Dietro le quinte del Sinodo con Fabio Colagrande. “C’è bisogno di rimettere al centro la fede”

sinodo
Un particolare del libro "Le favolose avventure di Sinodino" di Fabio Colagrande

“I bambini sono la bocca della verità”, ci ricorda un famoso proverbio. 

Fabio Colagrande, giornalista e blogger, ha scritto“Le favolose avventure di Sinodino” (Àncora Editrice 2023, Prefazione di Andrea Monda, Illustrazioni di Sagrà, pp. 160, 16,00 euro), con protagonista un Pierino versione Terzo Millennio, per riflettere su ipocrisie e incrostazioni della Chiesa, ma senza prendersi troppo sul serio

La copertina del volume

In queste “Fantacronache degli agguati di un impertinente che vuole svegliare il Sinodo”, come recita il sottotitolo del volume, Sinodino è un ragazzino insolente che vuole a tutti i costi partecipare al Sinodo sulla sinodalità, suscitando le imbarazzate e irritate reazioni della Chiesa del “si è sempre fatto così”.  

Attraverso le sue domande e provocazioni al mondo ecclesiale ma anche a quello laico, il piccolo battezzato cerca di ridare slancio al Sinodo, di svecchiare la Chiesa e ridare voce e spazio al Popolo di Dio. 

“Mi chiamo Sinodino e voglio partecipare al cammino sinodale della Chiesa universale”.

Abbiamo intervistato Fabio Colagrande, nato a Roma nel 1965, che dal 1994 lavora alla Radio Vaticana come giornalista vaticanista, speaker e oggi anche Podcaster, scrive per “L’Osservatore Romano” e altre testate cattoliche e ha collaborato come autore a diversi saggi dedicati alla Chiesa e alla comunicazione. 

  • Per quale motivo ha deciso di realizzare questo libro come un copione teatrale in venti brevi scene, con tanto di personaggi, battute e didascalie? 

«Sono da sempre appassionato di teatro, l’ho studiato all’università e ho praticato anche teatro e cabaret, per cui le mie prime prove come scrittore sono state in campo teatrale. Mi piace molto scrivere i dialoghi immaginando una scena teatrale o cinematografica. In particolare sono appassionato di Achille Campanile, che aveva scritto un libro eccezionale: “Tragedie in due battute”, fatto tutto di brevi scene in cui c’erano dei personaggi che si scambiavano delle battute e delle didascalie molto belle. È sempre stato mio desiderio scrivere un libro in cui le didascalie teatrali fossero importanti, in questo caso mi sono potuto un po’ sfogare. Spesso le didascalie dicono più di quello che dicono le battute dei vari personaggi, perché descrivono gli stati d’animo, le espressioni facciali e l’ambiente in cui avviene una certa scena. Un mio amico che ha letto le bozze del libro, ha detto che più che un testo teatrale sembra il testo di un radio dramma. Effettivamente è vero, il libro potrebbe essere registrato come un podcast, che va tanto di moda adesso». 

  • “Le favolose avventure di Sinodino” è un libro molto divertente per attrarre, mettendo a fuoco temi terribilmente seri? 

«Sì, il libro nasce dal mio lavoro e dal mio interesse per questo Sinodo che Papa Francesco ha inaugurato ormai nell’ottobre del 2021, il primo Sinodo che dà  la possibilità a tutto il popolo di Dio di partecipare. Il popolo di Dio fin dall’inizio è stato protagonista di questo Sinodo potendo dire la sua, tanto è vero che si era detto che tutti i battezzati, a prescindere che frequentino più o meno le parrocchie, possono dire la loro su quanto la Chiesa cammini insieme. Fare un Sinodo sulla Sinodalità significa questo, cioè verificare quanto la Chiesa cammina insieme. Questa cosa mi ha colpito molto, l’ho trovata importante, un tentativo sessant’anni dopo di realizzare il Concilio, mi sono reso conto delle grandi difficoltà che questo progetto comportava, allora mi sono inventato questo piccolo personaggio, che va a verificare l’andamento del Sinodo, in maniera scherzosa, mettendo in difficoltà il mondo della Chiesa. Sinodino è nato prima come una rubrica sul sito www.vinonuovo.it, dove ho scritto tre o quattro puntate, dopo si è pensato di farne un libro, allora la rubrica si è fermata e ho scritto il resto del libro». 

