Diario della Gmg, l’incanto del Campo da Graça: alzarsi e aiutare gli altri a fare lo stesso

Il nostro viaggio prevede diverse ore di trasferimento in bus: ciò che per molti sembrava un limite del programma, diventa tempo prezioso per il riposo, alcune riflessioni, chiacchierate, qualche canto e per pregare insieme.

Così giovedì 3 agosto lasciamo Lourdes in direzione São Mamede da Ventosa.

È il vescovo Francesco che ci augura il buongiorno con un messaggio vocale e ci ricorda che non faremo un semplice trasferimento, ma un vero e proprio viaggio da vivere e gustare.

Di lì a poco ci immergiamo per ore e ore in paesaggi collinari stupendi, ricchi di colori e di cittadelle ordinate. Ci guidano le parole di Christian Bobin: “La contemplazione è ciò che minaccia maggiormente in modo bizzarro il superpotere della tecnica e per una ragione molto semplice: la tecnica apparentemente ci facilita la vita. Ma è un dogma di oggi che la vita sia facilitata. Chi ha detto che la vita deve essere facile e comoda? È comodo amare? È comodo soffrire? Lo è sperare?”

Ci regaliamo un po’ di tempo per confrontarci a coppie su ciò che ci ha colpito della giornata a Lourdes e sulle idee o domande che da questa tappa sono nate. “Nella vita di tutti i giorni nessuno ti chiede di raccontare la storia che ti morde il cuore e te lo mastica, e se qualcuno te lo chiede, nella vita di tutti i giorni nessuno riesce à raccontare quella storia, perché non trovi mai le parole adatte, le sfumature giuste, il coraggio di essere nudo, fragile, autentico” (Alessandro d’Avenia).

Sono le 21 e dopo mille e centocinquanta chilometri siamo a São Mamede. Ci attende un’accoglienza calorosa dei volontari della parrocchia e un vento fortissimo. Alcuni di noi alloggiano nei locali della parrocchia, altri in famiglia e altri ancora nelle scuole. Da subito abbiamo l’impressione di essere attesi. 

Prima di dormire Chiara mi scrive: “Siamo ospiti di Carmen, donna meravigliosa, che subito ci ha fatto sentire a casa… Entriamo nella nostra stanza e lì un pensiero per noi con la scritta benvenuti. Ma le sorprese non finiscono, perché arriva sua figlia di dieci anni con un braccialetto fatto da lei. Non ci aspettavamo tutto questo. Grazie”.

Il vento si è placato e iniziamo una nuova giornata. Siamo quasi in mille al centro educativo, dove già da ieri sera è esploso il clima Gmg tra cori, balli, saluti e scambi tra oratori. E per ora siamo solo bergamaschi. Per la catechesi e la messa di oggi c’è un’ospite d’eccezione: il cardinale e presidente della Cei Matteo Zuppi, per tutti don Matteo. Chi meglio di lui può parlarci del tema dell’amicizia sociale? Dopo uno scambio a gruppi ci mettiamo in ascolto.

Il cardinale parte dalla differenza tra amicizia e amore, dove una nutre l’altro e viceversa, e ci porta subito alla questione centrale: “Il noi non può essere solo per nutrire l’io, che così si ammala. Tu non stai bene per davvero se non sei insieme agli altri. E questo ci rende amico il mondo, anche in quei tratti che ci fanno paura”. E ci invita: “Non restate nella fila dei disillusi, che si accontentano o parlano male, ma con la vostra amicizia cambiate il mondo, come una goccia arriva all’oceano. Ma è vero anche che nella goccia, quella del vostro amore, ci sta tutto l’oceano”.

I volontari della parrocchia hanno preparato per tutti il baccalá.

Ancora una volta “in fretta si va” sul pullman. Direzione Lisbona, dove ci aspetta la Via Crucis con il Papa. È un momento intensissimo, forse il più forte di questi giorni. Il Papa arriva nel parco e sale verso il palco. Edoardo commenta: “Sono riuscito a vedere passare papa Francesco ed ero a due metri da lui. Non pensavo mi facesse così tanto effetto, avevo la pelle d’oca. È stata un’emozione che son contento di aver vissuto a pieno”.

Anche Sara ricorda con emozione questa serata: “Già prima dell’inizio della via Crucis l’atmosfera era bellissima: giravamo per il parco per parlare con giovani provenienti da tutto il mondo, ci scambiavamo oggetti e cantavamo in unico coro, per manifestare il motivo della nostra presenza: “Esta es la joventud del papa”: noi siamo qui, siamo un’unica voce che vuole urlare e ricordare al mondo che la chiesa non è qualcosa di vecchio, di passato, la chiesa è qui ed è il nostro oggi. La via Crucis è un vero e proprio spettacolo: chi ha detto che con il papa si prega e basta? Ci siamo tuffati nelle quattordici stazioni, andando in profondità, per capire che quelle stesse tappe le viviamo nella vita di ogni giorno. Come è successo a Gesù è normale cadere: una, due e anche tre volte, perché non saranno esse a determinare la nostra persona. Noi non siamo i nostri sbagli, noi siamo molto di più. Alzati e seguimi, ci ripete Gesù”. Il Papa ci ricorda di non aver paura di amare, come Dio, e di lasciarci amare, consegnando a Lui senza paura i nostri pianti. 

