Lo spot e il dolore dei piccoli. Suor Chiara: “Così discusso perché mette l’accento sulla responsabilità degli adulti”

Buongiorno suor Chiara,
Settimana scorsa ha fatto molto parlare lo spot di Esselunga in cui ci sono un papà e una mamma divorziati e una bambina che si mette tra loro regalando una pesca con il desiderio di riavvicinarli. Penso che il pubblicitario sia stato molto abile, mettendo sotto i riflettori un tema delicato che interessa a tutti: i legami familiari e in particolare il dolore che avvertono i bambini quando i genitori si separano. Come mai secondo lei questo spot ha suscitato così tante polemiche? Lei che cosa ci ha visto? Grazie per il suo parere.
Luca

Caro Luca, lo spot pubblicitario di Esselunga ha suscitato “un gran parlare” in tutto il nostro Paese, dividendo l’opinione pubblica: il cortometraggio ha, infatti, messo sotto i riflettori il delicatissimo tema dei legami familiari, ai nostri giorni molto fluidi, evidenziando esplicitamente la sofferenza dei bambini quando i genitori si separano. 

Il “caso” ha suscitato una sorta di insurrezione mediatica e persino politica, nella quale ci si accusa a vicenda. 

È innegabile che la pubblicità in questione abbia “messo il dito in una piaga”, ferendo l’ideologia contemporanea! Forse, come mai prima d’ora, il pubblicitario ha abbandonato il sogno irrealistico della “Famiglia del Mulino bianco”, dove tutti vivono felici e contenti, e ha radicato il proprio spot nel concreto della nostra vita reale, dove le persone, e anche i bambini soffrono, sperano, lottano. 

Che i figli soffrano per la divisione dei propri genitori è un dato reale ed è necessario prenderne consapevolezza, non per aumentare i sensi di colpa, ma per comprendere che le nostre scelte, positive o negative che siano, ricadono sempre su chi ci sta accanto: sempre! 

La sofferenza dei piccoli è profonda e spesso causa di angosce e insicurezze. 

Commentando lo spot citato, lo psicoterapeuta Alberto Pellai scrive: «La pesca che la bambina dona al suo papà, dicendo che gliel’ha data la mamma, è un’onda che arriva e travolge noi adulti perché ci mostra che nessun bambino è mai felice quando due genitori si separano. E questa è l’unica verità di cui dobbiamo diventare consapevoli. Questo spot ce lo racconta. E ce lo racconta bene. Non stigmatizza, non condanna, non colpevolizza, al contrario fa ciò di cui tutti i bambini hanno bisogno quando due genitori si separano; responsabilizza gli adulti. Forse per questo è così divisiva e perturbante».

I bambini comprendono, intuiscono e soffrono molto più di quello che pensiamo! 

Mi permetto, allora, a questo proposito di dire – con tanto rispetto per quanti stanno vivendo il dramma di una separazione o l’hanno già vissuta – che essa è veramente una piaga del nostro tempo, segno evidente di un cambio di rotta. 

Non mi faccio paladina della famiglia tradizionale, fine a sé stessa, ma evidenzio che, per una sana armonia e una crescita equilibrata di un figlio e di tutti i membri familiari, è necessario che la famiglia sia composta da un padre e da una madre, maschio e femmina: in questi ambiti non si può “giocare” a nostro uso e consumo! 

Sono consapevole che la problematica è complessa e ampia e che ha al suo fondamento in una concezione discutibile dell’esistenza e della libertà. Condivido appieno, allora, quanto afferma lo scrittore ed editorialista Giuseppe Savagnone (Responsabile del sito della Pastorale della Cultura dell’Arcidiocesi di Palermo): «Nei nostri spot pubblicitari, ma anche nel cinema e nelle serie televisive, il grande protagonista è ormai da tempo il single, legato a un partner da un rapporto opzionale e non vincolante, in nome di una libertà che ha orrore per i legami definitivi: “Stiamo insieme finché stiamo bene”. E saremo tutti felici e contenti. (…) Presentare la coppia o la convivenza come l’incontro tra due single che, attraverso i rapporti cercano la propria realizzazione personale, nasconde il fatto che attraverso questo incontro nasce qualcosa di più della pura somma dei due individui, che è la famiglia. (…) Qui il legame, lo si voglia o no, è indissolubile. A un figlio non si può dire che “si sta insieme finché si sta bene”».

Parole forti e chiare, che fanno riflettere.

Auguriamoci, allora, che non ci capiti di rispondere come risposero gli Ateniesi a san Paolo, dopo il difficile discorso sulla Risurrezione: “Su questo ti sentiremo un’altra volta” (At. 18,32).

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