Padrini e madrine. Considerazioni di pastorale pratica

Una delle tematiche più ricorrenti in questi anni, che ho incontrato spesso su riviste specializzate, articoli e studi di teologi di diversa formazione, è quella relativa ai padrini e madrine nei sacramenti del Battesimo e della Confermazione. 

Da parte mia, vorrei qui offrire qualche considerazione esclusivamente pratica, lasciando ai Vescovi e ai teologi la riflessione teologico-pastorale sul tema.

Innanzitutto, cosa si osserva nelle nostre comunità? Il mio riferimento è soprattutto il sacramento della Confermazione.  Certamente mi capita di celebrare qualche Battesimo, ma non di seguire la preparazione allo stesso o gli incontri con i genitori in preparazione al sacramento. Con le famiglie dei cresimandi e i padrini e madrine, invece, lavoro frequentemente. Il mio è certamente un osservatorio limitato, ma credo che la visione generale che raccolgo dalle mie due comunità possa essere facilmente accettata da molte altre parrocchie.

Innanzitutto ci sono le situazioni che occupano estremi opposti. Ci sono padrini e madrine consapevoli dell’importanza del compito loro affidato, che vivono un percorso di fede e appartenenza ecclesiale significativi e dedicano tempo e impegno alla testimonianza di fede e vita cristiana autentica al ragazzo o alla ragazza che ha loro affidato quel ruolo.

Nel contempo, ci sono persone che, senza voler essere giudicante, mostrano già in sede di incontri formativi, confermandolo durante la celebrazione del sacramento, un certo distacco dall’evento ecclesiale che viene celebrato.

Ci sono situazioni di palese disinteresse, persone che contestano anche pesantemente tutto ciò che riguarda la fede e la Chiesa, uomini e donne che, è facile intuire, hanno partecipato l’ultima volta a una celebrazione eucaristica nel giorno della loro cresima, qualche anno (o decennio) prima.

C’è poi tutta la “fascia di mezzo”, di chi su queste questioni è un po’ tiepido, di chi si interroga sulla fede e si domanda se un ruolo come quello di padrino o madrina gli si addica e di chi dice “sì” per non urtare la sensibilità e, soprattutto, l’affetto sincero di chi ha avanzato la proposta.

Da questo quadro, ricavo qualche riflessione. Innanzitutto, credo sia importante non cadere nella tentazione del “padrino/madrina sì o no” basato sulle semplici percezioni personali.

Occorre studiare seriamente l’evoluzione storico-pastorale della figura e del senso della sua presenza accanto al bambino che diventa Figlio di Dio o dei giovani che, con il dono dello Spirito Santo, confermano la loro fede e si impegnano ad esserne testimoni maturi.

Sarebbe certamente interessante un confronto tra i vescovi (in maggioranza) che mantengono i padrini/madrine per i due suddetti sacramenti dell’iniziazione cristiana e i vescovi che, in questi ultimi anni, “ad experimentum”, ne hanno sospeso la presenza (penso, in ultimo, alla diocesi di Palermo).

In fondo, credo, la questione non si risolve semplicemente rivedendo la modulistica che il candidato ad essere padrino/madrina firma in calce al documento, con un’autocertificazione che, non raramente, non corrisponde alla verità.

Si tratta, piuttosto, di ripensare il percorso di introduzione alla fede che conduce ai sacramenti, per comprendere se, nel contesto odierno, la figura dei padrini e delle madrine abbiano ancora un ruolo fondamentale. Non possiamo che augurarci che queste riflessioni, che necessitano di competenze teoriche importanti e di capacità di sguardi approfonditi su ciò che avviene nella vita delle nostre comunità, vengano prima possibile affrontate e offerte anche alla nostra attenzione. 

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