Cosa fare per rendere l’oratorio più attraente per bambini e ragazzi? Servono (anche) le chiacchiere del sabato sera

Questo è l’ultimo post che compare sotto la “tendina” del “Diario di un prete”. Nell’ottica di un progetto di informazione più corale (per sapere di che cosa si tratta leggi questo editoriale) dalla prossima settimana troverete solo gli “sguardi”, con i contributi di un gruppo di laici, religiosi, preti, associazioni, movimenti, che si alternano ogni settimana e insieme compongono immagini di vita della chiesa diocesana, impegnandosi un laboratorio di “comunicazione di comunità”.

Sabato sera, una cena con il parroco e alcuni amici a Grumello. Si chiacchiera tranquillamente. Non può mancare, in primis, il discorso del Covid, essendo che molte delle classi della scuola primaria del paese sono in quarantena.

Una vita vissuta sempre di corsa: ma è l’unica scelta possibile?

Nascono le riflessioni più ovvie sul tema, ma che necessitano di essere trattate con cura. Perché non chiudere la scuola? Chi non vuole chiudere? A chi spetta farlo? Alla dirigente scolastica? Al sindaco? Ciascuno porta le sue informazioni e si comprende, ascoltando anche chi conosce a fondo le procedure,  che la decisione sulla chiusura deve arrivare da ATS, che segue le linee nazionali.

Poi si parla di come viviamo la nostra quotidianità oggi, sempre di corsa. Marco racconta che, per esempio, lui che frequenta per lavoro alcune regioni del sud Italia, conosce stili di vita differenti dal nostro, senza tanta ansia da prestazione, senza bisogni di esibizione di ciò che si possiede, così che se molti di noi lavorano senza sosta per potersi permettere la Mercedes, c’è chi vive ben più sereno con la sua macchina di vent’anni e si gode di più la famiglia.

Don Massimo, che ha vissuto per undici anni in Bolivia, racconta di quelle realtà, delle situazioni che ha conosciuto, dello stile di vita che da noi appare inconcepibile.

La fatica di rendere l’oratorio più attraente per i ragazzi

Poi l’argomento scivola sul tema dell’oratorio, della necessità di fare qualcosa per renderlo più abitato da bambini e adolescenti, delle fatiche che ci sono in questo, vista la molteplicità di proposte sul territorio e, infine, sulla Messa; o meglio, su cosa debba fare il genitore con il figlio adolescente o preadolescente su questo aspetto. Obbligare il ragazzo ad andare a Messa? Fino a 14-18 anni?

Proviamo a riflettere un po’ insieme sulla questione, a rilanciarla ricordando che la base resta l’esempio.. che se il ragazzo non vuole partecipare l’obbligo è controproducente e forse l’unica azione che vale davvero è che il genitore continui ad essere esempio di fede.

La palla passa ai genitori: essere testimoni di fede vissuta con gioia

Quante volte capita che un papà o una mamma, tornando a casa, raccontino della gioia che hanno provato nel vivere la loro comunità, nell’ascolto della Parola, della riflessione che è scaturita dall’ascolto dell’omelia?

E poi, la grande questione della libertà: siamo salvati da Dio, che ci crea liberi. Avremmo potuto proseguire per ore: alle 23, come è giusto, siamo rientrati a casa: ci aspettavano, la domenica, le diverse celebrazioni e vari impegni. Tuttavia, condividevamo con don Massimo la bellezza di questi momenti di condivisione informale. Che sia una strada sulla quale insistere maggiormente? Non rischiamo, nella Chiesa, di proporre molte riunioni ufficiali, anche ben preparate, ma che non ci permettono di sederci, tutti insieme, a condividere ciò che ci sta a cuore? Percepisco che la via dell’informalità sia decisiva, ma ancora troppo poco praticata. Sarà utile iniziare a pensarci un po’di più…