  • Che cosa rappresentano i genitori di Sinodino, fanatici del Concilio? 

«È una boutade. Penso che questo Sinodo rappresenti un tentativo di Papa Francesco di portare alle estreme conseguenze quelle che sono state le innovazioni conciliari, cioè rimettere al centro della Chiesa il popolo di Dio. Quindi i genitori di Sinodino sono dei cattolici progressisti, innamorati del Concilio, anzi fanatici, io scherzo sempre sugli estremismi e sui fondamentalismi dei cattolici, pensiamo al nome che i genitori di questo ragazzino impertinente gli hanno affibbiato… »

  • Secondo Lei perché la Chiesa soprattutto in Occidente ha perso la presa sulla realtà, il mordente, la capacità attrattiva? 

«La mia opinione è che alla base di tutto ci sia la necessità di ritrovare la fede. Nella nostra vita quotidiana come credenti siamo da tempo travolti dai ritmi di una società basata sull’economia e sulla tecnologia, quindi abbiamo perso il rapporto personale con Dio. Questo a tutti i livelli della Chiesa, dai semplici fedeli come me sino alle alte sfere, questa mancanza di una fede solida, radicata nella preghiera, si accompagna a un cambiamento culturale, alla secolarizzazione, porta a un indebolimento della Chiesa. Dice Papa Francesco che la Chiesa è malata di clericalismo e di mondanità spirituale, cioè una Chiesa autoreferenziale che non è in contatto con la vita vera e propria, con la gente, si rifugia in formalismi. E non è i contatto con Dio, soprattutto. Sinodino va a verificare proprio questo: da una parte c’è una Chiesa che lavora a documenti, riunioni e convegni e dall’altra c’è la vita vera. Questa è una schizofrenia molto pericolosa». 

  • Come sta procedendo il Sinodo sulla Sinodalità? 

«Ha uno svolgimento molto complesso. Doveva durare tre anni, invece durerà quattro. È già partita la fase dell’ascolto, del discernimento, adesso è partita la fase continentale, a ottobre del 2023 ci sarà la prima assemblea in Vaticano e un’altra nel 2024, quindi questo Sinodo è una struttura molto complessa e articolata, che è nata così per dare la possibilità a tutti i livelli di partecipare. Questo rischia di far perdere un po’ di mordente allo svolgimento del Sinodo e soprattutto è molto difficile raccontarlo dal punto di vista mediatico, perché è pieno di tecnicismi e di passaggi che sono un po’ lunghi e difficili da raccontare. Il rischio è che più va avanti il Sinodo, più si perde il collegamento, come dicevamo prima, con la gente reale e le loro esigenze. Questo libro che nasce da una grande fiducia in questo Sinodo però vuole essere un sassolino nella scarpa, essere di pungolo affinché il Sinodo non si perda in formalismi, ma sia davvero un luogo di fermento spirituale per arrivare a una Chiesa che davvero cammini insieme». 

  • Come potrebbe essere la Chiesa del futuro? 

«Auspico una Chiesa in cui i laici non si affidino solamente ai presbiteri, ai ministri ordinati ma prendano ruoli di responsabilità. Questo dipende anche da noi, dalla nostra capacità di prenderci delle responsabilità. Auspico inoltre una Chiesa dove i laici siano testimoni del Vangelo, non tanto nei luoghi ecclesiali ma in famiglia, sul lavoro. Credo che la spiritualità che ha un futuro sia la spiritualità incarnata nella vita quotidiana. Non bisogna essere un bravo parrocchiano per essere un bravo cattolico. Immagino una spiritualità laicale basata sulla preghiera personale, che esca da certi stereotipi clericali».

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