La vita delle Conferenze della San Vincenzo. Fare la propria parte dentro un orizzonte condiviso

L’anno sociale della San Vincenzo si apre con la consueta assemblea e i temi cardini individuati sono comunione, partecipazione e missione. Proprio quelli indicati dal vescovo Francesco, che si inseriscono nel solco del cammino che la Chiesa italiana e bergamasca stanno intraprendendo e provando a mettere in pratica con un atteggiamento e uno stile sinodale condivisi e vissuti.

Comunione come unione-comune, sottolinea come ciascuno e ciascuna siano parte di un gruppo più ampio, di una comunità. Partecipazione come chiamata a fare ognuno il proprio pezzo, a sentirsi parte di una comunità che opera in sinergia per un bene più grande, per tutti. Missione come un cammino che non può procedere in parallelo a quello di altri, ma che si intreccia con le strade di altri, riconoscendosi reciprocamente indispensabili gli uni per gli altri.

I Presidenti di Conferenza hanno un compito davvero significativo per la cura delle relazioni dentro e fuori il gruppo di volontari. Vivono questo servizio con serietà e impegno, e spesso dalle loro riflessioni nascono pensieri che meritano una condivisione, al di là dell’appartenenza all’Associazione, perché sono segno di profonda comunione con l’uomo.

Alessandra Viscardi è presidente di Conferenza a Villa d’Almè e all’Assemblea ha portato la sua riflessione.

Ogni membro di una Conferenza ha una responsabilità

Mi sono soffermata un po’ su questi due termini, condivisione e partecipazione, perchè secondo me è importante porre l’attenzione non solo sull’idea della Conferenza che partecipa e condivide progetti o iniziative con altri enti, ma sul fatto che ogni persona, ogni volontario che partecipa alla Conferenza condivide un “pezzettino” della stessa, se ne sente responsabile e condivide questi aspetti con gli altri.

Quando 5 anni fa mi hanno chiesto di fare la presidente della conferenza di Villa d’Almè, dopo una lunga riflessione ho deciso di accettare innanzitutto per due motivi: avevo appena ascoltato Giampietro Marcassoli (allora Presidente provinciale) che  pochi mesi prima ci aveva avvisato della scadenza definitiva del suo mandato e  testimoniava che dopo 6 anni fosse giusto che qualcun altro assumesse quel ruolo, perché ciascuno porta qualcosa di diverso e nuovo,  e aveva sottolineato che fare il Presidente era innanzitutto un servizio… allora mi sono detta: “Beh, se è un servizio allora non devo tanto fare, inventare, proporre, ma devo appunto mettermi al servizio, quindi ascoltare, sentire, provare a capire e poi alla fine provare ad agire”. Questo mi aveva tranquillizzato molto.

Ogni volontario può assumersi un compito

Ho chiesto alle mie amiche vincenziane di darmi per forza una mano perché da sola non potevo fare niente… E in riferimento proprio a questo ho pensato a quanto fosse importante che ognuno di noi si “prendesse” un pochino, un pezzettino della San Vincenzo, lo facesse proprio, cioè se ne sentisse responsabile e lo condividesse sia con gli altri volontari sia con gli enti esterni.

Perciò ognuno ha assunto una specie di “compito”, qualcosa che è suo e che va completare l’intero.

Nella mia “squadra”, perciò, c’è chi mantiene i contatti di rete e partecipa alla Caritas, chi va a trovare gli anziani in casa di riposo, chi fa le pulizie in oratorio e mantiene i contatti con il curato, chi fa da riferimento per il lavoro con alle catechiste, chi consegna le borse.

Questo mettersi a disposizione è fondamentale non solo perché da solo nessuno ce la potrebbe fare ma perché in questo modo ciascuno si sente responsabile e si prende a cuore un pezzettino del servizio e lo condivide con gli altri riportando il suo vissuto e le sue esperienze. Tutti si devono sentire protagonisti e parte attiva e tutto ciò arricchisce sia a livello singolo che a livello di gruppo.  Condividere, dividere con, spartire insieme agli altri, cioè avere qualcosa in comune e qualcosa che ci lega e questo secondo me è proprio dello spirito vincenziano, ma va oltre, lega ognuno in una comunità.”

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