Le vie del Sacro a San Paolo d’Argon. Don Cristiano Re: «Uomo e natura uniti da un legame inscindibile»

Grande successo per la camminata tra arte e natura «Cammini dello spirito» tenutasi domenica 30 luglio nella cornice di San Paolo d’Argon e dei suoi colli. Oltre 20 partecipanti, tra giovani e over 65 residenti della provincia di Bergamo, hanno avuto l’opportunità di riscoprire il patrimonio culturale di questo suggestivo territorio grazie alle affascinanti nozioni di Anita Galezzi, giovane de «Le Vie del Sacro», il progetto della Diocesi di Bergamo nato per riscoprire il patrimonio custodito nelle chiese, nei monasteri e nei musei nell’anno Bergamo Brescia 2023 Capitale Italiana della Cultura.

Partendo dal sagrato della chiesa della Conversione di San Paolo, la parrocchiale di San Paolo d’Argon, il gruppo ha potuto scoprire la storia e i “tesori” artistici, quali affreschi, pale d’altare e sculture barocche presenti all’interno della chiesa stessa.

«La chiesa, il monastero e il campanile sono sempre state connesse l’una con l’altra, questo grazie al nobile Giselberto che, nel 1076 volendo prendere i voti monacali, si stava recando in pellegrinaggio per quelle strade e sulla via incontrò i monaci cluniacensi, una sottocategoria dei monaci benedettini che facevano a capo al monastero di Cluny», introduce Anita Galezzi. Infatti, nel 1079, con un atto del 19 maggio, il nobile Giselberto donò a questi monaci un fondo di Argon per erigervi un monastero in onore dei Santi Pietro e Paolo. Contemporaneamente venne edificata anche la chiesa che venne consacrata nel 1198, grazie al vescovo Lanfranco con i privilegi dei Papi Callisto II e Onorio II.

Mentre i monaci benedettini praticavano il motto “ora et labora”, ovvero “prega e lavora”, creando una sorta di ecosistema autosufficiente all’interno della comunità d’Argon, «a partire dal 1400, con la nascita di San Francesco d’Assisi, si fondarono nuovi ordini, il francescano e il domenicano che predicavano l’idea della povertà per una maggiore vicinanza al Vangelo», prosegue la guida Galezzi. Nel 1466, l’allora Papa Paolo II assegnò il monastero in commenda a Giovanni Battista Colleoni, nipote del condottiero, il quale riuscì, con una bolla papale, a far passare di proprietà il monastero non più ai cluniacensi, ma ai cassinesi, di Montecassino.

All’esterno, la chiesa parrocchiale si presenta in marmo bianco di Trescore e Zandobbio ed è divisa in tre ordini. Nella parte bassa, primo ordine, ci sono le statue di San Pietro e San Paolo, in quella centrale le statue di San Benedetto e Santa Scolastica, mentre nel terzo ordine, in alto, si trovano una finestra e lo stemma del monastero: la spada di San Paolo.

All’interno della chiesa, c’è un’ampia navata con tre cappelle sia sul lato sinistro sia sul lato destro; le cappelle hanno una pianta rettangolare, sormontate da cupole ellittiche e illuminate da lanterne con uno stile artistico barocco e rococò. Le sei cappelle sono dedicate: al Crocifisso; a Sant’Antonio e ai santi protettori di Bergamo; alla Madonna del Rosario; a San Gregorio Magno; a San Benedetto; ai Santi Andrea,  Giovanni, Pantaleone e Lucia. Per quanto riguarda la navata della chiesa, essa è sovrastata da una grande volta a botte, affrescata con le iconografie di San Paolo e San Benedetto, dei dottori della chiesa (Sant’Agostino, San Gregorio Magno, San Girolamo, Sant’Ambrogio) e con le allegorie sui dodici apostoli.

Il gruppo in visita alla chiesa parrocchiale di San Paolo d’Argon

Successivamente, il gruppo ha proseguito l’itinerario con un’intensa camminata nella quiete verdeggiante della Val Cavallina per raggiungere l’eremo, cioè la chiesa della Madonna d’Argon. «Questa chiesa è stata inglobata ai possedimenti dei monaci e volle richiamare l’attuale basilica di Roma per ringraziare della concessione avuta da parte del Papa; nell’abside sono presenti degli affreschi dedicati ai dottori della chiesa, all’incoronazione di Maria e alla trasfigurazione di Gesù», conclude Anita Galezzi.

Il gruppo in visita alla chiesa della Madonna d’Argon

A completare questo percorso, tra arte e natura, è intervenuto don Cristiano Re,  direttore dell’Ufficio Pastorale Sociale e del Lavoro.

don Cristiano Re,  Direttore dell’Ufficio Pastorale Sociale e del Lavoro

«Dovrebbe essere spontaneo per noi mettere assieme la natura, l’umanità, la cultura, il lavoro, la società perché noi siamo una cosa sola; noi siamo le stesse persone, quando ci relazioniamo con gli altri, con la famiglia e sul lavoro» introduce don Re.

«L’esperienza monastica benedettina ci fa capire che da sempre l’uomo e la natura hanno un legame inscindibile: non esiste relazione e dedizione a Dio e alla comunità al di fuori dello spirito e del lavoro», spiega nuovamente don Re. Basti pensare all’impianto architettonico dei monasteri benedettini: il chiostro. Esso non solo permetteva di girare dentro lo spazio della comunità ma anche di entrare in contatto con il cielo, con Dio, in quanto tutti noi siamo parte dell’atto della creazione.

«Il Papa nell’enciclica Laudato si’ non ci dice qualcosa di nuovo, ma ci dice “attenzione che perdiamo le connessioni e le relazioni con tutto quello che ci circonda”; dobbiamo recuperare questo rapporto tra uomo, natura, cultura, politica e lavoro», sottolinea don Re. Inoltre, «l’immersione dentro la bellezza di questi posti possa ritornare a essere un’esperienza estatica, ovvero il bello mi porta fuori da me e mi eleva attraverso l’arte, il ritorno alla natura che si nutre e convive con la vita delle persone e rimette assieme i pezzi, un equilibrio che il Papa chiama “ecologia integrale” che tiene assieme l’ecologia ambientale, culturale, sociale e della vita quotidiana», precisa don Cristiano Re.

Quindi, «il monastero è un sistema integrato tra uomo, natura e spiritualità che dà la possibilità di mettere assieme i pezzi, creando reti comunitarie ed elevandoci a Dio per la moltiplicazione del bene», conclude don Cristiano Re.

Per informazioni sulle prossime visite guidate e iniziative a cura dei ragazzi e delle ragazze de «Le Vie del Sacro» seguite il sito ufficiale e i social di Fondazione Adriano Bernareggi. 

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