Preti in movimento, tra fatiche e speranze

Si può soffrire chiudendo una porta? Sì, eccome. E si può scoprire così che oltre ai segni del potere, esiste anche il potere dei segni. Ed è fortissimo. Sono stati due i momenti per me più difficili, nel salutare le mie comunità di Grumello del Monte e di Seriate e sono stati, questi, due momenti che ho vissuto da solo, perché doveva essere così ed era giusto fosse così.

I momenti dei saluti ufficiali sono stati belli e, seppur la commozione non mancasse, li ho vissuti bene e senza dare a vedere la sofferenza. Durante le omelie al massimo la voce è tremata un po’ in qualche istante ma, essendo di carattere riservato, difficilmente lascio trasparire in pubblico le emozioni che provo.

Ero con la mia gente e dovevo essere forte. I momenti difficili sono stati il giorno della partenza, ieri pomeriggio. Ho guardato la mia stanza e il mio studio a Grumello: tutto vuoto. Sui muri i segni dei quadri che rendevano quella stanza la “mia” stanza, la scrivania perennemente in disordine vuota, gli armadi vuoti.

Poi, il momento di chiudere dietro di me quella porta, aperta e richiusa chissà quante migliaia di volte in tanti anni. Lì, mi ha preso un senso di lacerazione fortissimo e non è mancato un attimo di sconforto. Fortunatamente ero solo. Ho appoggiato le chiavi, ho salutato i sacerdoti e sono partito, scrutando ancora una volta, alla prima rotonda incontrata, il bar del mio oratorio di Grumello, dove stavano entrando alcuni bambini per giocare.

Mi attendeva Telgate, dove avevo da celebrare l’ultima Messa, quella prefestiva, prima di tornare a casa dalla mia famiglia, ieri sera, in attesa dell’ingresso a Seriate stasera.

A Telgate, sono entrato nel mio studio soppalcato (quanto ho amato quel soppalco, mia grande passione), ho ammirato lo splendido scalone settecentesco e, in casa, dopo aver verificato di aver preso tutto (anche lì c’era il segno dei miei quadri…), mi sono seduto per un po’sul divano.

Ho ripensato all’omelia della sera (di solito non le scrivo .. al massimo in settimana preparo qualche appunto, che però non leggo durante la celebrazione), a come avrei salutato la mia gente ancora una volta, agli anni passati in quella comunità. Poi, anche lì, dopo aver chiuso la porta dell’oratorio, ho messo le chiavi in un astuccio da lasciare al nuovo parroco che farà il suo ingresso tra due settimane.

Celebrata la Messa, seppur con un po’di fatica, ho salutato alcune persone. Ed ecco il secondo momento difficile. Maria e Franco, i sacristi, mi hanno caricato in auto i camici, le casule, dono dei parenti per la mia ordinazione e il calice in legno d’ulivo che dal 5 settembre 2010 non era mai uscito dalla Chiesa di Telgate e da lunedì sarà a Seriate.

Quel quarto d’ora da Telgate a Bergamo è stato durissimo. Quando senti la mancanza, anche 15 minuti e 18 km sembrano un’eternità. E ora? E ora si va a Seriate. A casa, nel centro pastorale di Paderno, facendo un po’ tribolare i miei genitori che cercavano di spiegarmi come si gestisce una casa, una cucina e un frigorifero (ho sempre vissuto in una casa dove c’era vita comune dei preti .. di tutto questo non mi ero mai occupato prima. Vedremo come andrà con la prima pastasciutta… spero di non dover spegnere il ragù con l’estintore ..), ho subito pensato a dove mettere i quadri e lo scrittoio che mi hanno regalato a Grumello.

Sì, devo portare con me la mia storia. Mi è necessario. So che le prime sere sarà doloroso guardare i quadri di Grumello e Telgate, ma so anche che le amicizie vere resteranno, che qualcuno verrà a trovarmi, che nella preghiera cammineremo uniti. E allora mi faccio coraggio: c’è da lavorare, per continuare a vivere a Seriate questa bella avventura che è il ministero, al quale il Signore, finora, non ha mai fatto mancare la sua benedizione.     

  1. Hai scritto e descritto bene, caro Don, i tuoi sentimenti. Si sono sentiti chiari, ben definiti e…. dolorosi! Ma ogni cambiamento presuppone la fatica… Forza e coraggio, tu sei abbastanza. Ce la puoi fare on l’aiuto di Colui che ti tiene sul palmo della Sua mano. Buon Cammino
    Nonna Tizy

  2. Non ti conosco ancora, ma leggendo mi sono proprio empaticamente commossa, quasi se quelle sensazioni di lasciare gli affetti fisici e umani mi appartenessero. Spero che nella nostra Seriate, con il tempo, potrai vivere le stesse sensazioni, tessendo nei luoghi e nelle persone una nuova, piccola casa del cuore. A presto, Sara Zanchi

  3. I distacchi sono sempre faticosi, sono causa di sofferenza. Ma gli attaccamenti sono indispensabili per crescere, per rendersi sicuri di sé e soprattutto per imparare a fidarsi, per aumentare la fiducia nel prossimo, per accrescere la fede. Buon percorso caro Don Alberto, abbi fiducia!

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