Il sabato mattina è tempo di confessioni a São Mamede. Dopo l’introduzione sulla misericordia del vescovo Francesco, ciascuno liberamente si accosta al sacramento. È un po’ difficile per noi, ma forse anche questo è lasciarci amare da Dio. “Lascia che te lo dica oggi quanto ti voglio bene, quanto tu sei stato sempre per me, come hai arricchito la mia vita” ci ripete Gesù nelle parole di Herman Hesse. È una mattinata piena di emozioni, che si chiude con il ringraziamento alla parrocchia, che in questi giorni ci ha fatto sentire a casa.

I pullman sono di nuovo carichi e si riparte in  direzione Lisbona. Dobbiamo camminare per cinque chilometri sotto il sole e con lo zaino sulle spalle per giungere al Campo da Graça, luogo della veglia e della messa con il Papa. È uno spettacolo di colori, di bandiere, di volti sorridenti e di lingue diverse, che convergono in uno stesso luogo. Arriviamo con tutti i bergamaschi nel settore A9, che è già stracolmo, e per trovare un posto dobbiamo chiedere ai gruppi vicini di lasciarci un po’ di spazio. Siamo accaldati e accalcati, qualcuno è preoccupato per la notte, ma prevale l’entusiasmo.

L’arrivo della Croce su una barca apre la festa. Siamo in tantissimi, tanto che non si vede la fine della folla. Il sole tramonta in riva all’oceano e arriva anche Papa Francesco. Inizia la veglia. Giorgia al termine commenta: “Levantarse y ayudar a otros a levantarse (alzati e aiuta gli altri a rialzarsi), questo il messaggio di amore fraterno che il Papa ci ha lasciato stasera. Una veglia intensa, vissuta immersi tra lingue e culture diverse, ma tutti uniti dallo stesso sguardo verso la croce”.

Anche Silvia è rimasta colpita: “È il momento della Gmg che mi ha colpito di più. Papa Francesco è riuscito ad emozionare noi giovani, toccando il nostro cuore con parole preziose: ci ha spronato a saperci rialzare anche, e soprattutto, nei momenti più difficili, quando tutto ci sembra andare per il verso sbagliato. “L’unico momento in cui è lecito guardare una persona dall’alto verso il basso è per aiutarla a rialzarsi”

Camminare, rialzarsi e allenarsi, perché nulla nella vita è gratis, se non l’Amore di Dio per noi. Ed è proprio questo Amore, che contempliamo nell’adorazione silenziosa dell’Eucarestia, che chiude la nostra preghiera. Mi colpisce come per circa mezz’ora regni il silenzio: i giovani pregano in ginocchio e con lo sguardo all’altare. Un momento di un’intensità fortissima.

È ormai notte sulla spianata. Ci si prepara a dormire qualche ora per recuperare le forze. I giornali dicono che siamo un milione e mezzo. Anche da casa ci arrivano messaggi, di chi sta seguendo l’evento in televisione: una meraviglia.

Sono le 6.00 quando suona la sveglia. Con i sacerdoti saliamo nel settore vicino al palco per concelebrare la messa. È un bel momento di fraternità, dove ci ritroviamo come confratelli. Per i giovani la sveglia arriva alle 7.00 a ritmo di musica, con un prete dj che pompa nelle casse e con un’alba spettacolare. Ci vengono in mente le parole di Papa Giovanni: “Tantum aurora est” (e siamo solo all’inizio).

È già quasi ora. Arriva Papa Francesco e inizia la messa. Brillare, ascoltare Dio e non avere paura. Sono i tre verbi, che il Papa ci chiede di portare nella nostra vita quotidiana per cambiare il mondo. Senza dimenticare i nonni, che sono le nostre radici. E aggiunge: “Amici, permettete anche a me, ormai anziano, di condividere con voi giovani un sogno che porto dentro: è il sogno della pace, il sogno di giovani che pregano per la pace, vivono in pace e costruiscono un avvenire di pace”. E chiude ripetendo più volte: “Obrigado”. Un grazie, che subito apre ad una restituzione grata.

Al termine della messa lasciamo il campo per recuperare ombra ed energie. Siamo stanchi, ma i nostri volti sprizzano gioia. Pietro durante il pranzo si avvicina e mi confida: “Mi dà quasi fastidio dover ammettere, nonostante il mio scetticismo religioso, quanto sia incredibile Papa Francesco. È forse l’unica persona in grado di muovere letteralmente il Mondo e i suoi giovani e radunarli tutti insieme”. “È il successore di Pietro”, gli rispondo “e questa è la bellezza della Chiesa”. Passano diversi gruppi. É il momento degli ultimi scambi: spille, magliette, bandiere e oggetti vari, che ci ricorderanno: “Io c’ero!”.

Attraversiamo in autobus il lungo ponte Vasco da Gama. Inizia il viaggio di ritorno, che farà tappa a Barcellona. Siamo stanchi sí e approfittiamo di questa lunga notte per dormire e riposare, ma l’entusiasmo è alle stelle, tanto che qualcuno già pensa al Giubileo dei Giovani a Roma nel 2025 e alla Gmg di Seul nel 2027.

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