Zerocalcare e Manconi parlano del carcere: “Salvaguardare la dignità delle persone”

“Salvaguardare la dignità dei carcerati vuol dire salvaguardare l’essere umano, quindi anche noi”. Le parole di Luigi Manconi, sociologo, politico ed ex docente universitario, vanno controcorrente. Esprimere un’opinione così sul carcere in un momento in cui l’opinione pubblica invoca più sicurezza non lo rende popolare.

Eppure nel cortile di Palazzo Ducale, al Festivaletteratura di Mantova, c’era un pubblico foltissimo ad ascoltare un incontro su “Oltre le sbarre”. Presenti anche tanti giovani, “trainati” anche dalla presenza del fumettista Zerocalcare, un autore che nelle sue “nuvolette” dice senza filtri ciò che pensa e non trascura i temi sociali.

Manconi ha scosso il pubblico parlando delle condizioni dei reclusi in cella, sottolineando che a colpire i visitatori del carcere è prima di tutto l’odore «di quella massa di corpi incastrati, sovrapposti, mescolati nei loro effluvi e miasmi che fanno il carcere, il grande rimosso della società».

Eppure nel trattamento che subisce chi sbaglia si riflettono la struttura e gli obiettivi della società contemporanea. L’assenza di privacy è parte della “punizione” di chi commette un reato, portata all’estremo diventa un modo per privare le persone dell’umanità, trasformandole in “corpi abbruttiti”.

Zerocalcare vive a 100 metri da Rebibbia “un edificio che occupa il centro del quartiere, in senso fisico e metaforico”. La convivenza però si limita alla presenza, al pensiero, mentre “oltre le sbarre” in qualche modo la vita va avanti.

Il carcere è molto presente nei suoi libri, in modi diversi, con le molte dinamiche che lo popolano, all’interno e tutt’intorno. «A me – racconta con un pizzico d’indignazione – arrivano messaggi deliranti da avvocati, per cui mi chiedo come sia possibile per gente che ha fatto studi giuridici promuovere la tortura, c’è qualche cosa che si inceppa da qualche parte».

Le persone che gravitano intorno al carcere, secondo i racconti del fumettista, hanno caratteristiche particolari “che non si trovano altrove. Quello che succede al di lа delle mura lo vedi solo in caso di rivolte con il fumo nero e le sirene, altrimenti resta sullo sfondo. Nascosto”.

Togliendo ogni sovrastruttura, ogni libertà, come ha fatto notare Manconi, ogni detenuto viene spinto a regredire fino all’infanzia. L’addetto alle pulizie si chiama scopino, l’incaricato della spesa, spesino, il compagno di cella concellino, i loro discorsi sono dominati da una dimensione infantile e vezzeggiativa che stabilisce la minoritа, priva di indipendenza”.

In questo modo, si sono chiesti i relatori, si attua la spinta alla rieducazione, per trovare un nuovo posto nella società una volta scontata la pena?

“Sarebbe bello se il carcere fosse di vetro – ha aggiunto Zerocalcare lanciando una provocazione – perché se le brutture che vi accadono fossero visibili faremmo molta più fatica ad ignorarle”.

Manconi ha riportato all’attenzione la condizione di 19 bambini da 0 a 3 anni rinchiusi con le loro madri, “Innocenti assoluti” ma sottoposti alle regole come gli altri.

Seppure sia un luogo altro che sta “fuori” dalla vita quotidiana, dicono Manconi e Zerocalcare, il carcere è una realtà con cui fare i conti, cercando l’equilibrio giusto per consentire che avvenga il meglio: una volta scontata la pena si torna a casa, e si intraprende una nuova vita, che sia anche il frutto di ciò che questo percorso ha insegnato. Fare in modo che questo possa accadere – un punto di partenza e di arrivo – vuol dire salvare la nostra umanità.

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