Il Papa in partenza per la Mongolia, Paese in cui i cattolici sono una minoranza. Suor Chiara: “Ci mostra un’immagine di Chiesa viva”

Buongiorno suor Chiara

Ho letto che Papa Francesco sta per partire per la Mongolia. A Lisbona ha annunciato che la prossima Gmg sarà in Corea del Sud. Personalmente sono colpito dall’attenzione che riserva a Paesi in cui i cattolici sono una minoranza. Anche se forse oggi sono una minoranza anche nella “vecchia” Europa. Cosa ne pensa? Grazie mille

Franco

Caro Franco, anche nella nostra Europa, i cattolici sono una minoranza, destinati – di questo passo – a diventare veramente un piccolo gregge. Nel nostro continente la fede cristiana appare “vecchia e fredda”, poco capace di parlare al cuore delle persone e di dare significato alle loro esistenze, provate da fatiche e da sofferenze. Nelle nostre città, nelle nostre piazze, in ogni ambito della nostra società l’annuncio cristiano sembra aver perso la sua forza, la sua significatività e la freschezza che dovrebbero caratterizzarlo. 

In altri contesti, però, non è così. I viaggi apostolici di papa Francesco e dei suoi predecessori, in ogni parte del mondo, ci mostrano e ci hanno sempre mostrato il volto di Chiese entusiaste, sebbene in minoranza e sofferenti a causa di persecuzioni; Chiese vive, desiderose, come lo erano le prime comunità cristiane, di essere confermate nella fede dal successore di Pietro per continuare a testimoniare il Vangelo anche in situazioni di guerre, di povertà e di ingiustizia.

In questi Paesi l’annuncio del Vangelo continua ad essere veramente dirompente, capace di dare una svolta all’esistenza di ogni uomo. Molti cristiani, in queste terre, hanno dato la vita per il Vangelo!

Vorrei citare ad esempio la figura di Shahbaz Bhatti, Ministro per le minoranze del Governo di Islamabad, in Pakistan, ucciso perché cristiano il 2 marzo 2011. Nel suo testamento spirituale lascia trasparire il suo Sì a Cristo anche a costo della vita: “Ricordo un venerdì di Pasqua quando avevo solo tredici anni: ascoltai un sermone sul sacrificio di Gesù per la nostra redenzione e per la salvezza del mondo. E pensai di corrispondere a quel suo amore donando amore ai nostri fratelli e sorelle, ponendomi al servizio dei cristiani, specialmente dei poveri, dei bisognosi e dei perseguitati che vivono in questo paese islamico.

Mi è stato richiesto di porre fine alla mia battaglia, ma io ho sempre rifiutato, persino a rischio della mia stessa vita. La mia risposta è sempre stata la stessa. Non voglio popolarità, non voglio posizioni di potere. Voglio solo un posto ai piedi di Gesù. Voglio che la mia vita, il mio carattere, le mie azioni parlino per me e dicano che sto seguendo Gesù Cristo. Tale desiderio è così forte in me che mi considererei privilegiato qualora — in questo mio battagliero sforzo di aiutare i bisognosi, i poveri, i cristiani perseguitati del Pakistan — Gesù volesse accettare il sacrificio della mia vita.

Voglio vivere per Cristo e per Lui voglio morire. Non provo alcuna paura in questo paese. Molte volte gli estremisti hanno desiderato uccidermi, imprigionarmi; mi hanno minacciato, perseguitato e hanno terrorizzato la mia famiglia. Io dico che, finché avrò vita, fino al mio ultimo respiro, continuerò a servire Gesù e questa povera, sofferente umanità, i cristiani, i bisognosi, i poveri”.

Le parole di questo fedele discepolo del Signore, insieme alla testimonianza di molti altri, sono un pungolo al cristianesimo “da museo” (cfr. papa Francesco), che caratterizza la nostra Europa, sterile e arido, incapace di generare vita nuova.

La fede nel Signore Gesù morto e risorto non dovrebbe essere un fatto prettamente culturale, come appare nel nostro mondo occidentale! No! Anche da noi la fede deve essere il frutto di una scelta, di un incontro, di un’esperienza di amore gratuito che riempie il cuore e la vita; anche nella nostra società opulenta, il Vangelo, accolto con consapevolezza e radicalità, deve essere in grado di risvegliare le coscienze e aprirle a valori più alti. 

E allora, ben vengano, oggi, nelle nostre Chiese, i “fratel Biagio Conte”, i “don Roberto Malgesini”, le “Annalena Tonelli”, le “suor Laura Mainetti”, i “don Fausto Resmini”! Ben vengano! I loro esempi, la loro santità, la loro intercessione ci aiutino ad essere quel poco di lievito che, nella grande massa del mondo, è in grado di fermentare tutta la pasta rendendola semplicemente “umana”.

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