, ma anche tantissimi paesi africani, tra cui la Nigeria. “Vi sono grandi trasformazioni in atto, pensiamo ai flussi migratori. Dalla rivoluzione industriale in poi, in soli 200 anni, è avvenuto l’abbandono di un vecchio equilibrio a favore di un percorso di cambiamento continuo. Questo può spaventarci, ma il cambiamento va gestito. Se pensiamo che i giovani siano un problema, l’immigrazione un problema, l’aumento delle prospettive di vita un problema allora stiamo costruendo un futuro collettivo più povero, meno dinamico e utile del presente”. L’Italia, situata al centro del Mediterraneo, è al centro di queste trasformazioni e può esserne protagonista, ma non senza una presa di coscienza collettiva. “Ogni generazione deve essere messa nelle condizioni di vivere al meglio nel proprio tempo. Il cambiamento fine a se stesso non è miglioramento. Per far combaciare questi due fattori occorre costruire un modello sociale di sviluppo basato sulla risposta alla domanda: “Cosa vogliamo che domani sia migliore di oggi?”. Questo modello va deciso insieme alle nuove generazioni”.