Culla della vita. Suor Chiara: la sfida di cambiare prospettiva e sostenere la maternità

Buongiorno suor Chiara
mi ha colpito molto nei giorni scorsi la vicenda sui giornali del neonato deposto nella “culla della vita”. Affidare il proprio bambino ad altri in quel modo “sicuro” mi è sembrato un atto d’amore rispetto a tanti abbandoni avvenuti nei cassonetti della spazzatura, e ho trovato fuori luogo l’insistenza di alcuni media sulla necessità di convincere la madre a tornare sui suoi passi. Penso che questa madre abbia compiuto un gesto molto bello, da valorizzare, e che le polemiche potrebbero dissuadere altre dal seguire un esempio positivo. Certamente in generale si potrebbe fare di più per il sostegno alla maternità, dato che le nascite continuano a calare. Che cosa ne pensa?
Cristina

Cara Cristina, la maternità è per una donna uno dei doni più belli, perché donare la vita è generare al mondo una creatura e accompagnarla nell’arco dell’esistenza custodendola ed educandola, affinché realizzi la sua vocazione di figlia di Dio.

Tutto il suo essere, per le sue caratteristiche fisiche, psicologiche e spirituali, è fatto per generare e partecipare all’opera creatrice di Dio.

Quando una donna decide, o è “costretta” a venire meno a questa vocazione, si impoverisce e impoverisce il mondo privandolo di una nuova creatura.

Le ragioni di questa scelta sono spesso gravi e delicate e chiedono tanto rispetto e comprensione, tanta misericordia: è bene non giudicare e rispettare il mistero della persona e fasciarla con la stessa misericordia di Dio.

È facile esprimere giudizi, a volte affrettati o di parte, insistere perché cambi parere, convincere e orientare ad altre decisioni.

Purtroppo queste scelte, spesso, sono fatte dentro una grande solitudine, povertà e assenza di relazioni, in una società che ha perso il senso della vita e incapace a di promuoverla.

La sfida è allora quella di un cambio culturale, di una conversione vera alla promozione della vita e al sostegno della vita nascente riconosciuta sempre come dono. È urgente coltivare in sé e negli altri uno sguardo contemplativo: è lo sguardo di chi vede la vita nella sua profondità, cogliendone le dimensioni di gratuità, di bellezza, di provocazione alla libertà e alla responsabilità.

È lo sguardo di chi non pretende d’impossessarsi della realtà, ma la accoglie come un dono, scoprendo in ogni cosa il riflesso del Creatore e in ogni persona la sua immagine vivente. Questo sguardo non si arrende sfiduciato di fronte a chi è nella malattia, nella sofferenza, nella marginalità e alle soglie della morte, ma da tutte queste situazioni si lascia interpellare per andare alla ricerca di un senso e, proprio in queste circostanze, si apre per ritrovare, nel volto di ogni persona, un appello al confronto, al dialogo, alla solidarietà.

In questo cambio di prospettiva si colloca poi tutta la politica a sostegno economico e sociale delle donne e delle famiglie in relazione alla maternità, per non lasciarle sole.

Quante paura a generare figli per la fatica a sostenerli, educarli, accompagnarli nell’arco della vita: certo, un figlio destabilizza una coppia, richiede la fatica di costruire nuovi equilibri, chiede la capacità del dono totalmente gratuito e disinteressato e rifugge ogni autoreferenzialità ed egoismo.

Questo è un compito delicato e fondamentale, che richiede la sinergia di intenti di tutte le istituzioni politiche, sociali e religiose: investire nella vita, nel favorire la vita è aprire al futuro, immettere giovinezza nella nostra società occidentale che sta invecchiando.

Occorre credere che sia una priorità e impegnarsi al sostegno della maternità, ciascuno secondo la propria situazione. Accogliamo quindi questa sfida e adoperiamoci a sensibilizzare gli ambienti nei quali viviamo per creare comunità aperte alla vita. 

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