Tante voci per comporre “La Chiesa che vogliamo”. Il coraggio di essere “minoranza creativa”

Il Sinodo inaugurato da Papa Francesco nel 2021, che durerà fino al 2024, si sta occupando di quali spazi, di quale ruolo e di quale futuro può avere la Chiesa in Italia e nel mondo. Ma le idee? Ecco perché il giornalista e scrittore Alberto Chiara nel volume “La Chiesa che vogliamo” (Edizioni San Paolo 2023, pp. 231, 19,00 euro), scrive “Appunti sul Sinodo: la voce dei movimenti ecclesiali, delle associazioni, e di uomini e donne alla loro guida”, come recita il sottotitolo del testo, nel quale l’autore dialoga con donne e uomini che, da credenti, abitano il mondo: Giuseppe Notarstefano (Azione Cattolica), Emiliano Manfredonia (Acli), Davide Prosperi (Comunione e Liberazione), Roberta Vincini e Francesco Scoppola (Agesci), Margaret Karram (Movimento dei focolari), Salvatore Martinez (Rinnovamento nello Spirito Santo), Giovanni Paolo Ramonda (Comunità Papa Giovanni XXIII), Ernesto Olivero (Sermig), Ivana Borsotto (Focsiv). A questi incontri seguono quattro interventi dello storico Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant’Egidio, del sociologo Franco Garelli, dell’economista Leonardo Becchetti e del magistrato Gian Carlo Caselli.

Abbiamo intervistato Alberto Chiara, nato a Torino nel 1961, caporedattore, responsabile del desk Chiesa e società a “Famiglia Cristiana”, il quale nel 2000, insieme con i colleghi Barbara Carazzolo e Luciano Scalettari, ha vinto il Premio Saint-Vincent per il giornalismo con un’inchiesta sui traffici d’armi e di rifiuti tossici in Somalia. 

  • Come stanno procedendo i lavori del Sinodo? 

«Annunciato da Bergoglio nel 2020, avviato nel 2021, il Sinodo è ormai entrato nel vivo. Tante le persone coinvolte, oltre cinquecentomila, cinquantamila le équipe che hanno lavorato. Millecinquecento le pagine di relazioni conclusive giunte a Roma. Nel Sinodo si sommano diversi percorsi, come il percorso italiano, e all’interno del nostro Paese diverse diocesi hanno convocato sinodi particolari. Il discorso continentale sfocerà in autunno nel discorso della Chiesa universale con la grande assemblea convocata sul finire di ottobre in Vaticano. Per quanto riguarda l’Italia, il comitato promotore e i vescovi stanno tastando il polso al nostro Paese, un Paese sempre più sfiatato in quanto a motivazioni e dalle chiese sempre più vuote. Una recente inchiesta sociologica in Piemonte, ad Asti, ha rilevato che solo il 5% della popolazione frequenta la messa domenicale. Ciò vuol dire sentirsi minoranza, il Cardinale Matteo Zuppi, Arcivescovo di Bologna e Presidente della CEI, ha invitato a essere “minoranze creative”, cioè non vivere questa situazione come uno smacco, ma con la gioia e la missionarietà dei discepoli delle prime comunità apostoliche». 

  • Se è vero che il cammino sinodale sta facendo emergere la domanda delle domande: “Come dire Dio, oggi?” Qualche risposta può venire dalla storia delle associazioni, dei movimenti e dei gruppi laicali?

«Sì, come San Paolo ci siamo riproposti di sondare dal basso le idee, i sentimenti, le proposte di gruppi, movimenti e associazioni, ne è nato un libro, “La Chiesa che vogliamo” che offre diverse riflessioni. Da tutto ciò è emerso che c’è un Sud che è molto più attivo e che è partito prima del Nord. C’è un comune desiderio, trasversale e condiviso di tornare alle fonti del Cristianesimo, Tutti coloro che abbiamo sentito denunciano un deficit di preghiera e di spiritualità, chiedendo quindi più attenzione alla spiritualità, alla preghiera, all’adorazione eucaristica». 

