“Figli, no grazie?” i motivi del calo demografico. Don Michele Aramini: “Le famiglie si trovano sole davanti alle difficoltà”

Nel nostro Paese stiamo assistendo al più grave calo delle nascite da 160 anni a questa parte. Nel 2022 i nati sono scesi, per la prima volta dall’unità d’Italia, sotto la soglia delle 400 mila unità, attestandosi a 393 mila. 

Dell’allarme culle vuote in Italia si è recentemente discusso durante la terza edizione degli Stati Generali della Natalità all’Auditorium della Conciliazione di Roma, evento dedicato all’analisi dello stato di salute demografico del nostro Paese, con la Premier Giorgia Meloni, alla presenza di Papa Francesco, il quale tra le altre cose ha dichiarato: “Per i giovani il domani è una montagna da scalare, in un contesto di incertezze e fragilità. Aiutare la natalità è combattere l’esclusione sociale”.

Appare quindi quanto mai attuale il libro di don Michele Aramini, presbitero della diocesi ambrosiana, che ha scritto“Figli, no grazie?” (Àncora Editrice 2023, Collana “Focus”, pp. 168, 16,00 euro) nel quale l’autore va “Oltre l’inverno demografico”, come recita il sottotitolo del testo, esplorando i motivi alla base del calo demografico. 

Aramini descrive l’evoluzione demografica in Italia e nel mondo, concentrandosi poi sulla situazione dei giovani in Italia e sulle politiche di sostegno alla natalità, mentre l’ultimo capitolo del libro è dedicato alla testimonianza di genitori o persone, che senza figli, hanno un pensiero sul tema della generazione. 

Dei motivi della crisi e di come combattere l’inverno demografico nel nostro Paese, abbiamo dialogato con don Michele Aramini, che insegna teologia morale presso l’Università Cattolica di Milano ed è responsabile dell’Ufficio accoglienza dei fedeli separati della diocesi.

  • Il cuore del volume mira a mettere in luce i cambiamenti culturali che hanno condotto a una minore propensione verso la generazione dei figli

«Certamente, questo è lo scopo del libro, non tanto di dare informazioni che tutti possono ricavare ma ho fatto un lavoro accurato in modo che il lettore abbia un quadro preciso del problema della natalità o denatalità del Pianeta e delle società occidentali. Effettivamente il cuore del libro sta non soltanto nel mettere in luce i cambiamenti culturali che sono di ostacolo alla famiglia. Alcuni fenomeni sono di carattere sociologico, come la crescita dei single che rimangono tali per tutta la vita, o per un lungo periodo, e se si tratta di donne single allora superano il periodo della fertilità. Ci sono persone che nei confronti dei figli hanno una minore propensione, perché pensano che siano concorrenti per certi aspetti del proprio benessere. Questa è una componente in crescita. Ma il libro mette anche in evidenza la bellezza della genitorialità, dell’essere generativi». 

  • Eravamo il Paese leader in Europa per la natalità fino agli anni 60 e questo ha coinciso con il miracolo economico italiano. Poi negli anni ’70 abbiamo invertito la tendenza e oggi siamo in fondo alla classifica. Che cosa è accaduto? 

«Uno dei grandi fenomeni è che la nostra società, che era basata su una serie di relazioni familiari, ha cominciato a trasformarsi dando più spazio alle famiglie mono nucleari. La famiglia mononucleare è una famiglia che ha meno risorse e minore autonomia rispetto a tutti i bisogni che possono avere i figli e si è venuta a trovare in una condizione di difficoltà, perché lo Stato non ha preso il posto della rete familiare. Anzi, lo Stato in Italia, non soltanto nei riguardi dei figli, ma anche nei confronti delle persone disabili o anziane, fa lo gnorri, nel senso che sembra non gli riguardi. La famiglia è una bella cosa, ma non può risolvere tutti i problemi a cui dovrebbe dare uno sguardo e una soluzione anche lo Stato. Quindi, le famiglie non si sono più trovate sostenute, mentre prima erano sostenute da una rete familiare e di relazioni, e quando questa rete, per la mobilità della società, le emigrazioni e per tanti altri motivi, ha incominciato a indebolirsi, non c’è stato nessuno che ha fatto il supplente e ha rinforzato il futuro delle famiglie. Quindi i problemi di carattere sociale, economico e culturale si assommano. Inoltre, la diminuzione dello spirito religioso, cioè la secolarizzazione, ha fatto sì che sparisse dall’orizzonte di molte persone l’idea che i figli siano una benedizione. Allora i figli sono stati fatti in base al calcolo, oggi siamo in una situazione di emergenza. Del resto lo Stato e la società nel loro complesso non sono amiche delle famiglie e soprattutto della generazione. Mettiamoci pure che non c’è nessuno che dica che fare i figli è bello, lo si scopre dopo». 

