Il Cammino sinodale delle Chiese in Italia e gli incontri nella diocesi di Bergamo

Il lavoro del 2022-2023 in diocesi di Bergamo

Da un po’ di tempo ormai si parla di Cammino sinodale: si tratta di questa nuova esperienza che i vescovi italiani, su sollecitazione di papa Francesco, hanno promosso dentro le nostre Chiese.

Perché nuova? Venivamo da una programmazione pastorale che prevedeva questo schema: all’inizio di ogni decennio i vescovi consegnavano alla Chiesa italiana un documento dedicato ad una tematica particolare.

La radicalità delle mutazioni in atto, perlopiù non scelte ma subite, ha favorito un cambio di mentalità ai fini di una maggior concretezza. Ne è derivato un movimento più ampio, denominato appunto Cammino sinodale.

La guida di esso rimane ai vescovi, chiamati – per ministero – a presiedere le Chiese locali. La novità sta in un consistente coinvolgimento, già in prima battuta, di tutta la compagine ecclesiale.

Risorse, positività, fatiche e problemi

L’inizio del Cammino ha previsto, infatti, un ascolto diffuso: attraverso le narrazioni condivise da molteplici attori ecclesiali si è cercato di individuare le risorse e le positività, le fatiche e le problematiche che le comunità cristiane sparse sul territorio italiano sperimentano (fase narrativa).

Si procederà poi a un discernimento di ciò che – dentro questa tessitura di slanci e resistenze, di gioie e di pesantezze – lo Spirito sembra suggerire alle Chiese (fase sapienziale). Infine, con lo stesso metodo sinodale, si proverà ad individuare alcune priorità pastorali, ad assumere alcune scelte, ad aggiornare alcune forme (fase profetica). Insomma, da qui ad almeno il 2025 il lavoro non manca!

Il primo passo è compiuto: siamo ormai giunti alla conclusione della fase narrativa del Cammino sinodale: l’ascolto si è concentrato attorno a tre nuclei prioritari, indicati come “Cantieri di Betania” ed ispirati all’icona biblica di Luca 10 (l’incontro di Gesù con  Marta e Maria presso la loro casa). Questi i tre cantieri: la strada e il villaggio (il rapporto della comunità cristiana con il territorio), la casa e l’ospitalità (il legame tra Chiesa e famiglie), le diaconie e la formazione spirituale (la connessione tra carità e fede). Ad essi, ogni diocesi è stata invitata ad associarne un quarto. Il vescovo Francesco, alla luce di quanto emerso nel primo anno di ascolto, ha proposto il cantiere dell’autorità e della condivisione della responsabilità. Sulla base di questi 3+1 cantieri sono stati promossi degli incontri sinodaliche hanno favorito lo scambio di esperienze sulla vita di fede e la pratica pastorale.

Le voci di oltre tremila persone negli incontri sinodali

Hanno aderito a questo lavoro di confronto 102 parrocchie su 389 (pari al 26%) e 13 unità pastorali su 31 (pari al 42%), 12 consigli pastorali territoriali su 13 (il 92%), nonché alcune associazioni e movimenti, alcuni uffici di curia e il consiglio pastorale diocesano.

Talvolta hanno dato il proprio contributo anche voci provenienti dal “di fuori” della Chiesa. Sono state dunque coinvolte più di 3.000 persone, per un totale di 320 Incontri sinodali, che hanno portato a redigere circa 600 pagine di sintesi e di osservazioni. Il Coordinamento diocesano – a cui il vescovo ha affidato la regia del processo – è ora nella condizione di offrire alla presidenza del Cammino sinodale italiano il contributo bergamasco, che aiuterà ad impostare la fase seconda, quella sapienziale.

È sorprendente notare come alcuni temi abbiano avuto una risonanza trasversale ai 4 cantieri, facendo intuire alcune linee di convergenza condivise.

Le richieste di attenzione emerse dai cantieri

Segnaliamo l’importanza riconosciuta alla formazione, anche spirituale, di coloro che svolgono un servizio di corresponsabilità: la condivisione della responsabilità rivela una figura di Chiesa a cui non si è sempre preparati e che si declina dentro esperienze come la trasparenza nella gestione economica, il lavoro delle équipes delle Unità Pastorali e il servizio dei ministri straordinari dell’eucaristia.

In secondo luogo, viene riconosciuta una grandissima importanza all’attenzione e allo sforzo della carità, in tutte le sue sfaccettature: è un laboratorio di accoglienza, di attenzione alla singolarità e di apertura alla pluralità di territori sempre più compositi dal punto di vista sociale e religioso.

Altro punto di convergenza è la dimensione personale del sentirsi a casa nelle relazioni di Chiesa: ciò che qualifica e fa la differenza è il sentirsi accolti, riconosciuti, non giudicati, chiamati per nome dentro un clima cordiale e attento. In tutto questo piace una Chiesa a dimensione domestica, capace di entrare nelle case per alcune iniziative e per imparare alcuni ritmi e proposte.

Inoltre viene sentita urgente una conversione che si interroghi sull’adeguatezza del linguaggio liturgico e sulla capacità cristiana di misurarsi anche con le persone che vivono dentro le situazioni di vita particolari, meno standard e canoniche.

Don Paolo Carrara e don Mattia Magoni

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