  • Andrea Riccardi nel suo intervento scrive che in dieci anni di pontificato di Bergoglio, si sono contate parecchie resistenze alla “Chiesa in uscita”, proposta da Papa Francesco nell’Evangelii Gaudium. A cosa sono dovute queste resistenze? 

«Alla paura del nuovo, del diverso. Non a caso, per capire bene Papa Francesco, bisogna pensare al discorso che il Pontefice fece nel luglio 2013 alla GMG di Rio de Janeiro quando parlando ai vescovi brasiliani, in realtà, rivolgendosi al mondo intero, Bergoglio presentò l’ABC del suo pontificato con un’icona, un’immagine, quella dei discepoli di Emmaus. Alle spalle il sacro, la città santa, il Tempio, Gerusalemme. Davanti, la strada polverosa, le tenebre, il buio, il dubbio. Chi ha il coraggio di affrontare questo cammino, in qualche modo si mette in piena sintonia con Papa Francesco. Certo, ci vuole la fede e la certezza che non si è soli, che Gesù ci accompagna. Chi avversa Papa Francesco si ferma all’apparenza, in qualche modo si dimostra ateo devoto, alla fine il cuore del Vangelo è misericordia, annuncio di salvezza, è andare incontro a una vita piagata, quella che Papa Francesco ha chiamato: “Chiesa ospedale da campo”». 

  • Che cosa ne pensa della riflessione di Caselli che il cammino sinodale intende disincagliare la Chiesa in Italia e altrove dalla sua “comfort zone” e indirizzarla verso nuovi orizzonti di libertà e umanità? 

«Innanzitutto mi ha colpito che Caselli abbia accettato di dare un contributo a un libro sul cammino sinodale. Dà l’idea di un animo libero, Giancarlo Caselli è credente. Detto questo, avendo vissuto anni al capezzale delle patologie umane, si interroga su come declinare il Vangelo che porta ad avere una misericordia senza limiti con l’amministrazione della giustizia, che porta a capire e a definire ciò che è bene e ciò che è male. La libertà che invoca questa Chiesa disincagliata è perché talvolta la Chiesa ha smesso di essere Chiesa e si è fatta eccessivamente giudice, dimenticando il passaggio profetico che la dovrebbe portare sempre e comunque ad annunciare il Vangelo di salvezza. Talvolta la Chiesa ha confuso i ruoli, si è sostituita ai magistrati, talvolta addirittura si è sostituita a Dio». 

  • Emiliano Manfredonia, presidente nazionale delle Acli, sostiene che il camminare insieme, non da soli, si debba trasformare in un’esperienza che possa mettere a nudo i nostri peccati, le nostre paure e i nostri dolori, ponendo l’accento sul tema dei migranti. Solo così la Chiesa, e noi per primi, sapremo restituire un’anima al mondo che abitiamo? 

«Sì. Certo la Chiesa di oggi si deve interrogare sulle urgenze, come i fenomeni migratori. C’è anche l’emergenza climatica, ambientale, nel libro ne parliamo, che non a caso è saldata con le migrazioni. Nella “Laudato sì” Papa Francesco ha voluto affrontare il tema dell’ambiente, parlando di ecologia integrale». 

  • C’è un denominatore comune nel tipo di Chiesa che vogliono le tante voci che ha ascoltato?

«Sì, innanzi tutto, paradossalmente, tutte le voci chiedono una Chiesa più spirituale. Tutti gli interventi, proprio tutti, contengono un richiamo alla fede. Possiamo dunque chiedere al Signore il dono della fede, coltivarla con la preghiera e con i Sacramenti. Quindi una chiarezza a livello teorico, molto nitida di come saldare vita e fede, questo chiedono tutti quelli da noi interpellati. C’è anche il bisogno conclamato di non aver paura di dire: “Italia, rimettiti in ginocchio davanti al Santissimo, riapri i libri di preghiera, non aver paura di pregare”. Certo, fuori dal Tempio, avanti senza paura nel buio della notte che sfuma verso Emmaus. La nostra Emmaus è un mondo impoverito, in guerra, angosciato, un mondo con la crisi economica con un’economia di rapina che bisogna cambiare e sul quale bisogna incidere». 

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