La fede in età adolescenziale

Buonasera suor Chiara,
Sono Cristina, mamma di due ragazzi adolescenti. Si parla spesso del ruolo della famiglia nell’alimentare la fede, come “chiesa domestica”. Devo dire però che da quando i miei ragazzi sono cresciuti (ora frequentano entrambi le superiori) sono diventati un po’ insofferenti e noi facciamo fatica a proporre una preghiera familiare. Può darci qualche consiglio? Quali momenti scegliere, come iniziare? Come far capire l’importanza di questi momenti ai nostri figli?

L’allontanamento dalla pratica cristiana caratterizza spesso l’età adolescenziale, cara Cristina! Il ragazzo, infatti, prendendo consapevolezza del proprio sé, distinto da quello dei propri genitori o familiari, ha bisogno di trovare risposte personali a quanto, anche con il buon esempio, gli è stato insegnato. Non è più sufficiente accogliere ciò che, ad esempio, vive in famiglia nell’ambito della fede: egli ha “urgente” bisogno di fare una personale esperienza del Signore e del suo amore per aderivi in modo nuovo. 

Se, infatti, è vero che la fede la riceviamo in dono dalle nostre famiglie, è altrettanto vero che necessita di un’adesione personale e di una vera e propria esperienza di Dio, per crescere e non soffocare 

Spesso, accade che i ragazzi rifiutino o addirittura rigettino le pratiche religiose vissute da bambini, soprattutto se cresciuti in famiglie scrupolosamente praticanti. Affamati di autenticità e profondamente sensibili a ciò che è vero, sono in grado di percepire se l’esempio di vita cristiana degli adulti è coerente oppure rivestito da pura esteriorità. 

Le crisi di fede o gli abbandoni in età adolescenziali sono, per così dire, fisiologici, ma vanno affrontati quali opportunità per scoprire che Dio non è un’idea, né una divinità alla quale offrire l’obolo della messa settimanale o della preghiera per assolvere un precetto, ma Amore e come tale desidera per noi il bene, la gioia, la realizzazione piena di noi stessi; solo così il giovane potrà giungere a scegliere personalmente di credere in lui e di accoglierlo nella propria vita. In caso contrario continuerà a rifiutarlo come si rigetta qualcosa che ad un certo punto della vita non serve più, e a ragione. 

Comprendo, tuttavia, la difficoltà dei genitori credenti e praticanti che si trovano ad affrontare, spesso impreparati, questa fase delicata di crescita dei propri figli. Non ho consigli da dare, se non un piccolo suggerimento che, forse, potrà essere utile. 

Innanzitutto l’adolescente ricerca il gruppo, gli amici, senza i quali non può vivere poiché la famiglia o la cerchia parentale non gli bastano più; per questo è positiva la frequentazione di gruppi legati all’oratorio o a qualche movimento ecclesiale dove possa trovare amici alla pari ed educatori preparati che offrano l’opportunità di vivere esperienze di fede, di preghiera, di conoscenza del Signore e di sé, in contesti di fraternità, di amicizia, di servizio. 

Accompagnato e sostenuto dalla preghiera dei propri genitori e, perché no, arricchito dal confronto con animatori e con il sacerdote, lentamente potrà rimotivare le scelte vissute nell’infanzia e riscegliere, in modo nuovo, di credere nel Dio di Gesù Cristo, scoperto vivo e reale nella propria vita, negli avvenimenti lieti o tristi della vita, nella famiglia e nella comunità cristiana nella quale si riconoscerà membro vivo. 

Sarà necessario molto tempo: la Grazia, infatti, non forza la natura, ma la trasforma lentamente…

Se il genitore si mostrerà attento, senza essere pedante, accettando soprattutto di accompagnare il figlio con la preghiera e il buon esempio, assisterà a veri e propri miracoli. 

Molti sono gli esempi di adolescenti “in gamba” che hanno scritto pagine di vita cristiana autentica e che ora la Chiesa ce li offre quali modelli di vita. Il loro esempio e la loro intercessione aiuti ogni adolescente a scoprire e gustare la bellezza della fede, consapevoli di avere ricevuto il più grande dei doni.