Giovani & matrimonio. Suor Chiara: in un tempo d’incertezza, la paura dell’amore a tempo determinato

Buonasera suor Chiara,
Settimana scorsa ho ospitato a cena alcuni amici di mia figlia adolescente. Il discorso si è soffermato sull’idea di formare una famiglia “quando saranno grandi” e mi hanno un po’ sorpreso dicendo che per loro l’idea del matrimonio è ormai “fuori moda”. Sono rimasta spiazzata, ho provato a rispondere ma mi sono accorta di non essere convincente. Come mai secondo lei oggi si fa così fatica a considerare positivo un legame per la vita? Siamo noi adulti che abbiamo dato un esempio poco edificante?
Luisa

Cara Luisa, comprendo la tua sorpresa di fronte alla risposta che ti è stata data, e anche la tua fatica ad accettare che, nelle nuove generazioni, il matrimonio abbia perso di significato e di valore.

I giovani scelgono facilmente la convivenza, magari poi si uniscono civilmente e a volte si sposano in chiesa. Molteplici potrebbero essere le cause di questa disaffezione a un legame stabile.

Viviamo in un tempo di provvisorietà, di grandi incertezze, dove si fatica ad avere un lavoro duraturo e si continua a vivere contratti a tempo determinato. La crisi economica, ma anche l’andamento socio-culturale reclama la sua responsabilità. Il fattore economico e quello culturale vanno di pari passo, perché l’uno influenza l’altro. Da una parte si osservano giovani con una scarsa propensione a intraprendere questa scelta, dall’altra vi è un contesto sociale e politico che dedica scarsa attenzione e cura alle nuove generazioni.

La popolazione giovanile è ai margini: gli viene chiesto poco, gli viene dato poco e, di conseguenza, da essa si ottiene poco. La famiglia di origine è vista, oggi, come un luogo di protezione e sicurezza, in cui i giovani beneficiano di una armonia generazionale senza precedenti, e spesso, in condizioni di grande libertà. Emanciparsi significa perdere in qualità della vita, perché solitamente significa rinunciare al livello di benessere e di consumo raggiunto dalla famiglia di origine.

Sposarsi è assumere un impegno preciso, specifico, concreto, che implica un progetto a lungo termine per il quale molte persone non si sentono preparate o non sanno se saranno capaci di viverlo.

Non credo che le persone mettano in dubbio i loro sentimenti, ma piuttosto, che molti temano che quel sentimento possa perdurare nel tempo. Il crescere delle separazioni e dei divorzi innesca il timore di un fallimento e non fa altro che porre dubbi sulla possibilità di un legame che rimanga per sempre.

Accanto a tutte queste considerazioni, ne aggiungo un’altra molto importante. Abbiamo perso coraggio e fiducia nella forza dell’amore e nel dono di un’alleanza nella quale Dio stesso si impegna.

Non è solo in gioco un amore umano, pur fondamentale e necessario, ma quello di un Dio che si vuole compromettere nella relazione d’amore, una relazione che benedice, rende feconda e vuole che sia segno del suo amore.

Allontanando il Signore dalla vita, perdendo la fede in Lui, lo escludiamo anche dall’amore, lui che è l’Amore per eccellenza, e gli impediamo di innestare il sentimento umano più bello, in quello divino, perché cresca e affronti le sfide che la vita presenta. Il sacramento del matrimonio è un atto di fede e di amore, nel quale la coppia, mediante il libero consenso, realizza la sua vocazione di donarsi l’uno all’altro, senza riserve e senza limiti.

È una scuola di amore in cui passare continuamente dall’”io” al noi, da una vita autocentrata, a una completamente donata: questo non è sempre così facile, costa anche fatica, rinuncia al proprio modo di pensare, alle proprie abitudini, al proprio “sentire”.

L’amore però non è solo emozione e sentimento, ma anche desiderio e volontà di costruire la propria vita su una roccia dalle fondamenta profonde e stabili. Questa è la sfida grande dell’amore umano chiamato a divenire segno di quello divino, di Colui che per amore tutto a noi si è donato.