Sopravvivere all’adolescenza con 16 lezioni d’amore. Stefano Rossi: ”Impariamo a ragionare con i ragazzi”

Quando volgiamo lo sguardo indietro e ripensiamo ai nostri anni più belli, il periodo  dell’adolescenza è certamente quello che più ricordiamo con affetto e nostalgia. Eppure, allora, quando lo vivemmo, era carico di problemi, non solo scolastici, ma esistenziali. 

Stefano Rossi, psicopedagogista scolastico e conferenziere tra i più amati, uno dei massimi esperti di didattica cooperativa e educazione emotiva di bambini e ragazzi a rischio, ha appena pubblicato “Lezioni d’amore per un figlio” (Feltrinelli URRÀ 2023, pp. 224, 16,00 euro), per “Accompagnare i ragazzi nei labirinti dell’adolescenza”, come recita il sottotitolo del testo. 

Un’età complicata, ma si può e si deve sopravvivere all’adolescenza e uscirne rafforzati. 

In quale modo ce lo spiega l’autore in questo libro delicato e profondo, che contiene 16 lezioni d’amore, affinché si possa insegnare ai giovani l’arte più importante della loro esistenza: imparare a volersi bene. 

Abbiamo intervistato Stefano Rossi, uno dei maggiori esperti di infanzia e adolescenza in Italia, il quale, dopo aver lavorato come educatore di strada nelle periferie e coordinato centri psicoeducativi per famiglie e minori, oggi si occupa di ricerca, formazione e consulenza psicopedagogica per insegnanti, ragazzi e genitori. 

«Ai miei amati ragazzi, che mi hanno permesso di pensare e sentire l’adolescenza con amorevole empatia. A voi genitori, educatori e insegnanti, alle prese col burrascoso e affascinante mare aperto dell’adolescenza. Affinché possiate essere quel faro di cui loro hanno disperatamente bisogno».

  • Per quale motivo l’adolescenza è vissuta quasi sempre come un’età difficile e disorientante?

«Cominciamo col dire che l’adolescente è per natura una creatura che ha un cuore pieno di tagli. Significa che il compito dell’adolescente è saper nascere, cioè psicologicamente l’adolescente deve fare un’operazione dolorosissima, uccidere simbolicamente il bambino che non può più essere e far fiorire il nuovo sé di adolescente. Qui sta la fatica. L’adolescente è come un’artista, il bambino è una tela bianca nelle mani del genitore, dove il bambino riceve tutte le proiezioni genitoriali. Anche l’adolescente le riceve ma deve far nascere il proprio quadro, la propria identità, il proprio sé, trovando un equilibrio tra la scoperta della sua nuova forza e la bellezza della sua nuova forma. Ecco, l’adolescente deve partorirsi e questo è molto doloroso.

–     Cosa possono fare i genitori, la scuola, gli insegnanti e gli educatori?

Bisogna ripartire da un’educazione emotiva, relazionale e sentimentale dei nostri ragazzi, perché penso che oggi ai ragazzi parlano tutti. Parla il marketing, parlano i social media, le cattive compagnie e molti influencer disfunzionali, ma noi genitori ed educatori parliamo poco con i ragazzi. Allora ho provato a condensare in questo libro 16 lezioni d’amore che sono delle metafore, delle immagini che possono aiutare l’adulto, insegnando al genitore ma anche al/alla ragazzo/a ad avere occhi più profondi per leggere sé stesso/a e la sua vita. L’adolescente non è solo un artista ma anche un navigatore e deve far nascere sé stesso su quattro isole: l’Isola del sé, l’Isola dell’amicizia, l’Isola dell’amore e l’Isola del desiderio. Su queste quattro isole ci sono dei labirinti, dove è facile perdersi, le 16 lezioni d’amore che ho inserito nel libro non sono 16 lezioni sugli adolescenti, ma sono 16 metafore d’amore per pensare con gli adolescenti. Uno dei compiti di chi lavora con i ragazzi non è pensarli solamente ma pensare insieme a loro. Partendo da queste lezioni, sia gli insegnanti sia i genitori possono trovare quelle parole e quegli stimoli per aiutare gli adolescenti».

  • Nel libro tratta anche un tema di grande attualità: l’ansia, che logora la mente e il cuore dei nuovi adolescenti. Ci riferiamo all’abbandono scolastico, al fenomeno hikikomori e al suicidio. Ce ne vuole parlare? 

