Verso l’8 marzo. Annachiara Valle: “La vera parità è ancora lontana, e nessun diritto è conquistato per sempre”

“Le donne hanno segnato la storia dell’Italia repubblicana a partire dalla Resistenza e dalla Costituzione nell’affermazione di una democrazia sostanziale e nella spinta alla modernizzazione della società”, scrive Rosy Bindi nella Prefazione del libro“Le donne della Repubblica. Una Costituzione che diventa reale” (Edizioni San Paolo 2022, Prefazione di Rosy Bindi, pp. 218, 18,00 euro), di Annachiara Valle. 

La copertina del volume

La giornalista e scrittrice racconta le donne che, fin dalla stesura della Costituzione, fra il 25 giugno 1946 e il 31 gennaio 1948, hanno saputo incarnare, in oltre settantacinque anni di Repubblica, i valori fondanti di quella Carta. 

Una galleria di volti da scoprire per le giovani generazioni, e da riscoprire per chi allora era piccolo, che spazia da Tina Anselmi a Rosanna Oliva De Conciliis, da Franca Viola a Luisa Spagnoli, da Francesca Serio a Giulia Solomita Camera. 

Abbiamo intervistato Annachiara Valle, esperta di vita politica italiana, che ha scritto di terrorismo e di conflitti sociali, attualmente inviata e vaticanista di “Famiglia Cristiana”. 

  • Nella Prefazione Rosy Bindi si domanda se tutti quei diritti e tutte quelle libertà faticosamente raggiunti in 75 anni di vita democratica sono ancora alla portata di tutte o se stiamo invece rischiando un grave arretramento. Che cosa ne pensa al riguardo?

«Penso che stiamo rischiando un arretramento. È vero che sembra che le donne siano più presenti anche nella vita pubblica, per la prima volta abbiamo un Presidente del Consiglio donna, ma è anche vero che, in realtà, per le donne, c’è meno spazio. Pensiamo, per esempio, al fatto che abbiamo il primo Governo presieduto da una donna, ma ci sono soltanto sei donne ministro e di queste tre sono senza portafoglio. E poi le donne ancora patiscono molto, non abbiamo una reale parità salariale, uguali opportunità di carriera e di affermazione personale. Ci sono diritti che dobbiamo conquistare e difendere. E vale non solo per le donne. Penso, in generale, alla democrazia, alla libertà: niente è conquistato per sempre. Bisogna vigilare perché, purtroppo, si può tornare facilmente indietro. Lo abbiamo visto anche in altri Paesi». 

  • Una pattuglia di 21 donne (1) vennero elette il 2 giugno del 1946 all’Assemblea Costituente, l’organo legislativo preposto alla stesura di una Costituzione per la neonata Repubblica, che diede vita alla Costituzione della Repubblica Italiana nella sua forma originaria. La parità uomo-donna era prioritaria per le Costituenti il cui obiettivo era emancipare la popolazione femminile dalla subalternità cui era condannata durante il regime fascista? 

«Era prioritario per loro ricostruire l’Italia ed era prioritario che fosse riconosciuto anche l’apporto che le donne avevano dato alla Resistenza, alla liberazione dell’Italia. Molte di loro erano state arrestate, violentate, uccise. Molte donne erano rimaste a casa mentre i padri e i mariti erano in guerra. Era importante che alle donne venisse riconosciuta una parità che era sostanziale. Il capofamiglia, per esempio, era considerato sempre l’uomo. Ed era lui, sul posto di lavoro, che percepiva un di più proprio perché aveva una famiglia da mantenere. Le donne che lavoravano e che non avevano marito o erano rimaste senza compagno durante la guerra, non avevano diritto, pur avendo dei figli da mantenere, ad avere questa voce in più di salario. Le Costituenti cercarono di far scrivere in Costituzione e di rendere effettiva quella parità che fu poi sancita nell’Articolo 3 della Costituzione: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”. Desidero sottolineare un episodio: quando le donne arrivarono per la prima volta in Parlamento, tutti i giornali descrissero come erano vestite, se fumavano o se erano truccate. Non si soffermarono sul loro operato o sui loro titoli di studio. Mentre per gli uomini l’attenzione fu sul loro valore sociale, sulla loro cultura, sulle donne l’attenzione fu su come erano pettinate». 

