Convento dei Cappuccini: visite guidate sulle tracce di San Francesco con l’ordine francescano secolare

Particolare della Madonna con Gesù Bambino di Palma il Giovane

Non si sono mai fermati neanche durante i giorni più critici della pandemia, quando, per far fronte ai tanti bisognosi che chiedevano loro un aiuto, lasciavano, in conformità con le norme anti-Covid, un pasto caldo appena fuori dalla porta della mensa del convento.

Eppure, per l’Ordine francescano secolare di Bergamo partecipare alla Settimana della cultura indetta dalla Diocesi («Nella città di tutti») sarà un modo per ribadire, ancora una volta, quel ritorno alla normalità tanto desiderato. Un ritorno all’insegna della bellezza e dell’arte ma, soprattutto, all’insegna della figura di san Francesco d’Assisi.

«Abbiamo risposto con convinzione ed entusiasmo alla proposta della Diocesi – afferma Graziella Carbone, viceministro dell’Ordine francescano secolare di Bergamo –, pensando, in collaborazione con i Frati minori cappuccini, di organizzare delle visite guidate al convento e, in particolar modo, alle opere conservate nella chiesa di Sant’Alessandro in Captura, punto di riferimento per la fede bergamasca. Il titolo dell’evento sarà “Sulle tracce di san Francesco”».

Il luogo di culto sorge a sud-est di Bergamo, nell’area dell’antica «curtis Murgula» (dall’antico nome del torrente Morla). È documentato fin dall’875 ed è dedicato al patrono della città, nel punto in cui, secondo la tradizione, sarebbe avvenuta la sua cattura. La chiesa, che ospita anche le spoglie del servo di Dio padre Alberto Beretta, conserva, al suo interno, tre dipinti dal grande valore artistico: uno per mano di Palma il giovane («Madonna con Gesù bambino, sant’Alessandro, sant’Orsola, santa Chiara e san Francesco d’Assisi»), uno di Francesco Paglia («Madonna immacolata con san Francesco d’Assisi, santo Stefano, sant’Antonio di Padova e santo francescano») e uno ascrivibile a Giovan Battista Epis («Abramo riceve la visita di tre angeli»).

«Per quanto riguarda Iacopo Negretti – spiega Carbone –, l’opera è un olio su tela di 350 cm x 200, che può essere datato tra il 1615 e il 1620, ani in cui il pittore, sempre più richiesto, aveva cominciato ad adottare soluzioni compositive giocate su piani diagonali, in cui i personaggi si inserivano armonicamente in attitudini estatiche e rapite come, del resto, si evince dal volto commosso di sant’Alessandro.

La grande pala, interamente autografa, è ritenuta unanimemente dalla critica un’opera matura, nonché una delle poche dipinte da Palma il Giovane per la città di Bergamo. In essa, si rivela la complessa cultura figurativa dell’artista, nella quale accenti naturalistici si fondono, nell’osservanza dei dettami della controriforma, a una elegante maniera. Il risultato è di alta tenuta stilistica, anche se, come spesso accade nei capolavori di Palma il Giovane, negli ultimi anni della sua attività gestualità ed espressioni paiono come raggelate.

La pala di Francesco Paglia (316 cm x 198), invece, è un olio su tela che rappresenta l’esaltazione della Madonna come Immacolata, ovvero concepita senza peccato originale, secondo un dogma che fu sempre sostenuto dai francescani fin dalle origini dell’Ordine, ma che fu ratificato come articolo di fede solo nel 1854 da Pio IX. L’opera presenta i caratteri tipici della produzione matura del pittore, dominata da un’atmosfera cupa, rischiarata, a tratti, da subitanee accensioni luminose e cromatiche che si compongono in una tavolozza costruita su toni grigio-perlacei. Serrate nell’impianto compositivo, le figure dei santi, bagnate di luce, paiono emergere dall’ombra.

Il ricordo della maniera del Guercino, di cui Paglia fu allievo, si ammorbidisce mescolandosi ad accenti tipicamente lombardi, elemento che contribuisce a collocare il dipinto attorno agli anni Novanta del Seicento». Le vicende relative all’opera di Govan Battista Epis (olio su tela, 330 cm x 275,5) e alle modalità con cui pervenne alla sua ubicazione attuale sono pressoché sconosciute: si ignora sia la provenienza del dipinto che l’epoca del suo ingresso nella chiesa di sant’Alessandro in Captura.

Tuttavia, il recente restauro (condotto nel 2007 da Claudio Marziali e Iole Marcuccio), svelando firma e data di esecuzione, ha permesso di attribuire la paternità della tela al pittore bergamasco.

«La pala raffigura il noto episodio biblico della visita che Abramo riceve da parte di tre angeli, messaggeri di Dio – dice Carbone –, presso le querce che sorgevano nella località di Mamre. I tre, dopo aver mangiato ciò che Sara, moglie del patriarca, ha preparato loro, annunciano all’uomo che presto diverrà padre, nonostante l’età avanzata della donna. La notizia, origliata da Sara, ne provoca l’ilarità, spingendo i tre ospiti misteriosi a rivelare la propria identità, fino ad allora rimasta incognita. Il senso della scena, oltre a introdurre, in un certo senso, il tema della promessa messianica, è, fin dall’epoca bizantina, prefigurazione del banchetto eucaristico, ove Dio (uno e trino) siede a mensa con l’uomo e dona sé stesso».

Le visite si svolgeranno tutte a partire dalle ore 14.30, nelle giornate di venerdì 21 aprile, sabato 22 aprile e domenica 23 aprile. «Bergamo è, assieme a Milano, la prima presenza cappuccina in Lombardia – spiega Carbone –. L’attuale convento è stato rimesso a nuovo di recente: la ristrutturazione è terminata nel 2014 e gran parte della struttura è adibita a infermeria provinciale, luogo di accoglienza, cura e accompagnamento. A oggi, ospita 150 poveri a cui, ogni giorno, viene assicurato un pasto caldo. La fraternità è molto numerosa, conta infatti una trentina di frati». Una comunità vivace dal punto di vista del tessuto sociale.

«Per l’Ordine francescano la spiritualità di san Francesco non può essere relegata a un ambito soltanto della vita, ma deve far parte della vita stessa – afferma Carbone –. Anche per questo, apriamo ben volentieri le porte del convento alla cittadinanza. Del resto, le tre opere sono un buon motivo per visitare la chiesa e per comprendere al meglio chi siamo e cosa facciamo. E il collante di tutto ciò è la bellezza, base della vita. Senza di essa e senza cultura e arte saremmo tutti orfani».

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