Verso l’alt(r)o, la meditazione della settimana. Che cosa vuol dire ”essere fratelli”

“Signore, quando ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, o assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando mai ti abbiamo visto straniero e ti abbiamo accolto, o nudo e ti abbiamo vestito? Quando mai ti abbiamo visto malato o in carcere e siamo venuti a visitarti?”. E il re risponderà loro: “In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me”. 

(Mt 25,37-40)

Qualche giorno fa queste parole mi hanno colpito all’improvviso quasi lacerandomi il cuore. Mi hanno colpito perché erano accompagnate, e lo sono tutt’ora, da immagini di barche distrutte, di corpi in mare, di bambini che stanno passando la loro infanzia tra le bombe.

Mi hanno colpito come fendenti perché hanno risvegliato uno sguardo, assopito quasi dalla quotidianità di notizie simili, ormai così presenti da essere diventate quasi abitudine.

Non desidero fare moralismi a riguardo o analisi che portino a risoluzioni di queste situazioni che ci stanno attorno, che coinvolgono persone che calcano la nostra stessa terra, desiderano e amano con la stessa tensione con cui ogni essere vivente vive.

Desidero piuttosto leggere questi eventi guardandoli con le parole del Vangelo poco sopra: “tutto quello che avete fatto ad uno solo di quei fratelli più piccoli, lo avete fatto a me”. 

È fortissimo. 

E io cosa posso fare? Come posso lenire le ferite, i drammi, i dolori di questi piccoli, di questi uomini, di questi fratelli?!

Prendere il Vangelo alla lettera

Una vocina sibilante si insinua dicendomi come in fondo quelle parole van prese non alla lettera, ma in termini generali: fratelli è una parola grossa e in aggiunta è addirittura troppo dire che quello che viene fatto a loro lo facciamo a Lui.

San Francesco invece diceva che il vangelo va preso “sine glossa”, ovvero senza commenti o annacquamenti. Fratelli significa fratelli, niente di meno.

Penso allora a come sarebbe se sentissi nel profondo che il povero che incontro mentre vado a prendere la metro tutte le mattine per andare al lavoro fosse un mio fratello, se cogliessi che i miei vicini di casa che litigano costantemente sono fratelli, che quell’adolescente con l’acne sul viso e in disparte al parco è un fratello, che se ci sono uomini e donne che già ora risentono della siccità quelli sono fratelli, che le immagini di morte che vedo sui social sono immagini di fratelli.

Fare spazio alle persone che ci sono affidate

Tanto non ci puoi fare nulla, ripete la voce sibilante che si palesa di fronte a queste immagini.

Ma sono fratelli!

Mi auguro che questo tempo di Quaresima ci aiuti a convertire il nostro cuore al Padre, per restituirci la nostra bellissima natura di figli amati e per questo fratelli. 

E che questo nostro sentirci figli amati ci faccia desiderare che il nostro cuore si allarghi tanto da fare spazio a tutti i fratelli che ci sono affidati. 

È pericoloso direbbe la voce sibilante, ti si spacca il cuore.

È la vita che mi è stata donata e non sono sicuro di voler vivere per meno della misura di figlio amato.

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