Verso le elezioni al Quirinale. Nuccio Fava: “Occorre un uomo che sappia servire la patria e le persone, soprattutto i più fragili”

“Alea iacta est”. È iniziato il conto alla rovescia per il voto al Quirinale. Lunedì 24 gennaio, alle 15, il Parlamento in seduta comune sarà convocato per l’elezione del Presidente della Repubblica. Saranno 1009 i grandi elettori chiamati a eleggere il nuovo capo dello Stato: 321 senatori, 630 deputati e 58 delegati regionali, tre per ogni Regione, eccetto la Valle d’Aosta che ne ha uno solo, designati in modo che sia assicurata la rappresentanza delle minoranze. Si dovrà eleggere il successore di Sergio Mattarella seguendo scrupolosamente le norme legate alla pandemia di coronavirus, quindi è probabile che la chiama avverrà in maniera contingentata, evitando soste e assembramenti in Aula. Ricordiamo che la seduta convocata per l’elezione del Presidente della Repubblica è unica e si svolge a Montecitorio senza soluzione di continuità per concludersi al momento in cui viene eletto il nuovo Capo dello Stato, con votazioni tutti i giorni e anche più scrutini nella stessa giornata. 

Nel frattempo gli italiani sono sempre più curiosi di sapere chi sarà il prossimo inquilino del Quirinale, mentre tra i partiti ferve il toto nomi, all’interno di una partita che appare sempre più complicata soprattutto dopo che Sergio Mattarella ha messo in chiaro di non essere disponibile in alcun modo per un secondo mandato. Anzi, nel suo discorso di fine anno il Presidente si è rivolto al suo successore ricordando che dovrà “salvaguardare ruolo, poteri e prerogative dell’istituzione” con la Costituzione come unico faro.

Dell’elezione del Presidente della Repubblica, uno dei passaggi centrali della nostra vita istituzionale, parliamo con Nuccio Fava, classe 1939, presidente della sezione italiana dell’Associazione giornalisti europei (Age), storico giornalista Rai, opinionista politico, testimone di quasi tutte le elezioni presidenziali, ex direttore del Tg1 e del Tg3 inviato e vaticanista, che ha seguito i primi viaggi di Papa Giovanni Paolo II in Sudamerica, Messico, e quello storico a Cuba, il quale attualmente scrive per il sito “Globalist” e collabora anche per la “Gazzetta del Sud”. 

  • Che presidente è stato Sergio Mattarella? 

«È stato un buon presidente, ricco di una tradizione familiare di formazione cristiana, che considerava la politica come servizio. Suo padre Bernardo era stato più volte ministro, giovane attivista del Partito Popolare e fiero oppositore del Partito Fascista. Giurista e membro dell’Assemblea Costituente, Bernardo Mattarella aveva frequentato Alcide De Gasperi, Giorgio La Pira, Aldo Moro e l’allora Mons. Giovanni Battista Montini. Nel suo operato, come del resto ha fatto il figlio Sergio, Bernardo Mattarella aveva sempre cercato di coniugare l’ispirazione cristiana con i problemi della società contemporanea in profonda evoluzione. Tutto questo ha contribuito alla preparazione prepolitica e politica insieme di Sergio Mattarella e man mano ha rappresentato un percorso da seguire. Quindi migliorarsi e fare sempre meglio durante il proprio operato, anche dinanzi alle grandi sfide, l’ultima delle quali, la pandemia. In questi ultimi due anni Mattarella è stato un elemento importante, il presidente si è riconosciuto nella sciagura immane che abbiamo vissuto e stiamo ancora vivendo e nello stesso tempo ha svolto un’azione di vicinanza, soccorso, condivisione e anche di fiducia nell’andare avanti. Essere quindi solidali come cittadini, come Paese, avendo sempre costantemente un faro, quell’apertura e quell’attenzione verso l’Europa». 

  • Draghi è il candidato “naturale” per andare al Quirinale, perché ha tutte le qualità che servono a un presidente della Repubblica in questa fase complicata della nostra vita politica. Ma quali scenari si aprirebbero se il Premier diventasse il nuovo inquilino del Quirinale? 

