Crisi di governo. La destra plebea, la sinistra free floating

La Lega e Forza Italia hanno imputato al PD e al M5S la responsabilità della caduta del Governo-Draghi. Bastava, dicono, un Draghi-bis senza i pentastellati. Ma il PD, legato a doppio filo nel “campo largo” con il M5S, avrebbe rifiutato… 

Ora, l’approdo ad un Draghi-bis era certamente possibile. Solo che doveva essere la conclusione di una ri-approvazione dell’Agenda-Draghi: i voti a favore di un programma avrebbero definito il nuovo perimetro. Pertanto Draghi si è presentato al Senato con l’elenco dei SI e dei NO. SI: agli aiuti militari all’Ucraina, agli Italiani in difficoltà (Agenda sociale), alle riforme necessarie per accedere ai fondi PNRR. NO: allo scostamento di Bilancio, con conseguente aumento del debito pubblico (Salvini aveva chiesto 50 miliardi), a ulteriori rinvii della Legge sulla concorrenza, alla “protezione” corporativa dei taxisti, all’ulteriore rinvio della regolamentazione delle concessioni balneari, a ulteriori rinvii sulla riforma della giustizia, ad un reddito di cittadinanza “cattivo”, al superbonus pessimo, fonte di truffe e di ladrocini…

Il M5S, la Lega, Forza Italia hanno respinto il programma. La Lega e Forza Italia lo hanno fatto un modo vile, perché, invece di votare apertamente NO, sono usciti dall’Aula.

Perché hanno votato NO? Elementare Watson! Perché non sono d’accordo sull’Agenda Draghi, né sulla politica estera né sulla politica socio-economica. Non lo sono, perché hanno in mente l’illusorio “tirare a campare” di un’Italietta sovranista-populista, che fa debito pubblico, che protegge le corporazioni e le lobby, che genera lo scontento per cavalcarlo. No ai sacrifici, no all’assunzione di responsabilità. Questa è l’Italia del sovranismo-populismo pentastellato e leghista, in convergenza evidente.

Un’italia chiusa dentro l’orizzonte degli interessi privati

Nella sua prima uscita sul TG1 Salvini non ha trovato di meglio che proporre quali temi centrali delle elezioni di settembre “Quota 41” per i pensionamenti e “la pace fiscale”, con la rottamazione delle cartelle esattoriali. Questa è tutta l’Italia che la destra sovranista ha in mente, in questa drammatica estate 2022. Un’Italia che non è di questo mondo.

Occorre prendere atto che parecchi Italiani – le elezioni del 25 settembre diranno quanti – condividono questa visione surreale, tutta chiusa dentro l’orizzonte degli interessi privati di ciascuno, senza orizzonte comune, senza prospettive di sviluppo e di ruolo europeo e mondiale. Un’Italia che sta invecchiando, senza giovani, sempre più in fuga verso l’estero, ripiegata sul proprio fatale declino. Che la politica di destra punta a rendere morbido e indolore, accumulando un debito pubblico crescente sulle spalle delle generazioni più giovani.

Il “popolo” si sta trasformando in “plebe”, quella delle piazze reali e virtuali, quella dei sondaggi e dei social. I “circenses” non mancano. Quanto al pane, non è più così sicuro. Il populismo sta arrivando al plebeismo da stadio.

Il passaggio dall’egemonia berlusconiana sulla destra italiana a quella di Salvini/Meloni scandisce questa metamorfosi/degenerazione del populismo in plebeismo rissoso e rabbioso da campagna elettorale. E segnala, beninteso, la fragilità estrema e l’inconsistenza finale del liberalismo di Forza Italia.

La sinistra e il progetto del “campo largo”

E la sinistra? Il ribaltone tattico promosso da Renzi nel 2019, che portò alla caduta del governo giallo-verde e alla costituzione di quello giallo-rosso, fu motivato dal pericolo autoritario e antieuropeista di Salvini.

La convergenza tattica del M5S sull’operazione-Renzi fu dovuta principalmente all’esigenza di riaffermare l’egemonia pentastellata sul governo, che l’incompetenza del suo personale politico raccogliticcio aveva pregiudicato. Se Salvini aveva preso il posto della motrice del treno del governo, il PD si accomodò tranquillamente in coda. Perché? Tutta tattica dorotea per libido di potere? Non solo.

Una parte consistente del PD fu e restò – resta? – convinta che il M5S fosse un nuovo modo di essere e di stare a sinistra, che Renzi aveva tradito. Solo pensando così si poteva, in un primo tempo, indicare Giuseppe Conte come “un fortissimo punto di riferimento per tutti i progressisti” e, poi, progettare, fino ad alcune ore fa, con Enrico Letta di costruirci il “campo largo”. Da Orlando, a Boccia, a Provenzano, a Emiliano, a Letta questa è stata la filosofia. 

L’Agenda Mattarella-Draghi ha spezzato le illusioni di questa sinistra “storica” post-democristiana e post-comunista e ha tracciato un nuovo crinale della politica italiana. Lo ha fatto nel nome del destino del Paese.  Ed è questo che si gioca il 25 settembre del 2022. Il crinale dello scontro ideologico e politico in tutto l’Occidente è quello della democrazia liberale sul terreno istituzionale, social-liberale sul terreno economico-sociale – “nessuno rimanga indietro”, protezione sociale, concorrenza, meriti e bisogni – euro-atlantica su quello internazionale, alleata e solidale con le altre poche democrazie del pianeta. 

