A don Lorenzo e ai suoi compagni preti novelli. Qualche augurio

Scrivo queste righe mentre sono ancora inondato dalla gioia di questi giorni. Lorenzo, giovane di Telgate che ho conosciuto quando frequentava la terza media, tredici anni fa, a cui ho fatto anche il catechista, è prete.

È stato ordinato la sera del 27 maggio dal Vescovo Francesco, insieme ai suoi otto compagni. Sento che il Signore mi ha fatto un dono grande: quello di vedere la Sua opera compiersi pian piano nella vita di questo giovane. Ho visto il suo approccio alla preghiera da ragazzino, la crescente devozione e profondità nel vivere la S. Messa, la sua sempre maggior dedizione alla comunità cristiana e la sua carità verso tutti.

Ho condiviso con lui il tempo delle scuole superiori, mentre maturava la scelta di intraprendere il cammino vocazionale. Ricordo la stesura della lettera di presentazione per il Seminario e la gioia nell’accompagnarlo all’inizio del percorso. Da lì, i passaggi importanti vissuti accanto a lui: l’ammissione agli ordini, il lettorato, l’accolitato, l’ordinazione diaconale e, tre giorni fa, l’ordinazione presbiterale.

Don Lorenzo ora è un confratello. Con trepidazione, durante la sua prima Messa, ho tenuto l’omelia, come mi aveva chiesto, ed è stato per me un onore grandissimo. Ora, vorrei rivolgere nuovamente a lui e ai suoi compagni di ordinazione qualche augurio.

Imparare sempre di più a pregare: “Sia fatta la tua volontà”

Il primo, come ho detto durante la prima Messa di don Lorenzo, è che lo Spirito Santo li aiuti a imparare sempre più a pregare. Imparare, innanzitutto, perché, da preti, saranno in grado di guidare la comunità cristiana nella preghiera e nella conoscenza del Signore solo se essi, per primi, pregheranno e impareranno sempre più a pregare.

In particolare, auguro loro di pregare il Padre nostro vivendolo! Sì, vivendolo. Questa preghiera che il Signore ci ha insegnato ci fa pronunciare parole bellissime, ma anche estremamente impegnative, come quelle che incontriamo già all’inizio della preghiera: Sia fatta la tua volontà.

Fare la volontà di Dio è compito di ciascun cristiano e certamente anche del prete. Sappiamo bene che questo, però non è facile. Finchè la volontà di Dio coincide con la nostra, va tutto bene. La difficoltà può presentarsi quando essa è radicalmente diversa da ciò che noi vorremmo per noi stessi. E, soprattutto, fare la volontà di Dio implica anche il passaggio delicato attraverso la sofferenza. A Don Lorenzo ho detto questo, nell’omelia, con queste parole: 

Non sarà sempre tutto facile, non mancheranno le fatiche

Caro Lorenzo, non sarà sempre tutto facile. Non mancheranno le fatiche e le difficoltà. Non mancherà, come non manca nella vita di alcuno, la sofferenza, sia essa legata all’onerosità del servizio richiesto, a difficoltà di condivisione pastorale con i confratelli o alle maldicenze o opposizioni di qualcuno nella comunità nella quale ti spenderai generosamente. Potrà capitare che ti domanderai: “Ha senso tutto questo? Ne valeva davvero la pena?”. 

Qualora pensieri come questo dovessero affacciarsi, mi raccomando, Lorenzo: mettiti in ginocchio davanti al tuo Signore, a quel Crocifisso che qui a Telgate, fin da bambino, hai imparato a venerare nella splendida effigie qui custodita e con tanta, tanta fiducia, ripeti: “…sia fatta la tua volontà!”. 

Ti garantisco, caro Lorenzo, credimi; sperimenterai come non esista un solo istante del nostro dolore che Dio non veda, non conosca, non custodisca, non ami e non renda possibile, per noi, trasformarlo in amore. Del resto, se il dolore non potesse diventare amore, noi non potremmo celebrare l’Eucarestia, memoriale del dono totale di sé del Signore per amore nostro.

Custodire la gioia dell’incontro con Gesù e il Vangelo

È possibile tutto questo? Si può amare così il nostro ministero, la nostra Chiesa e la nostra gente? Sì, se si custodisce nel cuore la gioia dell’incontro con Gesù e il suo Vangelo. Sia sempre la gioia, cari preti novelli, ad abitare il vostro cuore, la gioia che viene da Lui. È il mio augurio di cuore per voi, che vi rivolgo attraverso le parole del chierico Angelo Giuseppe Roncalli, il futuro San Giovanni XXIII, di cui, il 3 giugno prossimo, ricorderemmo i sessant’anni dalla morte. Così scrisse, nel 1902:

Io desidererei attendere ad uno studio speciale. I superiori non lo permettono. Ebbene no, non vi si attenda, e allegro sempre. Desidererei ordinarmi suddiacono a Pasqua. I superiori non ne vogliono sapere. Dunque s’aspetti, e allegro lo stesso. Desidererei che mi si lasciasse quieto. I superiori invece mi vogliono dare un impiego che sembra avvilirmi (l’ufficio di infermiere), urta i nervi al mio amor proprio. Mi costa un sacrificio grandissimo l’ubbidire. Ebbene, tanto meglio: si obbedisca; facciamoci coraggio, e allegro “in Domino” (Sal 32,11).

Questa è la medicina che calma tutte le impazienze, addolcisce le privazioni, ci fa esultare di gioia anche fra le amarezze della vita.

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