Gigi Cavagna: vent’anni in Bolivia tra contadini, minatori e campesinos. Le memorie in un libro

“Storia di un incontro. Raccogliendo memorie” di Gigi Cavagna (Velar) è un libro raro che merita di essere conosciuto, in particolare nelle comunità parrocchiali.

Un libro leggibile e ben raccontato, quasi un romanzo, su vent’anni in Bolivia, divisibili in tre periodi, uno febbrile trascorso in una comunità di contadini, uno faticoso con i minatori, l’ultimo fecondo in un’altra comunità di campesinos.

Gigi Cavagna, classe 1952, di Serina, racconta la sua vita dal 1978, in cui prende coscienza di sé e del mondo, là e anche qui, man mano sceglie, da sé, di vivere con comunità di contadini e minatori, come loro, come un Piccolo fratello di Charles de Foucauld, anche se non è questi ad ispirarlo.

Ad aiutarlo a capire e capirsi sono i pensieri di Franco Basaglia, prima, poi di Paulo Freire, Leonardo Boff, don Lorenzo Milani e altri, man mano citati nel libro.

Gigi incontra non solo i boliviani, di diverse età e condizioni sociali, ma anche vari missionari bergamaschi, i padri, Gian Carlo Pezzotta, Antonio Berta, Giancarlo Breda, Zaverio Parietti, Antonio Caglioni, Sergio Gualberti, Angelo Gelmi, poi vescovi, ed altri. Questi e i tantissimi boliviani li ritroviamo nella memoria di Gigi Cavagna. È appunto la “Storia di un incontro”.

Un libro prezioso per chiunque voglia andare in Bolivia e per i gruppi missionari che animano le comunità parrocchiali. Il Centro missionario diocesano, a questo proposito, segnala a pag. 235 del libro con una linea verticale a fianco al testo, come in altri passi, queste constatazioni di Gigi: 

«Me lo fece notare anche padre Davide Rota, a La Paz, durante una conversazione: “Nonostante la batosta tu hai ancora una fiducia tremenda in questa gente”.

Quelli che proclamavano di darsi da fare per i poveri e che si sentivano sacrificati, e quindi anche un po’ eroi, per vivere a contatto con i boliviani dimostravano di averne evidentemente molta di meno. Mentalità e atteggiamenti imprenditoriali, con le inevitabili espressioni di attivismo e di fretta, con le loro scie di megalomania e di potere, uniti a una logica che rispondeva alla tentazione e all’illusione di onnipotenza, che partiva dalla presunzione di essere speciali, a sostegno di progetti pensati e importati da fuori, tutto questo ostacolava un atteggiamento di sincero rispetto, di fiducia, di collaborazione vera, di reale solidarietà, di condivisione e di incontro con le persone sul cui territorio si viveva». 

Prosegue con altre interessanti considerazioni a pag. 256: «Nessun occidentale, al riparo della propria sicurezza economica, dovrebbe ma nemmeno sognarsi di intraprendere la benché minima azione o progetto di formazione nei confronti degli impoveriti senza essere prima passato per un lungo periodo, in silenzio, tacendo, alla scuola dei poveri».

Si potrebbero, a proposito, citare anche altre pagine (per esempio: 89, 114-115, 116-117, 121, 196-197, 234-235, 255-256, 262, 284, 297-298, 367, 373).

Un libro da leggersi nella comunità parrocchiali che vogliano prendere coscienza di quanto il Sud del mondo possa insegnare e chiedere cambiamento a chi sta qui in Italia.

Il Centro diocesano missionario, segnala a pag. 83:

«Quel mondo aveva fatto breccia dentro di me: dapprima una piccola fessura, poi lo shock per tanta povertà che invadeva da ogni parte, infine la scoperta di un’ingiustizia strutturale che rifletteva a tutti i livelli gli schemi dell’oppressione e travolgeva tutto, a cominciare dalla dignità». E nella pagina seguente: «Contro la denutrizione non c’erano vaccini, si sarebbe dovuta cambiare l’economia mondiale. Chi sta bene non molla, vuole di più, sempre di più e subito e anzi insiste sostenendo che il proprio sperpero gli è indispensabile e necessario per vivere».

Un’altra in proposito, la pag. 23:

«Aveva radici profonde dentro di me il peccato originale della società da dove venivo e dove ero cresciuto: la società dell’abbondanza, “unidimensionale e opulenta”, come l’aveva già definita – criticandola – Marcuse. Era solo il 1979, ma la traiettoria di quella società era già ben definita e io mi trovavo da qualche mese catapultato tra le macerie provocate proprio da quella società opulenta.

Altro che essere lì ad aiutare! C’era da ribaltare la coscienza, buttare all’aria comportamenti abituali». 

Altre ancora, in proposito, le pag. 84, 114-115, 141, 234, 324.

Sono pagine che possono aiutare a stabilire quello “scambio alla pari” fra là e qui, che è stato chiesto, a luglio 2022, nell’incontro a Santa Cruz in Bolivia alla fine del viaggio della diocesi per il 60° della missione bergamasca in Bolivia. Al proposito si può vedere sul settimanale diocesano on line, santalessandro, in “Sguardi/Lettere dalla fine del mondo”, l’articolo “Dalla Bolivia a Bergamo”.

Di tanti altri temi particolari si possono trovare tracce di riflessione e conoscenza in questo libro.

Sull’importanza del condividere la vita dei poveri, scelta peculiare di Gigi Cavagna, si possono vedere le pagine 39, 87, 88, 111, 122, 233-234, 253-254.

Sull’importanza di un vivere comunitario con loro le pag. 342, 344-345, 358.

Sul pensiero di Paulo Freire le pag. 39, 122, 255, 328 e altre.

Su una scuola coscientizzante alla don Milani in Bolivia alle pag. 311-328.

Sull’incontro con missionari bergamaschi, con cenni alle Comunità ecclesiali di base, quelle con padre Giancarlo Breda: 22, 23, 31, 34, 53, 59, 63, 65, 70, 71, 83, 92, 93, 96, 128, 140; e p. Angelo Gelmi: 130, 131, 245, 272, 316, 285. 

Sugli incontri con l’amico volontario Piergiuseppe Cuminetti di Pradalunga: pag. 72, 134, 171, 175, 183, 201, 208, 210, 216, 217, 226, 285.

Molte pagine, dalla 170 in avanti, sono sulla storia della miniera “La esperanza”, non vissuta bene, che tanto coinvolse Bergamo, attraverso il coordinamento del prete operaio e sindacalista don Giacomo Comini, che si può riconoscere in un passaggio anche se non nominato.

Cenni su aspetti specifici della cultura boliviana, la coca, a p. 259, la “sama” 260, la lingua Quechua, 261, i gesti rituali, 292-293, il culto dei morti 268, 308-310 e al.

In tutto il libro l’autobiografia è accompagnata dalla storia sociale, economica e politica della Bolivia negli anni corrispondenti.

Che cosa non si trova nel libro? Qualche riferimento alla Parola di Dio: il linguaggio è solo laico, ma le parole “povero” e “poveri” non stanno nel cuore del Vangelo, a cominciare dalla Beatitudini per finire in Matteo, 25,40?

Il libro si può acquistare solamente al CDM e alla libreria San Paolo in via Paglia, ma sono 23 € ben spesi per 400 pagine. E da settembre in una sola libreria on line, Ibs.

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