  • Il libro propone anche riflessioni sul concetto di generazione come avventura spirituale, in particolare analizzando quello che la Bibbia dice al riguardo. Ce ne vuole parlare? 

«Non c’è una cosa più importante per una persona di dare origine, insieme alla persona che ama, a una nuova libertà, a un’altra persona. Questa è l’opera più grande che uno può fare e il modo più importante per impiegare le proprie energie. Prendersi cura di qualcuno per un progetto di amore gratuito, perché la vita stessa è un valore. È una grande chiamata che si riceve dalla vita mettere al mondo un figlio. Avere un figlio è una decisione profondamente interiore a noi. Dice della nostra identità personale». 

  • È vero che in Italia anche gli immigrati fanno meno figli? 

«Gli immigrati si sono adattati alle difficoltà che si hanno in Italia, a meno che non siano fondamentalisti o molto legati alle loro tradizioni. Il tasso di fecondità delle donne immigrate è molto basso». 

  • Com’è la situazione in Europa e nel resto del mondo? 

«La crescita rallenta, attualmente siamo circa 8 miliardi, le Nazioni Unite prevedono che intorno al 2050/2060 raggiungeremo il picco, cioè 9 miliardi e mezzo in tutto il mondo. Da lì in avanti ci sarà una linea piatta, cioè non si crescerà e non si diminuirà e poi si tornerà a diminuire. In tutto il mondo il numero dei figli tende a diminuire. In Europa nessun Paese ha il tasso di sostituzione, la Cina nel suo complesso non sostituisce i morti. Paesi grandi come la Cina stanno invecchiando e diminuiranno di popolazione. In Europa, negli USA e in Russia siamo già in calo. Tre anni fa l’Italia aveva 61 milioni di abitanti, oggi ne ha 59. Stiamo calando velocemente. Gli unici Paesi che crescono sono alcuni africani come il Congo, la Nigeria, il Mali. Il Pianeta non riuscirà ad arrivare a 10 miliardi e ciò non crea preoccupazione, perché già adesso l’alimentazione che noi produciamo serve a mantenere 12 miliardi di persone.  E se ci sono persone che muoiono di fame non è perché manca il cibo, ma perché non se lo possono comprare». 

  • Secondo Lei, oltre a misure più urgenti da realizzare per combattere la crisi demografica e a investire maggiori risorse sulle politiche già attive, ritiene che serva anche maggiore ottimismo verso il futuro? 

«L’ottimismo non si crea con la bacchetta magica, bisogna che si facciano tutte le politiche più intelligenti che sono state messe in campo, come avviene in Francia, Germania o nei Paesi Scandinavi. Aiuto economico per famiglie meno abbienti e più servizi, agevolazioni per genitori con figli. Ma queste cose devono essere permanenti, non come spesso si fa in Italia, che si fa un buono di 1000 euro per un neonato solo per un anno e basta. Le famiglie devono avere la possibilità di programmare il loro futuro e il futuro si può programmare solo se lo Stato offre aiuti permanenti. Inoltre bisogna portare avanti un lavoro culturale, l’idea che molti hanno assimilato che ci si realizza soltanto se si vive individualisticamente e si pensa soltanto al proprio benessere, non solo non è cristiana ma è disumana». 

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