Festa d’avrìl, Festa d’aprile, una poesia della Resistenza

Fèsta d’avrìl. Mi si perdoni, dopo i giorni della Passione e della Resurrezione, questa poesia che, con un apparente salto, vede posto nella rubrica proprio giovedì 25 aprile. D’altra parte le assonanze che trovano evocazione tra sentimento religioso e sentimento socio culturale, tra Resurrezione e Liberazione, sono i segni del sentire, con la poesia, la relazione con le esperienze della mia vita. E non sono tanto divisibili. Complice è anche l’Aria, energia e spirito, che sulle strade di Quaresima-Passione-Pasqua-Primavera-Resisténse-25 aprile-Rinascita sente le parole.
RESISTÈNSE è, del resto, il titolo della ultima raccolta di poesie che ho pubblicato.

Mi si perdoni anche la deroga al ritmo di proposta, nella rubrica, che prevedeva in questa settimana, una poesia di Garcia Lorca tradotta in lingua prima. La puntualità tra poesia e ricorrenza, il desiderio di riconoscere in questi tempi del disprezzo e del fagocitare urlato dei nasconditori di speranza, il valore di vita, di primavera che hanno quei morti, sono le ragioni che porto a giustificazione.

Festa d’avril è una poesia della Resistenza, scritta un tardo pomeriggio di sole e di vento, di alcuni anni fa, nei dintorni della Malga Longa, sito, oggi, del Museo – rifugio della Resistenza bergamasca, sopra i monti di Sovere in Valcavallina.
Dal sito web che racconta questa storia:…Nel 1944 alla Malga Lunga si insedia una squadra della 53^ Brigata Garibaldi che assume il nome “13 Martiri di Lovere” in onore dei tredici partigiani fucilati a Lovere il 22 dicembre 1943… la gestione della squadra formata da una quindicina di uomini, è affidata al tenente Giorgio Paglia (“Tenente Giorgio”). Il 17 novembre 1944  la Malga viene attaccata di sorpresa da ingenti forze fasciste della Legione Tagliamento. …La battaglia infuria per quasi tre ore finché gli assalitori costringono alla resta i partigiani ormai a corto di munizioni. Giorgio Paglia e i suoi uomini si consegnano ai fascisti con la promessa di avere salva la vita….I fascisti non mantengono la parola e i due partigiani feriti vengono finiti immediatamente sul posto a colpi di pugnale. I sei partigiani superstiti vengono trascinati a valle… Quattro giorni dopo, per tutti, c’è la condanna a morte. A Giorgio Paglia si vuole concedere la grazia perché figlio di Guido, medaglia d’oro della Guerra d’Africa. Non avendo ottenuto la libertà anche per i suoi compagni, il giovane la rifiuta e chiede di essere fucilato per primo per dimostrare ai suoi compagni che sarebbe morto con loro. Sono le 18 del 21 novembre 1944 quando i sei prigionieri vengono fucilati sul lato sinistro del cimitero di Costa Volpino…

Ma Festa d’avrìl ha in corpo anche un’altra immagine; quella di Franco Loi che racconta, (quante volte me l’ha raccontata….) di lui adolescente, fermo, ammutolito, testimone di quanto avvenne in Piazza Loreto a Milano il 10 agosto 1944 dove furono fucilati per rappresaglia dalle Brigate Nere, 15 partigiani, fra cui il mio compaesano Vittorio Gasparini, dirigente cattolico. Piassa Luret, è la poesia di Franco che racconta questa storia, è conosciuta e tradotta in tutto il mondo.
….C’erano molti corpi, gettati sul marciapiede contro lo steccato, qualche manifesto di teatro, la Gazzetta del Sorriso, cartelli, banditi! Banditi catturati con le armi in pugno. Attorno la gente muta, il sole caldo. Quando arrivai a vederli fu come una vertigine, scarpe, mani, braccia, calze sporche… Ai miei occhi di bambino era una cosa inaudita: uomini gettati sul marciapiede come spazzatura e altri uomini, giovani vestiti di nero, che facevano la guardia armati…Personalmente avrei voluto che la piazza venisse ricordata solo per questo atto di barbarie fascista, i morti partigiani non meritavano la contaminazione con i loro assassini. Ma così gli uomini hanno voluto. A volte la passione e l’odio non sono buoni consiglieri, la scelta che fu fatta ha lasciato un brutto ricordo, perché “la violenza sporca chi la usa”, ma anche in questo caso la colpa è di chi per primo l’ha usata.

PER SENTIRE:

FÈSTA D’AVRIL

Mia tanta calsina
sö ’l rumùr di mórcc
ma fiur de màndola
a rare brache
e ona bofadèla de mas
e d’èrba limunsina
via dré al sul
sö i sturde lèngue
lifròche.

Zèrbe
i góte del sangh
e düre 
‘n di ’nsògn del cornàl
róssa
promèssa
tra i nìole raöche
e spalancàde
di bóche.

La desmöèsta us
la cuarcia i büse
i córne grise;
e i nùs.

Mia tanta calsina
prima che l’i-scrèche
ol lègn
di crus.

FESTA D’APRILE

Non molta calce
sul rumore dei morti
ma fiori di mandorlo
a rare manciate
e una refolata di maggio
e di cedrina
a ridosso del sole
sulle stordite lingue
scioperate.

Acerbe
le gocce del sangue
e dure
nei sogni del corniolo
rossa
promessa
tra le nuvole rauche
e spalancate
delle bocche.

La smossa voce
copre le buche
le rocce grigie
e i noci.

Non molta calce
prima che scricchioli
il legno
delle croci.

da RESISTÈNSE. Interlinea Edizioni Novara 2016

Il quadro in apertura: I martiri di Piazzale Loreto, 1944, olio su tela, cm 150 x 200, Galleria Nazionale d’Arte Moderna, Roma (da http://www.aligisassu.it)

Il dipinto, esposto alla mostra veneziana del 1952, la Biennale del realismo, dove venne acquistato dalla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma, ripropone una delle costanti tematiche di Sassu: la dialettica tra la resa della realtà contemporanea e l’attualizzazione del mito. Lo stesso artista ricorda: “Ho dipinto I martiri di Piazzale Loreto nell’agosto 1944, subito dopo aver visto il ludibrio che la canaglia repubblichina faceva dei corpi dei nostri fratelli. Eppure vi era in me, nel fuoco e nell’ansia che mi agitava, nel cercare di esprimere quello che avevo visto, una grande pace e non odio, ma una tristezza immensa per la lotta fratricida. Da quei corpi sanguinanti e inerti sorgeva un monito: pace, pace”.