Manager della Felicità: quando il ben-essere dei dipendenti diventa una priorità

Si chiama “Manager della Felicità”, o Chief Happiness Officer se preferite l’inglese, ed è una figura interna alle Risorse Umane cui spetta il compito di monitorare ed incrementare il ben-essere dei dipendenti in azienda.
In che modo? Conoscendoli innanzitutto, non più solo per nome e cognome. 
L’idea è che questa persona instauri con i collaboratori un dialogo, per carpirne le esigenze e risolvere laddove possibile le criticità, migliorando i rapporti tra colleghi, la comunicazione con la dirigenza, favorire e aumentare, in generale, il livello di benessere aziendale. 
Si tratta di un ruolo nato negli Stati Uniti e impiegato soprattutto dalle grandi multinazionali come Google, Patagonia, Pixar e McDonald’s, ma molto presente anche nel Nord Europa. Da noi si sta diffondendo ora e si è già rivelato strategico: la ricerca del ben-essere aziendale è infatti diventata una priorità, soprattutto in questi tempi di post-pandemia.

La felicità in azienda? Si può costruire

Questo ruolo nasce da una considerazione neuroscientifica, ossia che la “felicità” in azienda non è solo un’emozione, una condizione ‘che capita’ ma è qualcosa che si può costruire.

Se una persona “sta bene“ sul proprio posto di lavoro, si relaziona meglio con i colleghi e superiori, così come appare più disponibile a collaborare e lavorare in gruppo.  Il suo equilibrio psicofisico si sviluppa e maggiore sarà anche la sua capacità produttiva e innovativa. 

Questa nuova figura diventerà nel prossimo futuro un elemento fondamentale di tutte le grandi aziende.

Normalmente riferisce direttamente all’amministratore delegato o al fondatore.

Il suo compito non è facile in quanto deve possedere doti di empatia con tutti e competenze psicologiche e sociologiche notevoli.

Monitorare e migliorare la motivazione

Egli predispone inoltre dei programmi atti a monitorare, migliorare la motivazione, la soddisfazione dei dipendenti.

In Italia questa professione è ancora poco praticata e figure di questo tipo sono molto poche, ma molte accademie si stanno attrezzando per organizzare master e corsi per favorire la felicità e il benessere nelle imprese.

L’argomento è diventato particolarmente attuale in seguito alla pandemia di Covid-19.Spesso infatti sono cambiate le priorità delle persone e il benessere mentale e l’equilibrio tra vita privata e lavorativa hanno assunto un ruolo sempre maggiore.

Il trattamento economico non è più il principale fattore determinante nella decisione di rimanere in quell’azienda o accettare altre offerte.

Relazioni, benefit, flessibilità e crescita personale

Le relazioni, i benefits, il clima in azienda, l’ascolto delle proprie esigenze, la flessibilità degli orari, i servizi per la famiglia, la crescita personale e il grado di coinvolgimento nelle decisioni aziendali ecc…, fanno la differenza.

Le aziende si sono rese conto che misurando il benessere dei propri lavoratori e mettendo in atto azioni e politiche proattive per aumentare la loro felicità, ha un ritorno notevole in termini di motivazione, performance e soprattutto minor abbandono del posto di lavoro.

Tutto questo rende la felicità in azienda, non solo uno slogan/un’utopia, ma qualcosa di raggiungibile e se rimane vero che ciascuno lavora per vivere, rimane altrettanto possibile lavorare meglio con soddisfazione e un benessere condiviso con altri colleghi.

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