Bergamo Festival 2023. Dacia Maraini: “Creare il tabù della guerra per riconquistare il futuro”

L’incontro del 30 giugno alle 21 presso il Monastero di Astino, nell’ambito del Bergamo Festival 2023, quest’anno dedicato a “Conflitti. L’Umanità alla prova” con il tema attualissimo “La guerra come tabù”, vedrà come protagonista Dacia Maraini, che dialogherà con Roberto Carnero, Professore associato di Letteratura italiana contemporanea all’Alma Mater Studiorum. Introdurrà Corrado Benigni, presidente di Bergamo Festival.

Abbiamo intervistato Dacia Maraini celebre scrittrice, poetessa e saggista, che ha redatto romanzi, racconti, opere teatrali, poesie, saggi e narrazioni autobiografiche tradotti in oltre venti Paesi, e che nel 1990 ha vinto il premio Campiello con “La lunga vita di Marianna Ucrìa”, nel 1999 il premio Strega con “Buio”, e ha ricevuto il premio Campiello alla carriera nel 2012. 

  • È possibile creare un tabù della guerra, l’idea che la guerra sia un’opzione impraticabile, una realtà messa al bando da tutti i Paesi del mondo?

«È quello che si auspicava Alberto Moravia. Come gli esseri umani, per sopravvivere in comunità ordinate hanno inventato il tabù dell’incesto, che in natura non esiste, così potrebbero creare un tabù della guerra. Sarebbe una impresa culturale, difficile da organizzare, ma vale la pena di tentare».

  • Ha espresso quanto pensa sulla guerra in una sua riflessione: “Dove c’è la guerra non contano più le distinzioni o si è amici o nemici. Dove c’è la guerra non contano più le parole: parlano solo le armi”. Il suo è un richiamo ai valori dell’umanità?  

«Certo. Ma è anche una osservazione semplice e pratica: dove c’è guerra le parole, i dialoghi, i confronti non valgono più. Il mondo si divide in amici e nemici da combattere e se possibile uccidere. È l’orrenda semplificazione della guerra. Inoltre le armi sono diventate troppo devastanti.

È vero che gli uomini si sono sempre fatti la guerra, ma si scontravano con gli archi e le frecce e poi con fucili elementari. Ora che abbiamo inventato le armi chimiche non si può nemmeno più parlare di guerre, ma di stermini di massa e questo dovrebbe fermare qualsiasi governante con un minimo di saggezza e amore per il futuro. Con le armi noi stiamo facendo una guerra all’umanità intera e al futuro. Una orribile minaccia contro i nostri figli e nipoti. Vi pare una cosa giusta?».

  • Ha sperimentato sulla propria pelle cosa sia la guerra da piccolissima, con la traumatica esperienza di due anni trascorsi in Giappone, in un campo di concentramento per antifascisti, insieme alla Sua famiglia: Suo padre l’orientalista, antropologo e scrittore Fosco Maraini, Sua madre, la pittrice e scrittrice Topazia Alliata e le Sue due sorelline minori. Che cosa ricorda di quell’esperienza? 

«Sto scrivendo un libro proprio su quell’esperienza. Con un poco di pazienza potrete leggere ogni dettaglio appena il libro uscirà alla fine di quest’anno».

  • Anche per aver vissuto quella terribile esperienza, è particolarmente sensibile al tema e a quanto sta accadendo oggi in Ucraina, a seguito dell’invasione russa. Che opinione ha riguardo la questione centrale dell’invio delle armi in Ucraina, che divide l’opinione pubblica italiana? 

«Io penso che la giustizia e la libertà vengano prima di tutto. Chi ha compiuto una enorme ingiustizia in questo caso? Chi ha invaso, bombardato ospedali e scuole? Chi ha portato via bambini per rieducarli a modo suo? Chi ha distrutto intere città in nome di un diritto inesistente? La resa alla prepotenza non è mai una via per la pace. Bisogna fare sentire la fermezza, ma anche fare di tutto per portare avanti trattative di pace».

  • Nel saggio “In nome di Ipazia” (Solferino 2023), una lunga riflessione al femminile, ricorda il coraggio di sua madre in Giappone. Ce ne vuole parlare? 

«Mia madre era una giovane donna coraggiosa e fiera. Quando le hanno detto che se firmava l’adesione alla Repubblica di Salò sarebbe stata lasciata libera con le tre figlie, lei non ci ha pensato un attimo. Ha detto che non firmava. Per fedeltà alle sue convinzioni, la prima di tutte il rifiuto totale e secco verso ogni forma di razzismo. E ha accettato con fierezza il campo di concentramento. È quello che insegna la grande figura di Antigone: se si è disposti a rischiare la vita per difendere un principio di giustizia, ci si comporta eticamente».

  • Papa Francesco non si stanca di prodigarsi per la pace in Ucraina con pazienza e perseveranza. “Viaggio a Mosca? Mentre scriviamo il cardinale Matteo Zuppi è in viaggio verso Mosca per la seconda tappa della missione di pace voluta dal Papa. Che cosa ne pensa?

«Ho molta stima e affetto per Papa Bergoglio che considero un uomo giusto, saggio e un vero amante della pace. Ma anche lui dichiara continuamente che sta dalla parte degli ucraini. C’è anche un’etica nella politica. E va rispettata. Altrimenti nessuno più rispetterà la giustizia».

  • Nulla è ancora chiaro su ciò che è veramente successo in Russia, dopo il forse fallito tentativo di golpe del capo del gruppo Wagner Yevgeny Prigozhin e su quali saranno le conseguenze. Ha provato a darsi una spiegazione? 

«Veramente anch’io non capisco quello che sta succedendo in Russia. Certo qualcosa di grave che credo cambierà la situazione. Ascolto quello che dicono gli esperti, soprattutto i russi che sono scappati in Europa. E sento che parlano di un tiranno che sempre più va somigliando a Stalin nel suo comportamento di diffidenza e brutalità, menzogna e violenze, anche nei confronti dei suoi vicini.  Staremo a vedere quello che succederà». 

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