Papa Francesco: udienza, nella Chiesa “mezzi, metodi e strutture a volte distolgono dall’essenziale”

“Sono qui davanti a noi le reliquie di santa Teresa di Gesù Bambino, patrona universale delle missioni. È bello che ciò accada mentre stiamo riflettendo sulla passione per l’evangelizzazione, sullo zelo apostolico”. Con queste parole il Papa ha iniziato la catechesi dell’udienza di oggi, pronunciata in piazza San Pietro. “Oggi, dunque, lasciamoci aiutare dalla testimonianza di santa Teresina”, l’invito, seguito da un annuncio:  “Lei nacque 150 anni fa, e in questo anniversario ho intenzione di dedicarle una lettera spostolica”.

La “forza missionaria” e la “gioia di intercedere”. Sono questi, per il Papa, due tratti della spiritualità di Santa Teresa di Lisieux, al centro della catechesi dell’udienza di oggi. Secondo Francesco, questi due tratti caratteristici di Santa Teresina arrivano da due episodi avvenuti prima che Teresa entrasse in monastero. “Il primo riguarda il giorno che le cambiò la vita, il Natale del 1886, quando Dio operò un miracolo nel suo cuore. Teresa avrebbe di lì a poco compiuto 14 anni”, ha raccontato Francesco: “In quanto figlia più giovane, in casa era coccolata da tutti. Tornata dalla Messa di mezzanotte, il papà, molto stanco, non aveva però voglia di assistere all’apertura dei regali della figlia e disse: ‘Meno male che è l’ultimo anno!’. Perché a 15 anni già non si facevano. Teresa, di indole molto sensibile e facile alle lacrime, ci restò male, salì in camera e pianse.

Ma in fretta represse le lacrime, scese e, piena di gioia, fu lei a rallegrare il padre”. “Cos’era successo?”, si è chiesto il Papa: “Che in quella notte, in cui Gesù si era fatto debole per amore, lei era diventata forte d’animo, un vero miracolo: in pochi istanti era uscita dalla prigione del suo egoismo e del suo piangersi addosso; cominciò a sentire che ‘la carità le entrava nel cuore, col bisogno di dimenticare sé stessa’. Da allora rivolse il suo zelo agli altri, perché trovassero Dio e anziché cercare consolazioni per sé si propose di ‘consolare Gesù, farlo amare dalle anime’, perché – annotò Teresa– ‘Gesù è malato d’amore e la malattia dell’amore non si guarisce che con l’amore’. Ecco allora il proposito di ogni sua giornata: ‘fare amare Gesù’, intercedere per gli altri. Scrisse: ‘Vorrei salvare le anime e dimenticarmi per loro: vorrei salvarle anche dopo la mia morte’. Più volte disse: ‘Passerò il mio cielo a fare del bene sulla terra’. Questo è il primo episodio che le cambiò la vita a 14 anni”.

I missionari, di cui Teresa è patrona, non sono solo quelli che fanno tanta strada, imparano lingue nuove, fanno opere di bene e sono bravi ad annunciare; no, missionario è chiunque vive, dove si trova, come strumento dell’amore di Dio; è chi fa di tutto perché, attraverso la sua testimonianza, la sua preghiera, la sua intercessione, Gesù passi”. A precisarlo è stato il Papa, nella catechesi dell’udienza di oggi, dedicata alla figura di Santa Teresa di Gesù Bambino.

“Questo è lo zelo apostolico che, ricordiamolo sempre, non funziona mai per proselitismo o per costrizione, ma per attrazione: la fede nasce per attrazione”, ha ribadito Francesco: “Non si diventa cristiani perché forzati da qualcuno, ma perché toccati dall’amore”. Come esempio di zelo apostolico, il Papa ha citato il secondo episodio decisivo nella vita di Santa Teresina: “Teresa viene a conoscenza di un criminale condannato a morte per crimini orribili, si chiamava Enrico Pranzini: ritenuto colpevole del brutale omicidio di tre persone, è destinato alla ghigliottina, ma non vuole ricevere i conforti della fede. Teresa lo prende a cuore e fa tutto ciò che può: prega in ogni modo per la sua conversione, perché lui che, con compassione fraterna, chiama ‘povero disgraziato Pranzini’, abbia un piccolo segno di pentimento e faccia spazio alla misericordia di Dio, in cui Teresa confida ciecamente. Avviene l’esecuzione. Il giorno dopo Teresa legge sul giornale che Pranzini, appena prima di poggiare la testa nel patibolo, ‘a un tratto, colto da un’ispirazione improvvisa, si volta, afferra un Crocifisso che il sacerdote gli presentava e bacia per tre volte le piaghe sacre’ di Gesù. La santa commenta: ‘Poi la sua anima andò a ricevere la sentenza misericordiosa di Colui che dichiarò che in Cielo ci sarà più gioia per un solo peccatore che fa penitenza che per novantanove giusti che non hanno bisogno di penitenza’. Ecco la forza dell’intercessione mossa dalla carità, ecco il motore della missione”.  “Alla Chiesa, prima di tanti mezzi, metodi e strutture, che a volte distolgono dall’essenziale, occorrono cuori come quello di Teresa, cuori che attirano all’amore e avvicinano a Dio”, la tesi di Francesco: “Chiediamo oggi alla santa di superare il nostro egoismo e la passione di intercedere perché questa attrazione sia più grande nella gente e perché Gesù sia conosciuto e amato”, l’appello finale.

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