Decreto lavoro: archiviata la stagione del Reddito di cittadinanza

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Con la recente conversione in legge del “decreto lavoro” viene definitivamente archiviata la stagione del Reddito di cittadinanza.

Il “decreto lavoro” riconvertito di recente in legge archivia la stagione del Reddito di cittadinanza (Rdc) in luogo del quale vengono introdotte due nuove misure: l’Assegno d’inclusione e il Supporto per la formazione e il lavoro.

Nel corso del dibattito il mondo della solidarietà – dalla Caritas all’Alleanza contro la povertà – ha espresso molte preoccupazioni per le soluzioni adottate e anche per lo spirito generale dell’operazione, condizionata da una retorica lavoristica che non di rado ha finito per associare la situazione di disagio a una mancanza di impegno da parte degli interessati.

Il Parlamento ha accolto alcune delle richieste di modifica avanzate dalla società civile, ma il nodo cruciale è l’impianto stesso della riforma, caratterizzato da un approccio per categorie che di fatto smantella il carattere universale della misura e riduce la platea degli aventi diritto secondo criteri astratti che non hanno riscontro nella complessità del fenomeno povertà.

La povertà non si può ridurre a fattori economici

Fenomeno che si conferma essenzialmente “multidimensionale” e non riducibile ai fattori economico-occupazionali.

Che il Rdc lasciasse senza tutela un’ampia quota di “poveri assoluti” e che avesse bisogno una revisione approfondita anche per correggere alcuni difetti emersi nell’applicazione (in parte prevedibili sin dall’impostazione originaria) era un’opinione diffusa e trasversale.

Ma l’impressione è che si sia compiuto un errore paradossalmente analogo a quello che a suo tempo portò alla nascita del Rdc, quando fu scelta una dichiarata soluzione di continuità con il preesistente Reddito d’inclusione, il Rei – risultato di una lunga sperimentazione – invece di integrarlo e, laddove necessario, di modificarlo in base all’esperienza sul campo.

In entrambi i casi è prevalsa la volontà di piantare la propria bandiera ideologica su interventi di cui pure si percepiva la necessità oggettiva.

Certo, il segno economico della manovra è radicalmente diverso.

Con il Rdc è stata messa in campo una quantità di risorse mai vista prima in questo ambito.

Poteva essere impiegata meglio, soprattutto evitando di offrire il fianco a quella retorica lavoristica a cui si è fatto cenno poc’anzi.

L’impegno finanziario si riduce di 2,7 miliardi

Nel caso attuale, invece, l’impegno finanziario si riduce di 2,7 miliardi e tale risparmio appare come uno degli obiettivi principali dell’operazione.

Ma come tutti i tagli non è per nulla indolore. Secondo i dati dell’Ufficio parlamentare di bilancio, solo il 58% dei beneficiari del Rdc potrà ricevere l’Assegno. Si tratta di 500 mila nuclei in meno, 823 mila persone.

Intanto però i poveri aumentano, non diminuiscono. Proprio negli stessi giorni in cui le Camere approvavano il “decreto lavoro”, la Caritas italiana ha diffuso i dati raccolti sul territorio nel 2022, registrando un aumento pari al 12,5% del numero di coloro che si sono rivolti per chiedere aiuto a centri e parrocchie.

Secondo un rapporto Istat di metà giugno, relativo agli anni 2021-2022, circa un quarto degli italiani risulta a rischio povertà ed esclusione sociale, nonostante la ripresa post-pandemia.

E la rilevazione è precedente al boom dell’inflazione, così che verosimilmente il quadro attuale è da ritenersi peggiorato.

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