Murubutu fra rap e letteratura a Nembro: “C’è spazio nella musica per temi importanti”

Nella serata del 21 giugno, l’associazione Migliori di Così – Festival delle Rinascite ha presentato un talk con Murubutu, insegnante e figura di spicco all’interno della scena rap italiana. Al centro della discussione, sempre guidata dal filo conduttore dei contrasti, il complicato rapporto tra musica – in questo caso, più precisamente, rap – e letteratura.

Nella prima fase dell’incontro, condotto da Michele, un ragazzo di Nembro, Murubutu ha parlato di rap come tecnica vocale che può esprimere concetti anche profondi e, allo stesso tempo, intrattenimento.

Metrica e figure retoriche rendono il rap contiguo a poesia e letteratura. Inoltre, non allungando le vocali, questo genere rappresenta uno spazio molto più ampio per trattare tematiche importanti in modo approfondito. Se il rap cominciasse, ha affermato l’artista, ad occuparsi con costanza di letteratura e di cultura, il valore dato in senso letterario sarebbe altissimo.

La musica, ha proseguito Murubutu, ha sempre subito una certa discriminazione nei confronti degli altri metodi letterari.

Non a caso le canzoni dei grandi cantautori italiani hanno fatto la loro comparsa soltanto di recente nei testi scolastici. Il rap soffre peraltro della stereotipizzazione – in buona parte giustificata – derivata dalla sua corrente predominante, ma al suo interno, se non generalizziamo, si ritrovano modi di farlo decisamente diversi tra di loro. 

Il tema della canzone politica nel rap e nella carriera di Murubutu ha un’importanza fondamentale. Le motivazioni che il rap appena nato portava lo affascinavano quando era giovane.

Il rap ha avuto problemi con la retorica e con la politica, anche internamente. Si è passati attraverso diverse fasi poco esaltanti, forse anche causa dei limiti espressivi del movimento politico che si trovava a rappresentare, e cioé quello delle Posse.

Si susseguirono ad un certo punto una fase di militanza retorica, di completa assenza di messaggio politico, di populismo in cui si pretendeva di fare un rap profondo senza farlo. 

È difficile trattare la politica con la musica, in pochi ci sono riusciti, forse solo i grandi cantautori del passato. Il rap sta provando ad imboccare questa strada di militanza politica da cui è nato.

Certo, è un genere che flirta tantissimo con il mainstream e con il commerciale. Esistono però mosche bianche, come Caparezza che ha numeri alti e parla comunque efficacemente di temi politici senza retorica, come Rancore e Willie Peyote.

Murubutu ha poi affermato di aver sempre provato a fare politica tramite il rap. Più che la sloganistica e la retorica, però, è importante secondo lui la narrazione di storie che sono parte di un contesto politicizzato.

L’intervista ha poi spaziato sul rapporto che il suo lavoro di insegnante ha con il suo mestiere musicale. L’artista ha rivelato che entrambe le professioni si influenzano a vicenda.

In particolare, gli capita di tenere lezioni interamente riguardanti la musica, e per mezzo di essa riesce anche a comunicare meglio con i suoi studenti.

È chiaro però: l’interesse culturale nei suoi brani non dev’essere inteso come un sostituto della manualistica, ma come spunto verso un approfondimento degli argomenti che si tratta. L’obiettivo rimane sempre lo stesso: veicolare dei contenuti nel modo più accattivante possibile. 

Tanto di approfondibile a tal proposito, ha raccontato Murubutu, ha l’album Infernum, realizzato assieme a ClaverGold. Il tema di fondo è l’opera dantesca, e al centro dominano riletture nella contemporaneità che vogliono allo stesso tempo diffondere l’opera e darne nuovi spuntiinterpretativi.

Taide, Minosse, Caronte sono tutti personaggi che raccontano dell’umanità di oggi in modo metaforico, senza perdere il contatto originale con Dante. La diffusione di Infernum, uscito durante la pandemia, è stata strepitosa, secondo il rapper anche per via della possibilità di interiorizzarlo a fondo a causa del lockdown.

E questo ci conduce all’interno di un’altra riflessione interessante: i fili conduttori degli album di Murubutu sono fondati su concetti attorno a cui legare tante narrazioni diverse partendo da un comune denominatore. La notte, la pioggia, l’Inferno di Dante e via dicendo. La figura dell’artista, all’interno della sua produzione, diventa quella del cantastorie, pronto a parlare – con misura e di rado – anche direttamente di sé, ma decisamente più incline a raccontare. 

Il rapper non ha nascosto il legame profondo che ha con la musica dei grandi cantautori degli anni ’70, in particolar modo con Guccini, con cui ha avuto la possibilità di dialogare in eventi pubblici nel recente passato. La sua principale ambizione è quindi quella di portare la sua musica nella direzione tracciata dai suoi artisti preferiti, con una cifra stilistica però decisamente diversa. 

Prima di salutare Nembro e di chiudere la serata, Murubutu ha risposto a diverse domande dal pubblico e ha eseguito quattro brani in live, tra cui Grecale e I marinai tornano tardi

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