Terzo governo in cinque anni: l’instabilità cronicizzata

Chi arriverà per primo a controllare il crinale dei due competitori: la destra a trazione sovranista/populista illiberale o la sinistra, ma a quale trazione?  Liberale? 

Tuttavia la crisi folle del terzo governo in cinque anni obbliga a riproporre una constatazione non solo immediatamente politica: il sistema politico-istituzionale italiano si conferma incapace di produrre quel bene primario che è il governo del Paese per cinque anni.

Non è mai stato in grado. A tale impotenza istituzionale, prevista e voluta dai Padri costituenti tra il 1946 e il 1948, il sistema dei partiti ha supplito fino al 1992 nel modo che conosciamo: durata minima dei governi, ma continuità dei partiti e del personale politico. La biografia di Andreotti è altamente simbolica: Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri già il 1° giugno 1947, Presidente del Consiglio dimissionario il 28 giugno 1992.

La novità è che i partiti hanno mantenuto la collocazione e i poteri rispetto alle istituzioni – continuano ad esercitare la proprietà privata incontrollata sulle istituzioni di tutti – ma hanno cambiato sostanza sociale: sono diventati sindacati di interessi socio-ideologici.

Assecondando passivamente la frammentazione socio-culturale del Paese, si sono rinnovati quali rappresentanti dei frammenti. Incapaci di “ricomporre l’infranto”, sono diventati corporativi e agenti di corporativizzazione della società.

Nati per fare da ponte tra interessi particolari e istituzioni universali, hanno occupato a fini privati anche le istituzioni. Era inevitabile che accadesse? Sì!  È solo la conseguenza dello schema originario, per il quale i partiti erano il nocciolo duro della statualità, avendo essi rifondato lo Stato nel 1946-48. La modifica di questo schema del 1946-48 è ormai una necessità storica. Nessuno si può illudere che all’indomani del 25 settembre 2022 l’Italia avrà un governo stabile per cinque anni. 

  1. Dal tempo in cui, alcuni decenni fa, Bettino Craxi propose una Grande Riforma delle istituzioni, non ho mai smesso di sostenere la necessità di una riforma profonda del nostro sistema politico-istituzionale.
    L’ultima volta che ho seguìto le indicazioni di voto di Giovanni Cominelli fu proprio in occasione del referendum sulla riforma Renzi, di cui lui era un sostenitore accanito.
    Oggi, a poche settimane da un voto politico di una certa importanza, la consueta invettiva finale dell’articolo di Cominelli contro il sistema dei partiti i quali “continuano a esercitare la proprietà privata incontrollata sulle istituzioni di tutti”, suscita in me qualche perplessità.
    Vedo forte il rischio che suoni come un appello in favore dell’astensione, protestataria e qualunquistica. Di cui credo che nessuno avverta la necessità.

  2. L’Italia sta diventando sempre di più, un Paese “ignorante” e i dati lo confermano sulle persone che in percentuale sempre più alto, nei “giovani”, non riescono a capire ciò che leggono, prevalentemente arricchiscono le file dei “net”, apatici e senza nessun desiderio di oltrepassare la barricata dell’indifferente vita, passata sempre connessi, ma sconnessa da aspirazioni a partecipare ad un futuro comune…Anestetizzati da droghe ed alcool, senza coscienza di sé, e di ciò che capita attorno, chiediamo loro di andare a votare? preferiscono andare a farsi una bella rissa…almeno muovono le mani ed i piedi…Amara è la riflessione, ma ancora più amara è la consapevolezza di cosa e quanto dei valori considerati sani, abbiamo noi saputo, generazione post bellica 45,trasmettere loro: certamente non la voglia di lottare per ideali che con la pancia(meglio il portafogli)piena, vengono meno dando sfogo a comportamenti egoistici portati all’esasperazione per il “troppo” di tutto! Non parliamo poi delle conseguenze delle tecnologie avanzate che sono state fatte passare come strumento democratico ma che hanno invece fatto “isolare” intere nuove generazioni dietro ad uno schermo di un pc o telefono cellulare senza aver dato prima da studiare il libretto delle istruzioni… Così, ci siamo ritrovati a farci governare da persone “iscritte” su web, che votati da una minima percentuale, sono riusciti ad entrare nelle file del nostro Parlamento…e a parte alcune doverose e lodevoli eccezioni, abbiamo dato la patente di guida a chi non sa distinguere il freno dall’acceleratore… e secondo voi, me compresa, le responsabilità di ciò che sta avvenendo, a chi le dobbiamo imputare, se non ad una classe dirigente politica e sociale, che ha pensato solo ai propri interessi di parte? Tardi ormai…e quindi sarà necessario resettare tutto e ricominciare a scrivere su una pagina bianca e vergine, ciò che il mondo di oggi reclama, ma quando e chi saprà scriverla…non è dato per ora saperlo…buon proseguimento di vita a tutti!

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