«Gli scenari purtroppo sono molto confusi, c’è molta ambiguità. Si dice che serve una coalizione grande, serve “un campo largo”, perché è necessario mostrare le difficoltà e offrire una strada che venga condivisa o quantomeno sulla quale un po’ tutti si riconoscano. Non ci sono alternative, i problemi sono gravi. Draghi è un uomo delle Istituzioni, anzi lui stesso si è definito “un nonno al servizio delle Istituzioni”. Personalmente, ritengo che sia necessario proseguire il cammino di questo governo, non è scontato che Draghi venga eletto al Quirinale. Il Quirinale è una cosa molto delicata, la cui funzione può essere svolta ed esercitata in modo diverso. Il Presidente può essere una personalità che guarda intorno, che incontra all’estero, che vede quando vuole i leader politici, nomina e manda alle Camere il Premier e così via. Complicata la vicenda che ha portato Mario Draghi a Palazzo Chigi lo scorso febbraio 2021. Mattarella e Draghi hanno operato insieme per arrivare a questa soluzione, che era l’unica possibile. “Due uomini di buona volontà”, direbbe Papa Francesco. Mattarella è riuscito a convincere Draghi ad assumersi sulle spalle la fatica, la grana di tentare di formare il governo. Draghi non ne voleva sapere, era scaduto da poco, nel 2019, il suo mandato di Presidente della Banca Centrale Europea e voleva riposarsi. Draghi ha accettato con riserva l’incarico, è riuscito in qualche modo a fare quel miracolo di un governo nel quale, tranne Fratelli d’Italia, tutti i partiti sono presenti. Draghi sta andando avanti con una maggioranza larga, praticamente da unità nazionale, perché la grave situazione lo richiede. Pensiamo ai rapporti europei, i quali in gran parte finanziano quelle spese straordinarie che dobbiamo sostenere. Altrimenti saremmo andati a scatafascio. Inoltre il governo Draghi ci consente di avere un ottimo ruolo in politica estera, mi riferisco anche al rapporto con il nuovo Presidente degli Stati Uniti, Joe Biden. Sono tanti i problemi da affrontare, quindi non possiamo dire a cuor leggero: “Mandiamo Draghi al Quirinale”. Innanzitutto ci vuole l’accordo per farlo, ma se Draghi venisse eletto, chi verrebbe al posto suo? Chi guiderebbe il Paese?» 

  • Nel suo discorso di fine anno Mattarella tra i tanti argomenti, ha parlato di “Repubblica unita e solidale” come “patriottismo concretamente espresso” nella vita del Paese. Chi sono oggi i nuovi patrioti? 

«Siamo noi italiani. Sono gli italiani di sempre, donne e uomini generose/i e forti che hanno a cuore, capiscono e comprendono i principali problemi del Paese, cominciando dal problema più grave: i più deboli, senza dimenticare i problemi del territorio. Penso alle varie calamità naturali che nel corso degli ultimi anni hanno afflitto la nostra fragilissima Italia. Per affrontare questi problemi non serve la corruzione, ma l’intelligenza della sfida storica, capacità e una visione della politica vista in senso solidale, con una concreta attenzione verso chi ne ha più bisogno, la parte più sofferente della popolazione. Giorni fa Papa Francesco durante l’udienza al Corpo Diplomatico presso la Santa Sede ha denunciato drammi e ingiustizie, domandando azioni e prospettive per il futuro e indicando azioni concrete per i profughi, le persone in fuga dall’Afghanistan, così come i migranti al confine tra Usa e Messico: accoglienza, protezione, promozione umana, integrazione». 

  • “Vogliamo dirlo con chiarezza: è arrivato il tempo di eleggere una donna”. È il senso dell’appello di scrittrici, intellettuali e artiste, affinché sia una donna a salire al Quirinale. “Si parla di democrazia dei generi ma da questo punto di vista l’Italia è una democrazia largamente incompiuta”. Non sono ancora maturi i tempi affinché una donna, come per esempio Rosy Bindi, Emma Bonino, Anna Finocchiaro, Marta Cartabia, diventi il 13º Presidente della Repubblica Italiana? 

«Secondo me i tempi non sono maturi, sono “maturissimi”, purtroppo non è ancora matura la classe politica. Sarei favorevole all’elezione di Marta Cartabia, donna notevolissima, con titoli di studio e di lavoro encomiabili, è stata la prima donna a ricoprire la carica di presidente della Corte Costituzionale. Apprezzo anche Elisabetta Belloni, nuovo Direttore generale del Dipartimento delle informazioni per la sicurezza, prima donna alla guida di una struttura dell’intelligence. Cartabia e Belloni, due donne che sicuramente darebbero un’immagine rispettosa dell’Italia nel mondo».

  • Nelle elezioni presidenziali del passato della nostra giovane Repubblica, quali indicazioni, pensieri e riflessioni hanno espresso i cattolici? 