«Dobbiamo iniziare a capire che siamo in un tempo diverso, siamo in quella che possiamo chiamare “la società della prestazione”, che divide il mondo in vincenti e perdenti, di conseguenza, mentre l’attuale generazione di genitori è cresciuta in un mondo verticale, che per quanto possibile tendeva a essere un mondo morale, dove vi erano dei valori e nel bambino veniva introdotto il senso di colpa come embrione del senso di responsabilità, oggi i nuovi genitori sognano non più un bravo bambino ma un bambino di luce. Quindi mettono sulle ali del figlio il peso di un’aspettativa idealizzata che abitua il bambino non più al senso di colpa, ma al senso di inadeguatezza. Se poi aggiungiamo il mondo dei social che funziona secondo la logica del numero, gli attuali adolescenti sono dei bambini che guardando i primi video su YouTube da piccoli e notavano che questi video avevano tante visualizzazioni. Quindi l’attuale generazione di adolescenti si auto vincola alle metriche del corpo: anoressia, vigoressia cioè l’anoressia maschile, il fitness compulsivo, l’ossessione che hanno alcuni adolescenti sull’ingigantimento del corpo. Dunque steroidi, palestra in maniera smodata, tutto questo perché alla base c’è un senso di inadeguatezza. Il filo rosso, anzi insanguinato, che unisce il ragazzo, che pensa al suicidio all’anoressica, al ragazzo che ha l’attacco di panico, al ragazzo autolesionista, al ragazzo hikikomori, è la paura di non essere all’altezza. Perché nella società della prestazione devi volare sempre più in alto. Quindi questi adolescenti fuggono: il ritirato sociale fugge a casa, l’autolesionista fugge facendosi del male, chi ha l’attacco di panico fugge da sé stesso, l’anoressica e il ragazzo che ha la mania del fitness fugge nell’idolo del proprio corpo. I ragazzi di  oggi fuggono, quindi hanno bisogno di lezioni d’amore per  imparare l’arte di volersi bene. La lama del dover aver successo a tutti i costi attanaglia giovani e adulti, ma i ragazzi che sono più fragili e senza pelle, patiscono più di noi». 

  • Ci fa un esempio di lezione d’amore? 

«Una lezione d’amore importante legata al labirinto dell’inadeguatezza è insegnare ai nostri ragazzi che il bullo peggiore è quello che sta dentro di noi. Noi abbiamo una luce interiore, ciascuno ha la propria, questa voce ci parla, anche a noi adulti. Nella “società della prestazione” ci parla mortificandoci, dicendoci che facciamo schifo, che non valiamo niente, che non siamo abbastanza magri e belli. Dobbiamo insegnare ai ragazzi a riconoscere la voce del proprio bullo interiore mettendola in discussione, cioè riconoscerla per trasformarla piano piano nella voce di un buon amico interiore che mi dice: “Rimboccati le maniche e impara a volerti bene”. Le lezioni d’amore sono delle metafore, delle immagini che arrivano al cuore del lettore, utili per leggere sé stessi. Perché uno dei compiti dell’adolescenza è saper leggere il mondo ma anche saper leggere le proprie emozioni e i propri pensieri». 

  • Negli ultimi vent’anni ha formato più di 700 scuole sugli strumenti dell’educazione emotiva e ha ideato progetti di contrasto alla dispersione scolastica, confluiti nel Metodo Rossi della Didattica Cooperativa, di cui dirige il Centro. In cosa consiste il Suo metodo? 

«Consiste nell’utilizzare delle metafore, delle immagini, come queste lezioni d’amore per proporre un’educazione, che coltivi menti critiche e cuori intelligenti. Abbiamo un cervello che ha due dimensioni: un cervello che pensa, la corteccia, e quello che sente, i circuiti emotivi. Il compito di noi adulti, a scuola o fuori dalle aule scolastiche è insegnare ai ragazzi a diventare una mente critica ma anche insegnare ai ragazzi a essere un cuore intelligente che sappia sentire i propri sentimenti. Unire mente e cuore per l’educazione dei ragazzi».

  • Si è ispirato a Don Milani? 

«Sicuramente Don Milani era un maestro di empatia. Diceva: “I care”, “mi sta a cuore”. Dico sempre ai genitori e agli insegnanti che incoraggiare i ragazzi vuol dire mettere il nostro cuore dentro il loro. E mettere il nostro cuore dentro il loro significa far sentire a loro che a loro teniamo veramente». 

  1. Non vorrei rivivere,neanche se mi pagassero,la mia adolescenza, il periodo del liceo. Fu veramente troppo pesante.

  2. Come sempre, Stefano Rossi, entra in profondità con parole semplici attuali e condivisi. Ho avuto modo di conoscerlo come relatore per la nostra scuola a Gaggiano, ho cercato di applicare i suoi consigli e i frutti sono arrivati, nel tempo con pazienza e perseveranza. Grazie !!

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