  • Grazie all’impegno creativo delle Costituenti, alla capacità di fare alleanze senza annacquare le distinzioni, la nostra Costituzione è un testo lungimirante? 

«Sì, è un testo lungimirante che in questi anni ha resistito a molteplici attacchi. Le Costituenti, così come i Costituenti, sapevano che uscendo da una guerra, dovevano mettere in sicurezza il Paese. Avevano imparato la lezione, Mussolini non era arrivato al potere con un colpo di Stato, così come Hitler. Entrambi conquistarono democraticamente il potere, dopo si trasformarono in dittatori. Tutta l’architettura costituzionale è antifascista, nasce così perché si vuole preservare l’Italia da un’altra guerra e si vuole preservare l’Italia da un altro dittatore». 

  • La partecipazione alla Costituente segnò per molte l’inizio di un lungo impegno in Parlamento, come Nilde Iotti. Ce ne vuole parlare? 

«Nilde Iotti (Reggio Emilia, 10 aprile 1920 – Poli, 4 dicembre 1999), è stata una delle donne che più di altre ha partecipato alla vita politica italiana. La prima donna nella storia dell’Italia repubblicana a ricoprire la terza carica dello Stato, la presidenza della Camera dei Deputati. Compagna di Palmiro Togliatti, segretario nazionale del PCI, da costituente e da deputata ha collaborato attivamente, anche con le donne democristiane, per le battaglie in cui credeva».

  • Accanto alle Costituenti ha affiancato le biografie di alcune donne della società civile, che nei primi anni della Repubblica hanno compiuto scelte di libertà e autonomia, infrangendo antichi tabù e pregiudizi. Desidera citare una di loro? 

«Spesso cito la storia di Giulia Solomita Camera, che è stata la prima donna a guidare un autobus. Spesso le grandi conquiste che le donne hanno fatto sono nate da piccoli passi. Nel 1961 Giulia si presentò alla motorizzazione per sostenere l’esame per la patente D, ma le risposero che “solo un folle può dare la patente per guidare un autobus a una donna”. Lei insistette per mesi e mesi finché non le fecero dare l’esame. Per anni guidò senza mai una multa, un incidente, un ritardo. Oggi ci sembra normale che le donne guidino i taxi o gli autobus, ma se lo possono fare è anche grazie alla testardaggine di chi le ha precedute».

  • Nessuna donna è mai stata eletta Presidente della Repubblica mentre solo nel 1976 l’Italia avrebbe visto nominare una donna ministro. Chi era? 

«Le donne in Parlamento sono poche se ci confrontiamo con gli altri Paesi europei. Solo nel 1976 Tina Anselmi (Castelfranco Veneto, 25 marzo 1927 – Castelfranco Veneto, 1º novembre 2016) diventa Ministro del Lavoro e della previdenza sociale nel governo Andreotti III. La Anselmi, ex partigiana, in seguito ricoprirà altri incarichi molto importanti. Da ministro della Sanità costruisce il Servizio Sanitario Nazionale (SSN). Pensiamoci: se abbiamo un servizio sanitario nazionale pubblico che funziona lo dobbiamo a una donna».  

(1) Adele Bei, Bianca Bianchi, Laura Bianchini, Elisabetta Conci, Filomena Delli Castelli, Maria Federici, Nadia Spano, Angela Gotelli, Angela Guidi Cingolani, Nilde Iotti, Maria Jervolino De Unterrichter, Teresa Mattei, Angela Merlin, Angiola Minella, Rita Montagnana, Marina Nicotra, Teresa Noce, Ottavia Penni Buscemi, Elettra Pollastrini, Maria Maddalena Rossi, Vittoria Titomanlio.

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