«Hanno dato un contributo importante, ma quasi sempre per l’elezione alla presidenza della Repubblica si arrivava con tutto per aria, senza un vero e proprio candidato. Inoltre c’erano molte lotte di potere personale anche all’interno della Democrazia Cristiana. Ciascun “papabile” cercava di fare il suo gioco. Nel corso dell’elezione del presidente della Repubblica del 1971, in una scheda apparve questa frase: “Nano maledetto non sarai mai eletto”, era chiarissimo il riferimento a un illustre candidato Dc la cui statura fisica non era pari a quella politica. Amintore Fanfani aveva, infatti, il complesso della statura, ma credeva molto in quello che faceva, era amico di Giorgio La Pira, e ovviamente ambiva a diventare Presidente della Repubblica. Al suo posto venne eletto Giovanni Leone. Una volta eletto, il nuovo Presidente della Repubblica non era più l’esponente politico di un determinato partito, ma un uomo chiamato a svolgere un servizio nell’interesse del bene comune. Lo stesso termine “bene comune” considerata un’espressione quasi clericale, utilizzata dai preti la domenica durante la Santa Messa, ormai fa parte del lessico politico».

  • Nel dibattito di questi ultimi mesi tra i partiti nella individuazione di un candidato al Quirinale eticamente autorevole, qual è il profilo ideale indicato dal pensiero cattolico?

«Ieri come oggi, occorre un uomo che sappia servire la patria e le persone, soprattutto i più fragili, i più deboli, le persone con handicap fisico, costrette a muoversi in carrozzina. Quindi aggiungo, costruire città a misura di uomo, senza barriere architettoniche. Questo è un dovere morale per chiunque, a maggior ragione per chi aspira a diventare Presidente della Repubblica». 

  1. “…Personalmente, ritengo che sia necessario proseguire il cammino di questo governo”
    Condivido in pieno e sottoscrivo questo passaggio di Nuccio Fava.
    Che indica molto bene le tensioni e i problemi legati all’attuale momento politico ( e partitico) italiano, e sulle complicazioni per la nostra democrazia, nel caso in cui Draghi dovesse salire al Quirinale.
    Sui valori di quel cattolicesimo democratico e popolare che Fava cita, e che rappresentano le radici della sua formazione cultural-politica, mi viene solo da pensare che – senza che ce ne rendiamo conto – sono in via di totale estinzione !
    Non è più tempo di un partito cattolico di centro e di una nuova DC, come spesso si legge da alcuni romantici e brave persone con gli occhi rivolti al passato.
    Ma è certamente tempo di fare almeno riunire e incontrare in un Forum, in una Fondazione,in un Convegno periodico, le tante anime isolate, le tante sassociazioni solitarie, i tanti leader che si parlano da soli,i tanti gruppi sparsi in Italia, che si richiamano a questa nobile tradizione sulla via del tramonto.

  2. E’ giunto il momento di cambiare pagina…Ormai il Parlamento ha il dovere di proporre una revisione sulle modalità con cui viene eletto il Presidente della Repubblica abbinato ad altre riforme inscindibili, poiché è stata esaurita ogni probabilità che il sistema tenga! Questa forse sarà l’ultima volta che il Presidente della Repubblica sia eletto come avverrà, tra giochini e strategie di questo o quel partito, più o meno avvezzo a far arrivare al nastro di arrivo questo o quell’altro, purché non sia di espressione di destra, ritenendolo indegno di “alto profilo istituzionale”. Così non va bene…! e quando non si dà dignità alla parte politica avversa, si finisce con non aver più consenso e quindi a far prevalere proprio coloro che non vorremmo mai fossero a rappresentarci in campo istituzionale e a garanzia di tutti. Dunque? Le riforme adeguate ad un mondo ormai diventato “altro” sono necessarie come l’aria che respiriamo e se non si vuole cadere nelle asfittiche dietrologie delle ideologie, è necessario trovare in questo ultimo tratto di legislatura, un colpo di reni, che faccia percepire la volontà di cambiamento vero… oltre al “vuoto” istituzionale, c’è un abisso peggiore che si chiama “autoritarismo”. Ma di questo Mattarella ne è ben consapevole e forse cambierà opinione perché non ci sono alternative ai due pilastri su cui l’Italia si sta giocando il futuro nostro, dei nostri figli e nipoti! chi vivrà vedrà! speriamo in ogni caso il bene di tutti

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