Da Bergamo a Lisbona. La Gmg come “occasione scomoda” che sprona a mettersi in movimento

Un famoso proverbio dice che “la fretta è cattiva consigliera”: vero! Ma come la mettiamo con la “fretta” di Maria? Sarà “cattiva” anche la sua? O forse questa “fretta”, a cui ci invita anche Papa Francesco prendendo spunto dal versetto del Vangelo di Luca, porta con sé una dinamica di vita e di fede tutta da scoprire?

Sento preziosa la provocazione che scaturisce dalla decisione di Maria. Di fronte ai dubbi, agli imprevisti e agli stravolgimenti che travolgono la nostra vita, a volte la nostra reazione più spontanea è quella dell’immobilità. E la strategia è simile a quella degli animali che si fingono morti finché il pericolo non sia scampato. Maria, invece, fa l’esatto opposto: non può tenere per sé l’annuncio che ha ricevuto e sente irrefrenabile il bisogno della condivisione, nonostante la paura e il dubbio abbiano più che probabilmente attraversato la sua mente e il suo cuore.

Per quale annuncio andiamo in fretta?

Sono consapevole che il tempo storico nel quale stiamo vivendo non è certo ricco di annunci così pieni di gioia e di futuro: l’esperienza della pandemia di Covid-19 è ancora viva nella memoria e nel vissuto, una guerra si sta consumando ai confini dell’Europa e i migranti continuano a perdere la loro vita in mare. Per quale annuncio di gioia possiamo veramente alzarci e andare in fretta?!

Per molti pellegrini, non ci saranno quindi molte spinte particolari a far fare il primo passo verso la GMG che si terrà tra una manciata di giorni a Lisbona. L’augurio, però, è che da questa esperienza tutti possiamo portare a casa un po’ più di Chiesa e soprattutto un po’ più di mondo. Sia chi ci andrà realmente, sia chi ha scelto di rimanere a casa e la osserverà da lontano.

I pellegrini bergamaschi alla GMG e non solo

Per chi ha scelto di andarci, suggerisco di portare a Lisbona il proprio cammino personale di vita e di fede, saldo o traballante che sia. Mettiamolo accanto a quello di altri giovani come noi. Là saremo centinaia di migliaia di giovani.

Tra questi ci saremo anche noi, i 1027 pellegrini bergamaschi, ma non vogliamo ridurci a un semplice numero: ciascuno di noi ha un vissuto che porterà con sé. 1027 pellegrini di cui un Vescovo, cinquantacinque preti, cinque suore, trentasette giovani boliviani, otto ivoriani e ventitré cubani. Già questo piccolo quadro ci consegna prospettive diverse da cui lasciarci interpellare e ci fa comprendere come ogni singolo partecipare vivrà a modo suo l’esperienza della GMG.

Tra ricordi, racconti e sentito dire, di sicuro tutti coloro che oggi sono prossimi alla partenza si sono fatti un’idea di cosa sia questo appuntamento con il Papa. Gli immancabili “Italiano batti le mani” quando si vede sventolare il tricolore, le notti passate sotto le stelle, i “Change!” fatti ovunque anche all’incrocio dei semafori tra verde e l’altro, gli abbracci con persone che fino a poco prima erano dei perfetti sconosciuti, la condivisione delle stesse emozioni, il silenzio di una preghiera: tutti momenti di una bellezza e di una potenza straordinaria. Questo è certo.

Salvo, poi, rileggere quei precisi istanti nella loro totalità. Il tricolore non era italiano, ma messicano quindi il coro non è stato ricambiato; dormire all’aperto ogni tanto significa anche accogliere la pioggia; hai scambiato un braccialetto bellissimo con una statua di qualche santo sconosciuto, quell’abbraccio era un po’ sudaticcio e tu quelle emozioni e quel silenzio non volevi condividerli, magari in quel momento volevi startene nel tuo o urlare tutto ciò che ti portavi dentro. La bellezza e la potenza di tutti questi attimi stanno proprio qui: nella scomodità.

La GMG è anche un’occasione scomoda

La GMG è scomoda perché nel suo travolgerti ti sprona ad “alzarti” e “andare”, a interfacciarti con una possibile crisi perché lavorando su stessi qualche tasto dolente lo si può anche toccare. Da cristiani siamo chiamati a una santa inquietudine, al non sentirci mai arrivati, ad essere dei grandi rivoluzionari perché forgiati da quella scomodità, da quella fatica che sa terribilmente di vita. Come vivo è il Vangelo che ci interpella e ci smuove, ci invita ad alzarci e a cambiare il mondo partendo da noi stessi.

A Lisbona incontreremo faccia a faccia, scambiandoci bandiere, imparando a salutarci in altre lingue, stringendo mani e inginocchiandoci ai piedi della Croce. È Gesù che ci chiama, è Lui che desidera incontrarci, Papa e giovani insieme! E chissà che questo nostro trovarci lì, non possa diventare provocazione per tutti e soprattutto profezia di quella pace e di quella comunione di cui tutto il mondo oggi ha così tanto bisogno!

E allora: alziamoci e andiamo in fretta per vivere insieme questa GMG!

don Emanuele Poletti, direttore UPEE