Sabato Santo in Siria: l’attesa della resurrezione per ricominciare a sperare

“La Chiesa ha aperto le sue porte e le sue braccia per accogliere i fedeli che cercano nella preghiera una fonte di speranza e di consolazione. Ma questa Pasqua è anche un inno di grazie a Dio che ci ha salvati dalla morte. Siamo circondati da macerie, quelle della guerra vecchie di 13 anni, e quelle più recenti del terremoto del 6 febbraio scorso.

Camminare ad Aleppo oggi è fare l’esperienza delle macerie che sembrano impedire la ricostruzione materiale, morale e spirituale del nostro popolo. Ma come il masso che chiudeva il Sepolcro di Gesù è stato rimosso dalla potente forza della Risurrezione, così preghiamo che possa accadere con le macerie delle nostre case e del nostro Paese”.

Così padre Raimondo Girgis, Amministratore apostolico del Vicariato Apostolico di Aleppo dei Latini, racconta la Pasqua 2023 dei siriani, la tredicesima vissuta ‘in guerra’, la prima dopo il terremoto del 6 febbraio che ha fatto oltre 7mila morti e distrutto migliaia di abitazioni nelle città delle regioni settentrionali, come Aleppo.

Dopo il terremoto, una Pasqua da sfollati

Pasqua da sfollati. Le necessità dei terremotati aumentano di giorno in giorno. Saranno molte le famiglie cristiane che trascorreranno la Pasqua da sfollate nei centri allestiti dalle Autorità.

“Guerra e terremoto stringono i siriani in un abbraccio mortale – dice padre Raimondo, francescano della Custodia di Terra Santa – ma non ci facciamo intimorire dalla morte. La Pasqua ci ricorda che siamo i figli della Luce”.

E allora chiese agibili aperte, riti pasquali confermati, confessioni e preghiere come tradizione. Tra macerie rimosse, altari abbelliti da fiori e paramenti i cristiani siriani sono pronti a celebrare la Pasqua. 

“Viviamo nell’attesa della Resurrezione per ricominciare a vivere e a sperare – spiega l’amministratore apostolico di Aleppo -. La luce che fuoriesce dal Sepolcro vuoto di Cristo Risorto ci donerà la forza di riprendere il cammino. Sono i sentimenti provati dai nostri fedeli in questi giorni di Pasqua e il senso delle loro preghiere. Per quanto molte delle nostre chiese abbiano subito danni non mancheremo di celebrare degnamente questa Pasqua. Le scosse, anche se meno intense, continuano ma non ci impediranno di celebrare i riti pasquali”.

Un pensiero per le famiglie che hanno perso tutto

Il Calvario. “Sappiamo anche bene – riconosce padre Raimondo – che prima della Resurrezione c’è la passione e l’agonia. Il Calvario. Il nostro pensiero in questa Pasqua va alle famiglie che hanno perso tutto, a chi ha visto morire i propri cari, non solo cristiani, a chi non sa come vivere”.

Tutte le chiese siriane, dalla cattolica alle ortodosse, passando per la protestante, hanno aperto le loro porte agli sfollati della guerra e del sisma, spesso le stesse vittime di un tragico ‘doppio cratere’, dal quale sembra impossibile risalire. Accoglienza e assistenza che non si sono mai fermate. Padre Raimondo snocciola lentamente i nomi di questa agonia.

“Il Calvario in Siria porta il nome di povertà e fame. I prezzi sono aumentati, non si trova il pane, il carburante, l’energia elettrica è razionata, manca l’acqua. La nostra agonia è poi quella dei volti dei nostri giovani universitari che sempre in numero maggiore pensano ad emigrare perché qui in Siria non vedono futuro. Il nostro Calvario è vedere sempre meno matrimoni e sempre meno battesimi. Queste sono piaghe sanguinanti del nostro Paese. Stiamo cercando come Chiese, cattolica, ortodossa e protestante, di porre un freno a questa situazione. Da circa un mese abbiamo anche creato una Commissione ecumenica per coordinarci nell’aiuto e dare motivi di speranza ai nostri fedeli. Ciò significa, tra le tante cose, provvedere alla ricostruzione e al restauro delle case crollate, trovare a un lavoro a chi lo ha perso. Dare loro pace e tranquillità è un imperativo”.

A proposito di pace, conclude il frate, “paradossalmente il terremoto ha provocato un cambio nelle relazioni di diversi Paesi con la Siria. Vediamo delle piccole aperture che speriamo possano essere un segnale di negoziati futuri e di un miglioramento anche delle nostre condizioni di vita. Davanti al Sepolcro vuoto i siriani pregheranno incessantemente per la pace”.

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