Insegnanti “sotto attacco”. Come risolvere il risentimento degli studenti verso la scuola

Come affrontare il risentimento che gli studenti sembrano nutrire verso la scuola come istituzione e verso gli insegnanti? Come ricucire il rapporto fra scuola e famiglia? Risponde Rossella Barzotti, psicologa e psicoterapeuta, coautrice con Roberto Cetera del volume “L’anima della scuola” (San Paolo).

  • Qual è la ragione per la quale gli studenti hanno sviluppato in questi ultimi decenni un forte risentimento verso gli insegnanti e da parte loro gli educatori hanno a volte rinunciato e abdicato alla loro missione rischiando anche di rinchiudersi in un atteggiamento auto-assolutorio?

«È stato il punto di partenza sul quale abbiamo riflettuto. Forti della nostra esperienza sul campo, per me in ambito clinico, abbiamo notato il forte risentimento dei ragazzi verso queste figure che dovrebbero invece assolvere un ruolo fondante nella formazione di un giovane. Una volta l’insegnante era un punto di riferimento, oggi non viene nemmeno considerato nell’immaginario di un ragazzo. Parlando con i ragazzi, viene spesso delineata una figura di docente inadeguato, incompetente e che non sa entrare in relazione con i loro vissuti. Quindi i ragazzi si sentono sempre più isolati e non compresi da un punto di vista psicologico nel loro processo evolutivo, che è molto delicato. Con Cetera abbiamo notato che il docente spesso non ha consapevolezza del suo ruolo educante, l’ha perso, ha abdicato a questo ruolo».

  • Per quale motivo iragazzi hanno disimparato a porsi domande, rinunciando a un bisogno di verità e curiosità che dovrebbero invece poter scoprire sui banchi di scuola?

«Si è venuta a creare una frattura tra i protagonisti della scuola, cioè da una parte i ragazzi che sono in grave sofferenza psicologica (c’è stato un incremento massiccio di tutte le sofferenze psicologiche: disfunzione dell’apprendimento, dipendenze, autolesionismi,  bullismo, violenza, aggressività, suicidi) e dall’altra parte i docenti che prendono distanza da questa sofferenza, auto assolvendosi. Rinunciando anche a mettersi in discussione. Tutto ciò ha creato sempre più una frattura tra i due mondi, all’interno di un sistema, che è quello scolastico, dove dovrebbero anche entrare i genitori, che si sentono a loro volta incompresi. Quindi il sistema scolastico è malato e l’abbiamo denunciato nel libro anche per mettere in movimento un sistema vetusto da tutti i punti di vista e dunque ripensare un sistema scuola diverso, che sia di apertura e non di chiusura».

  • Definite la scuola “sulla difensiva” anche perché spesso il corpo docente è costretto a  difendersi da potenziali attacchi non solo verbali degli studenti e dei genitori?

«Esattamente. Tutti e tre i protagonisti stanno sulla difensiva, arroccandosi nei propri sensi identitari, cioè ognuno vive all’interno della propria identità. È ovvio che sono i ragazzi a pagare maggiormente e noi adulti siamo molto responsabili di ciò».

  • Per Papa Francesco “La scuola è un laboratorio che anticipa ciò che dovrebbe essere nel futuro la collettività”. È questa la vera anima della scuola?

«Sì, abbiamo scelto questo titolo perché vorremmo suscitare desiderio da parte di tutti i protagonisti della scuola di recuperare quell’anima. Se si perde l’anima si muore. Con questa frase Papa Francesco (fondante nel fil rouge del nostro libro) è stato profetico, nel senso che ha messo in chiaro quanto ognuno di noi all’interno del sistema scolastico può recuperare quella vocazione. La vocazione a crescere per un ragazzo, a educare per un docente e a crescere, ad accompagnare il proprio figlio per un genitore».

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