“Squid Game”: cosa c’è da sapere sulla serie tv che affascina i teenager

Qual è la storia al centro di “Squid Game”, serie coreana in onda su Netflix? Ci sono adulti “ai margini” con vite scombinate, coinvolti (spesso per disperazione) in un torneo di giochi che nella forma somigliano molto a quelli dell’infanzia, ma con in palio sostanziosi premi in denaro. Se vengono sconfitti, però, saranno uccisi.

“Perché attira così tanti bambini e adolescenti – si chiedono gli esperti del Consultorio Scarpellini e Consultorio Adolescenti e giovani di Bergamo -, portandoli ad una emulazione dei giochi e a replicarne atteggiamenti violenti? Una provocazione che mette in scacco anche gli adulti (genitori, educatori e insegnanti). Cosa è utile sapere, come poterne parlare? Quali riflessioni educative è possibile condividere?”. Proprio per approfondire questi aspetti mercoledì 17 novembre alle 20,30 è in programma una serata di approfondimento su “Il fenomeno Squid Game. Che cos’è e cosa deve sapere un adulto sulla serie più famosa del momento”. Relatori della serata: Sara Nicoli, psicologa clinica presso il Consultorio Adolescenti –Giovani, formatrice per le scuole al Consultorio Familiare Adolescenti e giovani di Bg, co-conduttore del Gruppo “Videogiochiamo per creare parole in gruppo- Prevenzione Ritiro Sociale in adolescenza” presso il Consultorio Adolescenti-Giovani e Tommaso Riva , psicologo clinico –coconduttore del Gruppo “Videogiochiamo per creare parole in gruppo- Prevenzione Ritiro Sociale in adolescenza” presso il Consultorio Adolescenti-Giovani BG. L’incontro sarà trasmesso in diretta streaming sul canale YOUTUBE dei Consultori della Fondazione Angelo Custode a partire dalle 20,30. Per collegarsi alla diretta streaming si può cliccare anche qui. Chiediamo di iscriversi alla serata cliccando e compilando il seguente modulo online riportato qui .

“Vietato ai minori di 14 anni”: la violenza esplicita fa male

“Squid Game ha suscitato nelle ultime settimane un dibattito vivacissimo sui social network che ha coinvolto genitori e ragazzi. «La serie – scrive per esempio in un post Alberto Pellai, psicopedagogista e scrittore – è sconsigliata a chi ha meno di 14 anni, ma l’evidenza di moltissimi docenti ed educatori è che sia entrata nelle preferenze e nelle scelte di visione di molti bambini e bambine, ragazzi e ragazze preadolescenti. La violenza della serie è anche graficamente molto “spinta” ed esplicita: quando si viene uccisi, schizza sangue dappertutto. Gli insegnanti dicono che i bambini ci ridono su e si tranquillizzano vicendevolmente dicendosi “tanto non è sangue vero, è sugo di pomodoro”.

In molti hanno chiesto che io commentassi tutto ciò. Non posso che riprendere ogni singolo concetto espresso nel nostro libro “Vietato ai minori di 14 anni” (De Agostini ed.): quando sei bambino/a o preadolescente la tua mente non è in grado di gestire la complessità di alcune esperienze a cui puoi avere accesso, ma per cui non possiedi competenze emotive-cognitive di rielaborazione e integrazione dentro di te. È qualcosa di cui noi genitori dobbiamo essere assolutamente consapevoli. Altrimenti nella vita dei nostri figli entra il peggio e nella loro mente, dimensioni ed esperienze che hanno significati e risvolti emotivi enormi (la vita e la morte lo sono; la violenza fine a se stessa lo è; il gioco che si trasforma in esperienza per vincere soldi o per subire la morte lo è) si depositano in modo caotico e disorganizzato. Potendosi anche trasformare in esperienze traumatizzanti, ovvero che il soggetto non riesce a gestire nella propria psiche. E perciò ne rimane disturbato e impattato. “Vietato ai minori di 14 anni” non è un messaggio che reprime la crescita: in casi come questi la protegge, la sostiene e la promuove».