Verso l’alt(r)o, meditazione della settimana. “Strumenti insufficienti” ma degni d’amore

Pope Benedict XVI waves to faithful and pilgrims as he arrives at the Marienfeld, a former open-pit coal mine, in Kerpen, near Cologne, Germany, Saturday, Aug. 20, 2005. Hundreds of thousands of Roman Catholics streamed into the open field for an evening service led by Pope Benedict XVI as part of the church's World Youth Day festival. (AP Photo/Pier Paolo Cito, Pool)

Cari fratelli e sorelle, dopo il grande papa Giovanni Paolo II, i signori cardinali hanno eletto me, un semplice ed umile lavoratore nella vigna del Signore. Mi consola il fatto che il Signore sa lavorare ed agire anche con strumenti insufficienti e soprattutto mi affido alle vostre preghiere. Nella gioia del Signore risorto, fiduciosi nel suo aiuto permanente, andiamo avanti. Il Signore ci aiuterà e Maria sua Santissima Madre, starà dalla nostra parte. Grazie»

Benedetto XVI

In questi giorni, in occasione delle esequie di papa Benedetto XVI,  molto si è parlato della sua vita, dei suoi insegnamenti e delle sue scelte.  Anche sui social sono rimbalzati video, foto e frasi celebri  pronunciate da Joseph Ratzinger.  Tra i tanti discorsi che egli ha fatto  è  ri-diventato virale quello che  fece il giorno della sua elezione al soglio di Pietro, il 19 aprile 2005, e che ho riportato qui sopra. 

Sembra quasi che il papa nel suo primo discorso voglia dire: “ Sono consapevole delle mie debolezze e fragilità, sono conscio di essere anche io un peccatore. Tuttavia, sono ancora più fiducioso che il Signore non smetterà mai di amarmi nonostante tutto. Anzi, ho fiducia Egli riuscirà a portare avanti la sua storia d’amore con l’umanità, anche servendosi dell’ uomo fragile che sono.” Accanto al grande realismo che accompagna la considerazione della propria debolezza, trova posto la fiducia nell’onnipotenza di Dio. Ciò vale per ogni essere umano. L’uomo è chiamato ad essere strumento d’amore nelle mani di Dio, ma spesso risulta inefficiente e inefficace a compiere questo lavoro. Dio però non cede, riesce anche con lo strumento di per sé inefficace a portare a termine il lavoro. Non solo. Lui quello strumento lo ama, lo chiama per nome. Ne benedice la vita. La differenza  non la fa il limite dello strumento, ma la bravura dell’artigiano!

Alla luce di queste considerazioni  alcune domande sorgono anche in me, oggi. Sono consapevole di essere anche io limitato e fragile e non un superuomo? Mi rendo conto che però questi miei limiti non impediscono a Dio di amarmi e di scegliermi anche se sono strumento insufficiente per portare il Suo Amore agli Altri? Mi rendo conto che  la mia vita è benedetta?

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