Lo stile sinodale, una provocazione. Vincenzo Corrado: “Invita a svecchiare il linguaggio”

“Lo stile sinodale è una grande provocazione per tutti noi: un invito ad abbandonare la prassi del ‘si è fatto sempre così” e a svecchiare il linguaggio così da essere in grado di ascoltare, di relazionarsi e di essere compresi. Siamo chiamati a ripensarci per rendere più efficace il nostro servizio, a beneficio della comunità ecclesiale e dell’intera società, evitando il rischio, nel quale ancora si incorre, di raccontare solo se stessi o di dare spazio solo alle storie forti”.

Lo ha detto Vincenzo Corrado, direttore dell’Ufficio Comunicazioni Sociali della Cei, intervenuto al X Meeting Nazionale dei Giornalisti che si è svolto nei giorni scorsi a Grottammare (Ap). “Tutto ciò – ha ribadito – implica un ascolto profondo e accogliente, in grado di cogliere tutte le istanze, comprese quelle più delicate, senza imporre il proprio punto di vista e senza parlarsi addosso”.

Richiamando i messaggi di Papa Francesco per le Giornate mondiali delle Comunicazioni sociali, Corrado ha evidenziato come “non ci può essere parola senza incontro e ascolto. Nel cambiamento d’epoca in atto la grande sfida sta nel ripartire proprio dalle fondamenta il cui cardine sta nella persona che nella comunicazione è coinvolta in modo profondo: Andare, vedere e ascoltare – ha concluso – sono crocevia ecclesiale perché anche il parlare abbia uno stile sinodale, dialogico, interlocutorio. La buona comunicazione nasce da qui”.

“La Chiesa sinodale – ha detto nel suo intervento Thierry Bonaventura, Communication manager della Segreteria generale del Sinodo – è una Chiesa che si fa prossima agli uomini e alle donne di oggi perché sa di essere Chiesa in uscita, inquieta perché incompleta e vulnerabile. Attraverso l’ascolto – ha aggiunto – sa ed è desiderosa di gestire le varie tensioni che la attraversano senza esserne schiacciata. La Chiesa sinodale è chiamata a essere Chiesa samaritana accogliendo, guarendo, sostenendo e infondendo speranza nelle nostre quotidiane relazioni umane ancor prima di giudicare insegnare o condannare”.

A riprendere l’immagine del buon samaritano è stato anche Giovanni Tridente, giornalista e docente della Pontificia Università della Santa Croce che ha sottolineato l’attualità del tema della prossimità, anche per quanto riguarda l’interesse del magistero: “Declinato nella professione giornalistica, la prossimità si traduce in assunzione di responsabilità del proprio ruolo, nel prendersi carico della propria professione. Nel documento uscito da qualche giorno a cura del Dicastero della Comunicazione si fa riferimento all’icona del buon samaritano: per un giornalista è importante essere sulla scena, accorgersi di quello che accade e prendersi cura della realtà raccontandola bene, ovvero non limitandosi alle diagnosi, bensì narrandone anche la cura, le soluzioni. Il giornalista sta nel mezzo, tra il fatto che accade e la vita da dare a questo fatto”.

Il meeting di Grottammare è promosso congiuntamente dal quotidiano “Avvenire”, dall’emittente televisiva “TV2000”, dalla Federazione Italiana Settimanali Cattolici (Fisc), dall’Unione Cattolica Stampa Italiana (Ucsi), dall’Ordine dei Giornalisti, dall’Agenzia Sir  (Servizio Informazione Religiosa) e dall’Ufficio Comunicazioni Sociali della Cei. Tema di quest’anno è stato il “Giornalismo di prossimità”.

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