“Sant’Antonio affrontò i problemi della sua epoca con grande concretezza”

Sant’Antonio da Padova, al secolo Fernando Martins de Bulhões, presbitero portoghese appartenente all’Ordine francescano, proclamato santo da papa Gregorio IX nel 1232 e dichiarato dottore della Chiesa nel 1946 da Pio XII, è sicuramente uno dei santi più amati e venerati nel nostro Paese. 

Ciò è testimoniato dal fatto che molti fedeli tengono nel loro portafoglio l’immaginetta tradizionale e iconica del Santo, raffigurato con il bianco giglio e Gesù bambino. Pensiamo ad Antonio, lo preghiamo e lo sentiamo a noi vicino, è morto a Padova il 13 giugno 1231, ma pochi sanno che è nato lontano dalle coste italiche, in Portogallo, a Lisbona, il 15 agosto 1195.  

Don Luigi Maria Epicoco, filosofo e teologo, uno dei più apprezzati autori di spiritualità che insegna filosofia alla Pontificia Università Lateranense e all’ISSR “Fides et Ratio” de L’Aquila, di cui è anche preside, nel volume “La libertà di Antonio” (Edizioni Messaggero Padova 2023, pp. 96, 11 euro) propone una lettura della biografia di Antonio a partire dalle sue scelte di vita “obbligate”, non soffermandosi sugli eventi eroici e straordinari, bensì cogliendo gli alti e bassi, luci e ombre, crisi e ripartenze. 

Il testo è corredato da bellissime riproduzioni di opere d’arte presenti nella Basilica del Santo a Padova.  

Abbiamo intervistato don Epicoco, nato nel 1980, presbitero della diocesi de L’Aquila, che insegna filosofia e si occupa di formazione di laici e consacrati, e ha al suo attivo molti testi soprattutto di spiritualità cristiana tradotti in diverse lingue. 

  • Quale fu il contesto sociale, culturale e religioso nel quale nacque e si formò il giovane Fernando? 

«Fernando nasce da una famiglia “bene” dell’epoca, una famiglia borghese, quindi è stato una persona che ha avuto la fortuna di avere un ambiente familiare favorevole sia a livello valoriale sia a livello economico. Molto probabilmente è stata la famiglia ad avviare Fernando agli studi con i Canonici della cattedrale di Lisbona e certamente non è stato ostacolato nella scelta della vita religiosa, soprattutto in questa prima scelta iniziale come religioso agostiniano». 

  • È vero che ad Assisi Antonio conobbe e ascoltò San Francesco? 

«Sì, lo conobbe e ascoltò, non ci parlò in realtà. Antonio era presente al Capitolo delle Stuoie. Quindi Antonio partecipò a questa grande adunata, dove c’era anche Francesco che aveva come scopo quello di discutere delle varie realtà francescane, che si erano create dopo l’inizio della missione del santo di Assisi. I frati convenuti nella città umbra in gran numero, non avendo dove dormire, si adagiarono sulle semplici e umili stuoie». 

  • Scrive che “la vita e l’apostolato di Antonio sono stati di una concretezza estrema”. Desidera chiarire la Sua riflessione? 

«Quando noi pensiamo all’attività dei santi, la releghiamo solitamente a una concezione dello spirituale astratto. Occuparsi della vita spirituale significa occuparsi di qualcosa che non è concreto. Antonio è stato profondamente concreto, non a caso si deve a lui anche un cambiamento di leggi che riguardano l’usura, quindi l’ingiustizia sociale. Antonio è stato un uomo che ha anche toccato i problemi della sua epoca con un grande senso pratico e concreto». 

  • Antonio morì all’età di 36 anni. Qual è il motivo per il quale fu canonizzato in meno di un anno? 

«La fama di Antonio è cresciuta in maniera esponenziale nell’ultima parte della sua vita. Era conosciuto come uno straordinario predicatore, evangelizzatore, come un uomo profondamente santo. Inoltre i miracoli di Antonio hanno accresciuto ancora di più la sua fama. Già in vita era riconosciuto come un santo. Quindi dopo la sua morte è stata la cosa più spontanea possibile farlo santo. Se vogliamo usare un’immagine vicina a noi, potremmo dire che dopo la sua morte, qualcuno gridò: “Santo subito”, come accadde con San Giovanni Paolo II». 

  • In che cosa consiste la libertà di Antonio? 

«Tante volte noi pensiamo che la nostra sia una esistenza determinata o dal fato o dalla Provvidenza, dove siamo semplicemente delle comparse e assistiamo a quello che è già scritto da qualche parte. Invece Antonio ci mostra come anche lui ha avuto le sue crisi, i suoi progetti falliti, i suoi fraintendimenti. Ma davanti a quelle che sono state le sfide della sua vita, quest’uomo ha costantemente fatto delle scelte. Scelte radicali, nel senso che le difficoltà hanno spinto Antonio a essere più radicale». 

  • Qual è il suo miracolo più bello? 

«Ce ne sono diversi, però è bella la predica ai pesci per la parte eclatante del miracolo. Gli abitanti di Rimini non stavano ascoltando la predica di Antonio, allora il predicatore si rivolse ai pesci e i pesci lo ascoltarono. Quindi la parola di Antonio è talmente efficace che persino il Creato si sottomette al fascino della sua predicazione».  

  • Un uomo vissuto otto secoli fa può dire ancora qualcosa a un giovane del Terzo Millennio?

«Una persona che ha vissuto la santità cristiana ha sempre qualcosa da dire, perché la santità cristiana è sempre contemporanea a ogni uomo di ogni tempo. I santi veri sono persone felici e le persone felici hanno sempre qualcosa da dire. In ogni epoca».